L'arcivescovo di Agrigento: il Papa a Lampedusa, segno di speranza per chi soffre
“La Chiesa agrigentina accoglie con immensa gioia la notizia della visita di Papa
Francesco alla comunità di Lampedusa” e la considera un “dono di grazia straordinario”.
Così si è espresso l’arcivescovo di Agrigento, incontrando la stampa, dopo l'annuncio
della visita. Per mons. Francesco Montenegro, anche la scelta di Lampedusa,
come primo viaggio, da parte del Santo Padre, è già un messaggio forte che “aiuta
a leggere la storia con gli occhi di Dio”. Immigrazione, accoglienza e carità saranno
le parole chiave, ha spiegato il presule al microfono di Gabriella Ceraso:
R. – Quando
ho saputo che sarebbe venuto ho sentito un senso di grande commozione. E’ vero che
ne avevamo parlato durante la visita "ad Limina" e avevo sottolineato l’importanza
di Lampedusa per i nostri fratelli che vengono dall’Africa e per noi credenti, Chiesa
che deve accogliere anche nella povertà. Ho visto il Papa molto attento alle notizie
che gli davo e ho detto: sarebbe bello se lei volesse venire. Questa sorpresa però
mi ha toccato perché ho visto che davvero c’è il cuore di un pastore che sente che
c’è un fratello, che soffre e quindi la sofferenza è duplice. C’è la sofferenza degli
immigrati ma c’è anche la sofferenza di una popolazione che nell’accoglienza ha cercato
di dare tutto. Perché di loro non si deve parlare e pensare anche quando gli immigrati
non ci sono?
D. - Guardando il programma notiamo che il Santo Padre desidera
avere anche il contatto con il mare che per molti diventa nel viaggio una tomba…
R.
– Sì, il numero dei morti sembra non interessare perchè hanno la pelle nera, c'è tanta
indifferenza. Il mio desiderio l’ho sempre detto, cioè che il problema dell’immigrazione
diventi davvero problema di tutte le chiese e di noi chiese che siamo in prima fila.
D.
- Quali sono le vostre attese ma anche quali sono le istanze che, nel caso, sarà lei
a portare al Pontefice?
R. - Io al Pontefice porterò tutto questo: tanta sofferenza
che bussa alle nostre porte e l’accoglienza della mia gente, che quando c’era il pieno
di stranieri all’isola ha svuotato armadi, ha messo a disposizione docce, pranzi,
oggetti, vestiti. Loro riusciranno a capire che i loro impegni, i loro sforzi, la
loro generosità, sono riconosciuti dal Papa. Abbiamo bisogno di sentire dalla sua
voce quello che il Papa, il pastore, ci deve dire. Chi dovrebbe darci parole di speranza,
dirci che se si ha un cuore grande si può guardare lontano? Lampedusa, Agrigento,
sono un ponte con quel continente africano che non possiamo far finta che non esista.
D.
- Oltre alla gioia e l’emozione avrete anche pochi giorni per la preparazione. Vi
siete dati priorità, avete già pensato come preparare anche la comunità?
R.
– Oggi stiamo dando la notizia ufficiale, ma il bello è anche che il Papa ci ha detto
che vuole essereuna visita privata dove non ci deve essere niente di eclatante.
Ci sarebbe da dire che viene in punta di piedi! Ma quando si sta con i poveri è sempre
in punta di piedi che si arriva, proprio per delicatezza e attenzione verso questa
gente. Che lui voglia venire in punta di piedi, con la semplicità di un vescovo che
guarda la sua gente e la guarda con gli occhi del cuore, credo che questo sia un grande
insegnamento. Io lo dicevo oggi come battuta: se anche il Papa dovesse venire e non
dire una parola, la stessa sua venuta è un messaggio in una realtà come questa.
D.
– Avete già qualche riscontro anche dal punto di vista della presenza degli immigrati
in quella giornata?
R. – No, non sono calcoli che si possono fare. Quando c’è
buon tempo si guarda il cielo e si guarda lontano all’orizzonte perché è facile che
arrivino e per fortuna non è niente di programmato. Ma c'è anche un’altra cosa che
ripeto sempre ed è che quella dell’immigrazione non è più emergenza, dobbiamo avere
il coraggio di cancellare questa parola: è uno stato di fatto. Oggi ne arriveranno
10, ne arriveranno 100, ne arriveranno 1000, ma il problema non è perché ne arrivano
1000: il problema è anche se ne arrivano 10, perché sono 10 uomini che vogliono vivere.