Lampedusa, nuovi sbarchi. Padre La Manna: il Papa invita a vedere nei profughi il
volto di Cristo
C’è grande attesa a Lampedusa per la visita del Papa lunedì prossimo. Negli sbarchi
degli ultimi giorni sono arrivati sull’isola circa 300 immigrati e al momento ospiti
del Centro di accoglienza rimangono oltre 400 persone. Giovedì notte 100 sono state
infatti trasferite a Catania e poi nella struttura d’accoglienza di Mineo. All’ospedale
Civico di Palermo sono state invece portate 3 donne, due delle quali incinte, mentre
due immigrati tunisini stanno per essere rimpatriati. Intanto all’alba di venerdì
sono arrivati al porto di La Valletta, a Malta, 265 migranti, tra cui donne e bambini,
su due motovedette della Guardia costiera maltese che, con la collaborazione della
Guardia costiera italiana, li aveva soccorsi mercoledì dopo la segnalazione fatta
dal sacerdote eritreo don Mosè Zerai. Sempre la giovedì notte, poi, sono sbarcati
a Siracusa 100 immigrati che hanno dichiarato di essere siriani, soccorsi dalla Guardia
di Finanza. La visita del Papa a Lampedusa “anche per le modalità in cui avverrà impone
a tutti una revisione a ogni livello per dare risposte autentiche alle domande di
oggi", ha detto l'arcivescovo di Palermo, il cardinale Paolo Romeo. La preghiera per
chi ha perso la vita in mare, la visita ai profughi presenti a Lampedusa e un incoraggiamento
agli abitanti sono fra le intenzioni di Papa Francesco, il cui viaggio è stato accolto
con gioia particolare dalle tante associazioni che si occupano di immigrati. Lo conferma,
al microfono di Fabio Colagrande, padre Giovanni La Manna, gesuita,
presidente dell’Associazione Centro Astalli di Roma che da tempo lavora a fianco dei
rifugiati:
R. - Sono veramente
contento che il Papa abbia preso questa decisione. Il Papa ha sempre invitato tutti
noi a vedere nel volto dei rifugiati il volto di Cristo. Per dare l'esempio, non si
sottrae nemmeno lui a questo incontro in un luogo triste, dove la nostra umanità è
portata al limite. Nel Mediterraneo non possiamo dimenticare che ci sono troppi morti:
si parla di 20 mila persone che in questi anni hanno perso la vita nel Mediterraneo.
Ora sapere che Papa Francesco ha chiesto di andare lì - in forma discreta, perché
i luoghi di sofferenza meritano profondo rispetto - è una testimonianza che ci incoraggia
a rimanere nel servizio di queste persone che hanno pagato già un prezzo altissimo
per rimanere in vita, scappando da guerre, da conflitti, da persecuzioni nelle quali
anche noi dovremmo riconoscere una nostra parte di responsabilità.
D. – La
Chiesa non solo denuncia quanto sta accadendo nel Mediterraneo, ma è consapevole che
esistono delle risposte concrete che si potrebbero dare a questa continua carneficina
che avviene nelle acque del Mare nostrum…
R. – La Chiesa fa già tanto: accoglie
in maniera progettuale il fenomeno dei migranti, dei rifugiati, che è in crescita.
Non riusciamo purtroppo a pacificare il nostro mondo. Non possiamo accontentarci di
quello che già oggi noi riusciamo a fare. Per questo l’appello è ad aprire le nostre
comunità per essere un segno, una testimonianza concreta; chiediamo alle famiglie,
alle famiglie di credenti di aprire le porte - così come è già avvenuto e avviene
in altri Paesi - a questi fratelli, a queste sorelle, che devono sperimentare nella
prima accoglienza il calore di un’umanità che non è indifferente.
D. – Esistono
delle risposte politiche concrete che si potrebbero dare a quello che avviene nel
Mediterraneo?
R. – Se il Mediterraneo è diventato da “culla di civiltà” a “cimitero”,
è responsabilità dell’intera comunità internazionale. A questa comunità innanzitutto
chiediamo canali umanitari sicuri per impedire che le persone continuino a trovare
la morte nella traversata. Consentiamo loro di liberarsi dai trafficanti. Io mi chiedo:
tenere in piedi questo traffico, a chi conviene. Quindi la prima cosa che la politica,
che ha la responsabilità di governare, deve fare è salvare vite umane; secondo, intervenire
diplomaticamente per ridurre i conflitti e quindi ridurre il numero di persone che
sono costrette a scappare.