Gioco d’azzardo: associazioni e parlamentari insieme per definire una legge quadro
Definire con i parlamentari e i rappresentanti degli enti locali una proposta di legge
quadro sulla regolamentazione del gioco d’azzardo in tutti i suoi aspetti e ripercussioni
sociali. È l’obiettivo del cartello di associazioni del terzo settore - fra cui Acli,
Adusbef, Auser, Cnca, Fict, Fondazione Pime, Gruppo Abele, Libera e Uisp – che si
sono riunite a Roma con esponenti politici di diversi schieramenti nella cornice
della campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo, “Mettiamoci in Gioco”.
Il servizio di Marco Guerra:
Sostituzione
del termine ‘ludopatia’ dagli atti pubblici con il termine di ‘gioco d‘azzardo patologico’;
divieto di introdurre nuovi giochi con vincite in denaro; completare, entro due mesi,
il percorso di inserimento del gioco d‘azzardo patologico nei Livelli essenziali d‘assistenza
garantiti dallo Stato; istituzione di un fondo per la prevenzione, cura e riabilitazione
finanziato per un terzo dalla riduzione delle somme destinate alle vincite, per un
terzo dagli introiti dei concessionari e per un altro terzo dallo Stato; impedire
l'accesso ai giochi da parte dei minorenni prevedendo l'obbligo di presentazione della
tessera sanitaria. Queste le principali proposte elaborate dalle associazioni del
terzo settore che animano la campagna contro i rischi del gioco d’azzardo “Mettiamoci
in Gioco”. L’iniziativa ora è pronta a cooperare con un intergruppo parlamentare
appena costituito per arrivare ad avere una legge quadro che regolamenti il settore.
Sui motivi di questo impegno sentiamo Antonio Russo, responsabile del dipartimento
legalità delle Acli:
R. – L’Italia, a quanto pare, rischia di ammalarsi di
gioco d’azzardo. Oggi, purtroppo, ci sono circa un milione di persone che hanno un
problema, rispetto al gioco, di tipo patologico e il 2,2% della popolazione adulta
italiana purtroppo soffre di questa malattia. Noi abbiamo contato un milione di persone
circa, che oggi hanno bisogno di cure specifiche per questo. Alla luce di questa situazione,
che muove degli interessi straordinari nel nostro Paese, questo cartello di organizzazioni
ha deciso di mettersi insieme.
D. – Non è bastato, quindi, il decreto Balduzzi...
R.
– Del decreto Balduzzi abbiamo apprezzato la capacità di introdurre il gioco d’azzardo
patologico nei Livelli Essenziali di Assistenza, nei Lea. Crediamo, però, fondamentalmente,
che ci sia bisogno di una legge quadro, che ordini questo settore. Bisogna modificare
la legislazione vigente, soprattutto in alcuni aspetti. Oggi, nel nostro Paese, i
sindaci non hanno poteri di controllo sulla diffusione e sull’utilizzo dei numerosi
strumenti del gioco d’azzardo sui territori. Quindi, bisogna dare ai sindaci e alle
amministrazioni comunali dei poteri effettivi. Oggi loro non possono neanche stabilire
quale sia la distanza dalla sala nella quale sono contenuti questi giochi, queste
slot machine, rispetto per esempio ad una parrocchia, rispetto ad una scuola. Ecco,
noi riteniamo fondamentale che si riparta appunto da una legge quadro che possa ordinare
questa materia.
D. – Chiedete, fra l’altro, che si concluda il percorso di
inserimento del gioco d’azzardo patologico nei Livelli Essenziali di Assistenza. Perché?
R.
– Il gioco d’azzardo è una patologia, come abbiamo detto. Sta succedendo, quindi,
che le circa 800, 900 mila persone che sono malate di questa malattia non sempre oggi
hanno dei punti di riferimento cui rivolgersi sui territori. Ma soprattutto non sono
state previste all’interno dei Livelli Essenziali di Assistenza le sufficienti coperture,
affinché il Servizio Sanitario Nazionale possa tutelare le persone che si ammalano
di questa malattia. Bene, quindi, il decreto Balduzzi. Ora occorre, però, fare un
passaggio successivo e prevedere appunto nei bilanci le coperture, in modo che si
possa operare attraverso un meccanismo di prevenzione, perché è importante oggi spiegare
ai cittadini italiani che di gioco d’azzardo ci si ammala - c’è già, infatti, chi
si è ammalato di questo - e quindi c’è bisogno di cura e di ricerca. Riteniamo, dunque,
che bisogna andare avanti certamente sulla strada che ha tracciato il ministro Balduzzi,
ma che al momento non è assolutamente sufficiente.