Egitto: 15 morti nelle manifestazioni contro Morsi
Egitto nel caos. L’opposizione ha lanciato l’ultimatum al presidente Morsi: entro
domani, alle 17, dovrà dimettersi altrimenti partirà una campagna di disobbedienza
civile. Solo ieri, giorno di imponenti manifestazioni contro il capo dello Stato,
sono state 15 le vittime, intanto al Cairo è stata assaltato il quartier generale
della Fratellanza Musulmana, una persona è rimasta gravemente ferita. Nella capitale
egiziana, Benedetta Capelli ha raggiunto telefonicamente Francesca Paci,
inviata de “La Stampa”:
R. - Piazza
Tahrir e il presidio davanti al Palazzo presidenziale al Cairo - i due luoghi deputati
dell’oceanica manifestazione di ieri - sono assolutamente tranquilli. In questo momento,
il caos è soprattutto nel Sud dell’Egitto nella zona intorno ad Assiut, nelle zone
rurali e roccaforti della Fratellanza Musulmana e di altri partiti islamisti. Da una
parte, anche se non si vede, l’esercito è molto presente. Ieri, in corteo c’erano
anche molti poliziotti con la divisa bianca e molti agenti di polizia che spiegavano,
come nel vecchio regime di Mubarak, che loro dovevano solo obbedire mentre adesso,
da due anni e mezzo, dopo la rivoluzione hanno capito le esigenze del popolo e sono
con loro contro i Fratelli Musulmani. Anche i ragazzi della rivoluzione fanno molta
attenzione insieme al servizio d’ordine al fatto che la situazione non degeneri in
scontri.
D. - Tu avevi seguito anche quanto accaduto due anni fa a Piazza Tahrir.
Cosa avverti di diverso oggi?
R. - Rispetto alla rivoluzione di due anni e
mezzo fa, la prima differenza che noto è che sotto il precedente regime, questa manifestazione
non sarebbe stata possibile. Certo, ci sono molti nostalgici del vecchio regime in
piazza, però i rivoluzionari della prima ora, i ragazzi del movimento "Tamarod" ci
tengono sempre a precisare che nel vecchio regime si aveva paura persino di giudicare
il colore della camicia del figlio di Mubarak, mentre adesso si è in piazza, dopo
un solo anno, contro un presidente che, piaccia o meno, è stato legittimamente eletto.
Quindi, questa è la prima differenza. La seconda differenza sta nel numero massiccio
delle persone che è così evidente; in piazza c’è molta più gente rispetto al periodo
della rivoluzione. Questo perché, da una parte, è gente che due anni e mezzo fa aveva
paura; ci sono stati mille morti per la cacciata di Mubarak, e poi dopo quel momento
la gente ha cominciato ad avere sempre meno paura e adesso è massicciamente in piazza;
in più c’è gente che ha votato un anno fa per Morsi, ha sostenuto i Fratelli Musulmani,
ed ha pensato che loro potessero veramente - in qualche modo - addrizzare se non tutti
almeno parte dei guai del Paese. Così non è stato e quindi sono delusi. La piazza
è molto composita; è formata da moltissime persone: ci sono i liberali che contestano
a Morsi e ai Fratelli Musulmani il tentativo di islamizzare il Paese; ci sono anche
molti religiosi, molte donne velate che invece ritengono che la performance dei Fratelli
Musulmani abbia messo in cattiva luce l’islam perché è stato un tentativo di accaparramento
quasi forsennato del potere.
D. - Secondo te adesso come si evolverà la situazione?
R.
- È molto difficile dirlo, perché lo stesso movimento Tamarod che nasce al di fuori
delle opposizioni ufficiali - sono un gruppo di ragazzi molto giovani che ha deciso
di cominciare a raccogliere queste firme e neanche loro avrebbero immaginato che ne
avrebbero raccolte oltre 22 milioni finendo poi per portare in piazza milioni e milioni
di persone - è imprevedibile. Loro hanno cominciato tre mesi fa, quindi bisogna vedere
cosa succederà domani. I ragazzi di "Tamarod" continuano a dire che vogliono rimanere
pacifici. Ritengono che questa sia la loro forza. C’è da capire cosa farà l’esercito.
Tendenzialmente, l’impressione è che l’esercito interverrà solo nel caso di violenza,
altrimenti resterà a guardare, però certamente è un attore importantissimo che è temuto
anche se non lo si vede.
D. - In questo panorama così eterogeneo che compone
"Tamarod" ci sono personalità politiche che secondo te possono spiccare?
R.
- No, è un movimento senza leader. Nell’opposizione i leader rimangono i tre grandi
vecchi, quelli della prima ora: Mohammed El Baradei, Amr Mussa e il nasseriano Hamdine
Sabbahi. A dire il vero loro non erano leader neanche all’inizio della rivoluzione
contro Mubarak, ma poi sono stati riconosciuti un po’ dalla piazza come le figure
simboliche e carismatiche intorno alle quali raggrupparsi. Se considero quanto è giovane
questo movimento, loro non ne sono rappresentativi né da un punto di vista anagrafico,
né di appartenenza di partiti. Questo è un movimento apartitico e trasversale. Però,
certamente, saranno queste le tre le figure principali. Una chance potrebbe essere
appunto Hamdine Sabbah, il candidato nasseriano che al primo turno delle elezioni
presidenziali fece un’inaspettata e buonissima performance, al punto tale che se le
opposizioni invece di andare separate fossero andate unite, forse lui ce l’avrebbe
fatta anche su Morsi e sull’avversario Shafik.