Datagate: l’Unione Europea chiede chiarimenti a Washington
Tensione tra Unione Europea e Stati Uniti dopo le rivelazioni del settimanale tedesco
"Der Spiegel", che parla di spionaggio dei servizi segreti di Washington ai danni
di istituzioni e Stati europei. L’Ue chiede spiegazioni alle istituzioni statunitensi,
che già hanno risposto affermativamente anche se ribadiscono: "Cercare informazioni
non è insolito". Intanto anche il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano,
parla della necessità di trovare risposte: Il servizio di Davide Maggiore:
Le accuse di
spionaggio ai danni di Washington incidono sulle relazioni tra le due sponde dell’Atlantico:
è in bilico anche la costituzione dell’area di libero scambio per la quale sarebbero
dovute iniziare presto le trattative. “Non cominceranno se c’è anche il minimo dubbio”
sulle azioni statunitensi, ha fatto sapere Viviane Reding, vicepresidente della Commissione
europea. Gli Stati Uniti annunciano di essere pronti a discutere le rivelazioni con
l’Unione e coi singoli governi. “Lo spionaggio si fa tra nemici, è un clima da guerra
fredda”, è però il commento che arriva da Berlino. E secondo la stampa britannica
la procura federale tedesca potrebbe aprire un’inchiesta sulle attività d’intelligence
che avrebbero riguardato la Germania. Intanto, il quotidiano "Guardian" ha ritirato
un articolo sulla collaborazione dei paesi europei con il programma statunitense di
raccolta dei dati, ritenendo poco affidabile la nuova fonte, Wayne Madsen, ma ha sostenuto,
citando documenti dell’Nsa statunitense, che lo spionaggio abbia riguardato anche
“alleati” extra-europei di Washington, come Giappone, Messico, Corea del Sud, India
e Turchia.
Sulla vicenda, Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento
di Gianni Cipriani, esperto d’intelligence e direttore di Globalist.it:
R. – L’intera
vicenda dimostra semplicemente che le nuove tecnologie e il loro utilizzo, praticamente,
non hanno confini e non hanno frontiere. Quindi, quando si hanno a disposizione degli
strumenti che ottengono dei risultati, difficilmente ci si riesce ad autolimitare.
D.
– Le super potenze hanno sempre utilizzato lo spionaggio. Perché, secondo lei, questo
caso suscita tutto questo clamore?
R. – La mia personale opinione è che la
vicenda Snowden sia da ricollegarsi nell’ambito di una più vasta guerra psicologica.
Tutta questa vicenda ha un enorme ricasco mediatico e quindi conseguenze politiche,
in termini negativi, per l’amministrazione americana. Da un punto di vista sostanziale,
però, formalmente, si è scoperto quello che già ragionevolmente si poteva ipotizzare,
ossia che la National Security Agency, una delle agenzie più potenti al mondo,
spiasse il mondo avendone le capacità. Fondamentalmente, la notizia è che la Nsa sta
facendo il suo lavoro. Quando queste cose, che si fanno ma non si dicono, vengono
scoperte e si entra nei dettagli, allora scoppia il clamore mediatico. Ecco perché
io credo che la vicenda Snowden, al di là delle intenzioni dell’agente della Cia,
che sono di carattere – almeno così lui dice – etico, sia un’enorme operazione di
guerra psicologica a livello internazionale.
D. – A quale fine?
R. –
Nel mondo dello spionaggio c’è una compravendita di spie, ma spesso i segreti che
vengono carpiti rimangono tali. Perché se la super potenza “X” conosce i segreti della
super potenza “Y”, ovviamente non li diffonde, ma prende solo delle contromisure,
senza dare troppo nell’occhio. In questo caso, invece, siamo di fronte ad una battaglia
che si è combattuta prevalentemente sui giornali. Per cui tecnicamente non c’è da
un punto di vista dello spionaggio null’altro che un discredito, che viene fatto nei
confronti degli Stati Uniti. I beneficiari sono tutti i competitor degli Usa.
Perché va ricordato che questo tipo di spionaggio, più o meno, viene fatto da tutti,
anche quindi da altre grandi potenze.
D. – Berlino ribadisce che lo spionaggio
si fa tra nemici e che questo è un “clima da guerra fredda...”
R. – Teoricamente
non si fa, ma in realtà è sempre stato così. Se noi ricordiamo - tanto per fare un
esempio che ci riguarda - la crisi di Sigonella, in quell’occasione si scoprì che
gli americani riuscivano ad intercettare le comunicazioni private tra gli esponenti
del governo italiano. E certamente l’Italia è un fedele alleato degli Stati Uniti
dal dopoguerra. In questo mondo dell’intelligence tutti sono alleati, quando non sono
dichiaratamente nemici, ma in realtà ognuno gestisce propri interessi. Personalmente,
nel 2000, per conto della Commissione Stragi, feci una ricerca nei National Archives
e lì emerse chiaramente che molti funzionari italiani, anche ad alto livello – militare,
ministeriale e di governo – erano fonti, cioè confidenti degli Stati Uniti. Evidentemente
le reti di spionaggio vanno oltre quello che ufficialmente si dice.
D. – Questa
vicenda come si concluderà, secondo lei?
R. – E’ difficile dirlo, perché lo
scandalo si sta allargando. C’è da capire come vorranno reagire gli Stati Uniti, che
sono appunto nell’occhio del ciclone. Una delle tecniche della guerra psicologica,
però, è la propaganda e la contro propaganda o la disinformazione offensiva. Magari
tra qualche mese ci sarà uno scandalo che riguarda cose analoghe riferito ad altre
super potenze, così si pareggerebbe a livello internazionale l’immagine e si getterebbe
discredito da un’altra parte.