2013-07-01 08:09:48

Datagate: l’Unione Europea chiede chiarimenti a Washington


Tensione tra Unione Europea e Stati Uniti dopo le rivelazioni del settimanale tedesco "Der Spiegel", che parla di spionaggio dei servizi segreti di Washington ai danni di istituzioni e Stati europei. L’Ue chiede spiegazioni alle istituzioni statunitensi, che già hanno risposto affermativamente anche se ribadiscono: "Cercare informazioni non è insolito". Intanto anche il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, parla della necessità di trovare risposte: Il servizio di Davide Maggiore:RealAudioMP3

Le accuse di spionaggio ai danni di Washington incidono sulle relazioni tra le due sponde dell’Atlantico: è in bilico anche la costituzione dell’area di libero scambio per la quale sarebbero dovute iniziare presto le trattative. “Non cominceranno se c’è anche il minimo dubbio” sulle azioni statunitensi, ha fatto sapere Viviane Reding, vicepresidente della Commissione europea. Gli Stati Uniti annunciano di essere pronti a discutere le rivelazioni con l’Unione e coi singoli governi. “Lo spionaggio si fa tra nemici, è un clima da guerra fredda”, è però il commento che arriva da Berlino. E secondo la stampa britannica la procura federale tedesca potrebbe aprire un’inchiesta sulle attività d’intelligence che avrebbero riguardato la Germania. Intanto, il quotidiano "Guardian" ha ritirato un articolo sulla collaborazione dei paesi europei con il programma statunitense di raccolta dei dati, ritenendo poco affidabile la nuova fonte, Wayne Madsen, ma ha sostenuto, citando documenti dell’Nsa statunitense, che lo spionaggio abbia riguardato anche “alleati” extra-europei di Washington, come Giappone, Messico, Corea del Sud, India e Turchia.

Sulla vicenda, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Gianni Cipriani, esperto d’intelligence e direttore di Globalist.it: RealAudioMP3

R. – L’intera vicenda dimostra semplicemente che le nuove tecnologie e il loro utilizzo, praticamente, non hanno confini e non hanno frontiere. Quindi, quando si hanno a disposizione degli strumenti che ottengono dei risultati, difficilmente ci si riesce ad autolimitare.

D. – Le super potenze hanno sempre utilizzato lo spionaggio. Perché, secondo lei, questo caso suscita tutto questo clamore?

R. – La mia personale opinione è che la vicenda Snowden sia da ricollegarsi nell’ambito di una più vasta guerra psicologica. Tutta questa vicenda ha un enorme ricasco mediatico e quindi conseguenze politiche, in termini negativi, per l’amministrazione americana. Da un punto di vista sostanziale, però, formalmente, si è scoperto quello che già ragionevolmente si poteva ipotizzare, ossia che la National Security Agency, una delle agenzie più potenti al mondo, spiasse il mondo avendone le capacità. Fondamentalmente, la notizia è che la Nsa sta facendo il suo lavoro. Quando queste cose, che si fanno ma non si dicono, vengono scoperte e si entra nei dettagli, allora scoppia il clamore mediatico. Ecco perché io credo che la vicenda Snowden, al di là delle intenzioni dell’agente della Cia, che sono di carattere – almeno così lui dice – etico, sia un’enorme operazione di guerra psicologica a livello internazionale.

D. – A quale fine?

R. – Nel mondo dello spionaggio c’è una compravendita di spie, ma spesso i segreti che vengono carpiti rimangono tali. Perché se la super potenza “X” conosce i segreti della super potenza “Y”, ovviamente non li diffonde, ma prende solo delle contromisure, senza dare troppo nell’occhio. In questo caso, invece, siamo di fronte ad una battaglia che si è combattuta prevalentemente sui giornali. Per cui tecnicamente non c’è da un punto di vista dello spionaggio null’altro che un discredito, che viene fatto nei confronti degli Stati Uniti. I beneficiari sono tutti i competitor degli Usa. Perché va ricordato che questo tipo di spionaggio, più o meno, viene fatto da tutti, anche quindi da altre grandi potenze.

D. – Berlino ribadisce che lo spionaggio si fa tra nemici e che questo è un “clima da guerra fredda...”

R. – Teoricamente non si fa, ma in realtà è sempre stato così. Se noi ricordiamo - tanto per fare un esempio che ci riguarda - la crisi di Sigonella, in quell’occasione si scoprì che gli americani riuscivano ad intercettare le comunicazioni private tra gli esponenti del governo italiano. E certamente l’Italia è un fedele alleato degli Stati Uniti dal dopoguerra. In questo mondo dell’intelligence tutti sono alleati, quando non sono dichiaratamente nemici, ma in realtà ognuno gestisce propri interessi. Personalmente, nel 2000, per conto della Commissione Stragi, feci una ricerca nei National Archives e lì emerse chiaramente che molti funzionari italiani, anche ad alto livello – militare, ministeriale e di governo – erano fonti, cioè confidenti degli Stati Uniti. Evidentemente le reti di spionaggio vanno oltre quello che ufficialmente si dice.

D. – Questa vicenda come si concluderà, secondo lei?

R. – E’ difficile dirlo, perché lo scandalo si sta allargando. C’è da capire come vorranno reagire gli Stati Uniti, che sono appunto nell’occhio del ciclone. Una delle tecniche della guerra psicologica, però, è la propaganda e la contro propaganda o la disinformazione offensiva. Magari tra qualche mese ci sarà uno scandalo che riguarda cose analoghe riferito ad altre super potenze, così si pareggerebbe a livello internazionale l’immagine e si getterebbe discredito da un’altra parte.







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