2013-06-28 11:46:09

Regno Unito: i vescovi chiedono di emendare la legge sulle nozze gay


In un recente documento pubblicato sul sito della Conferenza episcopale e ripreso dall’Osservatore Romano, i vescovi inglesi e gallesi chiedono una serie di emendamenti alla legge che autorizza la celebrazione nel Regno Unito, anche nei luoghi di culto (tranne in quelli anglicani), dei “matrimoni” fra persone dello stesso sesso. Il “Marriage Bill”, che ridefinisce il matrimonio tradizionale, è stato già esaminato in seconda lettura alla Camera dei Lord, dopo l’approvazione alla Camera dei Comuni nel maggio scorso, ma dovrà superare una terza lettura a luglio prima dell’approvazione definitiva. Mentre prosegue l’iter parlamentare del provvedimento, i vescovi inglesi e gallesi tornano dunque a ribadire la necessità che, in caso di approvazione, esso garantisca una serie di protezioni alle comunità religiose, a partire dalla libertà di espressione e di educazione. Rimane infatti ancora viva l’attenzione sul fatto che la normativa possa essere varata senza che vengano incluse una serie di garanzie su temi che preoccupano l’episcopato. Si tratta in particolare di garanzie collettive e individuali. Le scuole, per esempio, potrebbero essere costrette a parlare liberamente dei “matrimoni” omosessuali, sulla base della sostanziale equiparazione — all’interno dell’Education Act del 1996 che regola i programmi didattici sulla base delle leggi dello Stato — fra le unioni tra persone dello stesso sesso e il matrimonio tradizionale. L’educazione degli alunni “sulla natura del matrimonio e la sua importanza per la vita della famiglia e lo sviluppo dei bambini” verrebbe di fatto modificata, in quanto con la nuova normativa “il matrimonio ha gli stessi effetti in relazione alle coppie formate da persone dello stesso sesso e a quelle invece formate da persone di sesso opposto”. Nel documento si richiama inoltre il rischio che le persone che si oppongono all’applicazione del provvedimento possano subire “forme di pregiudizio” ed essere perseguite persino con sanzioni penali. La legge potrebbe poi limitare i diritti individuali sui luoghi di lavoro. Finora infatti, si evidenzia nel documento, “non è stato stabilito nulla per proteggere gli ufficiali dello stato civile che hanno un’obiezione di coscienza”. Inoltre la normativa non assicura la protezione delle organizzazioni religiose di fronte ai ricorsi giudiziari di coloro che sono favorevoli a tali “matrimoni”, i quali possono, per esempio, appellarsi all’Human Rights Act del 1998 o all’Equality Act del 2010. E alle comunità religiose potrebbero non essere concesse sovvenzioni pubbliche. (L.Z.)







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