2013-07-01 15:26:42

Rapporto Federculture: in Italia sempre meno investimenti nella cultura


Un anno difficile, il 2012, per i siti culturali italiani, che registrano un sensibile calo di visitatori, con una netta prevalenza degli stranieri sugli italiani. Solo a Roma, l’anno scorso i consumi culturali sono diminuiti dell’8%. È la fotografia che fa dello stato dell’arte e della cultura in Italia il rapporto Federculture 2013, presentato lunedì mattina a Roma. Ce ne parla Roberta Barbi: RealAudioMP3

La parola più ricorrente è “declino”: non usa mezzi termini il presidente di Federculture, Roberto Grossi, nel presentare il rapporto annuale sullo stato di salute della cultura in Italia. I dati sono allarmanti: appena 36 milioni di visitatori contro i 40 del 2011 e di questi solo il 28% è costituito da connazionali. Eppure l’Italia con oltre tremila musei, cinquemila siti culturali e oltre 46 mila beni architettonici vincolati, più di 12 mila biblioteche e 34 mila luoghi di spettacolo è unica nel mondo per la ricchezza del suo patrimonio. Un’unicità che però si sta perdendo: nel 2012 nel campo delle presenze turistiche Roma è stata superata da Berlino, dove l’industria culturale è considerata motore centrale dello sviluppo. Molti sono i problemi dei beni culturali italiani – appena tre giorni fa la protesta dei sindacati di settore ha riportato la questione sotto i riflettori – su alcuni dei quali come quello di Pompei, che dispone di 105 milioni di euro del Fondo europeo per lo sviluppo regionale dei quali solo 10 sono stati utilizzati, si è soffermato il presidente Roberto Grossi:

“Pompei è uno dei 47, adesso 48 con l’Etna, siti Unesco. Sono andati gli ispettori dell’Unesco, hanno dichiarato il rischio degrado, ci hanno dato del tempo per superare una serie di problemi, pena mettere il sito di Pompei fuori dal sito Unesco. L’Aquila è veramente un problema di civiltà, un problema che quando si va lì stringe il cuore”.

Con un miliardo e 300 milioni di investimenti perduti negli ultimi 5 anni e una spesa statale pro-capite che ammonta a 25 euro, l’Italia è dunque fanalino di coda di un’Europa sempre più sensibile all’educazione culturale, che parte dalla base: nel 2012, complice anche la crisi, si sono persi tre miliardi di spesa nel settore da parte delle famiglie italiane e la partecipazione culturale degli italiani è ferma al 32%, come ricorda ancora Grossi:

“Siamo diventati ultimi in Europa. Dico solamente questo: guardate l’Italia rispetto alla Danimarca. La spesa per abitante della Danimarca è 10 volte quella dell’Italia, addirittura quella della Grecia è il doppio di quella italiana, della Grecia in default. Quindi vuol dire che c’è un problema di scelte. Nei nostri monumenti più importanti vanno al 90% gli stranieri, al 5% gli italiani. Quindi dobbiamo riportare al centro i cittadini, è indispensabile stimolare la domanda”.

Se finora i governi che si sono succeduti hanno riservato scarsa attenzione alla questione e mostrato un’assenza totale di strategie, l’auspicio è che questi dati servano da stimolo. Federculture, in merito, fornisce anche la propria ricetta:

“Noi abbiamo una proposta: istituire un fondo per la progettualità culturale che possa colmare le lacune che hanno i comuni, le regioni, proprio di progettazione del territorio secondo una logica interattiva, una logica di sistema. La chiave di questo fondo è lo sviluppo locale. Occorre un ministero che sia un centro di coordinamento”.

Nei prossimi giorni il gruppo parlamentare del Pd al Senato depositerà una mozione che impegna il governo a stanziare maggiori risorse per il patrimonio culturale, mentre il Ministero dei Beni culturali sta individuando alcune priorità su cui avviare immediatamente azioni concrete, come ha sottolineato anche il ministro Massimo Bray, intervenuto alla presentazione:

“Bisogna razionalizzare la spesa perché una valorizzazione efficace del nostro patrimonio passa da un meccanismo forse semplice ma difficilissimo da realizzarsi: fare sistema. L’obiettivo che dobbiamo porci è davvero un’alleanza per la cultura, tesa a far nascere e a diffondere presso tutte le forze sociali e in tutti gli ambiti della vita associata una nuova sensibilità, una nuova consapevolezza”.

Ultimo aggiornamento: 2 luglio







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