Il parroco di Lampedusa: Francesco, "capitano" di una grande nave di carità
Una delle tappe più significative del breve viaggio di Papa Francesco a Lampedusa
è stata quella nella Chiesa di San Gerlando, vero punto di riferimento per l'isola.
Il nostro inviato a Lampedusa, Massimiliano Menichetti, ha chiesto al parroco,
donStefano Nastasi di tracciare un bilancio della storica giornata
di lunedì:
R. – Mi ha colpito
particolarmente, per esempio, una foto mentre lui tiene l’omelia da quell’ambone nato
dal riciclo di alcuni timoni di barche di migranti, con sotto il mare disegnato nella
parete che sostiene il tutto: a vedere quella foto, viene fuori quasi un “capitano
che guida una grande nave”. Bellissima questa immagine che forse riassume un po’ tutto.
A conclusione di questa giornata ciò che mi ha colpito maggiormente è stato il clima
di familiarità che abbiamo vissuto: più che la presenza del Papa, per me personalmente
è stata la presenza del pastore, del nostro vescovo, che d'altronde ha questa dimensione:
la presenza del vescovo di Roma, vescovo tra i vescovi che presiede nella carità.
D. – Don Stefano, lei è parroco da più di sei anni. Il 2011 è stato un periodo
tremendo per l’isola: oggi (ieri - ndr), ha presentato una comunità molto diversa
rispetto ad allora...
R. – Sì, sicuramente. Però, non è un 2011 che si è cancellato:
appartiene alla memoria di questa comunità, alla memoria della nostra società o della
nostra comunità europea se vogliamo. È quello che volevamo raccontare al Papa in parole
semplici o in immagini. Ho presentato a lui due passaggi di un video che raccontano
il 2011, ma raccontano anche l’oggi: nel primo video, c'è quello che è accaduto la
notte tra il 7 e l’8 maggio del 2011 a Cala Maluk, dove si incagliò una barca, si
salvarono centinaia di persone ma tre morirono. Ma allo stesso tempo, mi ha fatto
piacere fargli vedere anche un video, che risale a qualche mese fa, del “Natale degli
eritrei”, sperimentato e vissuto con noi nella parrocchia della comunità.
D.
– Di solito, si dice “che cosa resta dopo una giornata di questo tipo”. In realtà,
per quello che è successo qui, si deve dire “che cosa inizia adesso?”…
R. –
Penso che per noi inizia l’invito, o la provocazione, a non lasciarsi rassegnare in
quel bene che è possibile fare, in quel prendersi premura dell’altro. Non lasciarsi
ingabbiare dall’indifferenza perché la tentazione è forte per le tante realtà di miseria
che viviamo, non soltanto in termini economici ma anche su altri piani, o fragilità
che attraversano la nostra società o le nostre comunità. È forte la tentazione di
lasciarsi prendere e avvolgere dall’indifferenza. È proprio dall’indifferenza che
bisogna uscire, senza temere, senza avere paura della compassione, così come ci ha
detto Papa Francesco.