Lampedusa, Del Grande (Fortress Europe) : "La soluzione ai drammi del mare è la libera
circolazione"
Gabriele Del Grande, fondatore di "Fortress Europe", primo osservatorio sulle vittime
dell'immigrazione In realtà oggi
le cifre dei migranti che arrivano sulle coste italiane, in cerca di sicurezza o lavoro,
sono molto modeste. Circa settemila persone sbarcate nei primi sei mesi del 2013 è
un numero molto basso rispetto alle richieste di manodopera che ci sono in Europa.
Quindi, la soluzione politica ai drammi dei viaggi della speranza invocata dal Papa
è a portata di mano ed è la libera circolazione. Riconoscere a tutti, nel villaggio
globale, il diritto a spostarsi. Ci sembra un tabù perché da vent'anni ci hanno raccontato
la favola dell'invasione, ma la realtà è molto diversa. La stessa UE, che pur manda
le navi da guerra nel Mediterraneo per fare i pattugliamenti anti immigrati, sta sperimentando
con un certo successo la libera circolazione con i Paesi dell'Est Europa. Questo è
l'unico modo per evitare di avere sulla coscienza altri ventimila morti e anche l'unica
condizione per poter poi chiedere ai viaggiatori di rispettare le regole. Il
viaggio del Papa a Lampedusa è stato molto importante dal punto di vista simbolico
e mediatico. Tornare ad accendere i riflettori su questa tragedia che dura da vent'anni,
e non solo a Lampedusa, a lungo negata, è importante. Poi sarebbe necessario passare
dal cordoglio a una riflessione di carattere politico per chiedersi chi sono i responsabili
di questi oltre ventimila morti che l'Europa ha sulla coscienza. L'indifferenza
denunciata da Papa Francesco ha origine anche nel modo in cui Lampedusa è stata raccontata
in questi anni, non soltanto dalla politica,ma anche dalla stampa italiana. Spesso
i giornali hanno riprodotto un linguaggio della paura che ha trasformato le storie
che arrivavano da Lampedusa in un conteggio di numeri, perdendo di strada quell'umanità
che ci lega a quelle ragazze e a quei ragazzi che perdono la vita sulla frontiera
in quelle condizioni e alle loro famiglie. Dobbiamo tornare a dare un nome e un volto
a quelle persone, a quei morti, ma anche ai superstiti.(A cura di Fabio
Colagrande)