“Noëlle” premiato come miglior film al Festival "Mirabile Dictu"
Sono stati assegnati mercoledì sera a Roma, alla presenza del cardinale Gianfranco
Ravasi, i premi della quarta edizione della quarta edizione dell’International Catholic
Film Festival “Mirabile Dictu” diretto da Liana Marabini. Tra i riconoscimenti, oltre
al miglior film e regia andati allo statunitense “Noëlle”, si segnalano quello per
la migliore attrice protagonista a Katia Miran per “Je m’appelle Bernadette” e quello
alla carriera all’attrice francese Marie-Christine Barrault. Il servizio di Luca
Pellegrini.
Cerca uno spessore
più profondo nei film selezionati, porta alla ribalta titoli nascosti di autori sconosciuti,
ma questa ricerca è aperta a tutto il mondo, perché si tratta di un Festival del Film
Cattolico, “Mirabile Dictu” che significa "bello da dire" e, come ci si augura, anche
bello da vedere. Tante biografie di Santi e Beati, di sacerdoti e suore, protagonisti
di grandi e piccoli gesti di carità, e molti documentari sulla vita della Chiesa di
ieri e di oggi. Ad Armando Torno, presidente della giuria, editorialista del
Corriere della Sera, abbiamo chiesto se la cattolicità sia un fattore limitante nella
valutazione dei film:
R. – Assolutamente no. Il cattolicesimo ha una caratteristica
proprio nell’ambito del cristianesimo di essere forse l’aspetto più universale, più
comprensibile, più adatto proprio all’arte. Questo Festival ha indubbiamente un vantaggio
perché chiamandosi “cattolico” è aperto a tutte le altre confessioni ma è un invito
a seguire determinate suggestioni del mondo cattolico e ovviamente ad allacciare un
grande abbraccio ecumenico.
Il titolo che ha vinto il Pesce d'Argento per il
miglior film e la migliore regia è Noëlle, opera seconda di David Wall, un
giovane protestante statunitense che lo ha scritto, diretto, prodotto e ben interpretato,
insieme alla moglie Kerry e a tre dei suoi quattro figli. Lui è padre Jonathan Keene,
un sacerdote cattolico che arriva in una piccola città del New England per fare ciò
che è abituato a fare: chiudere in modo burocratico e freddo le parrocchie per mancanza
di pastori o di fondi. Il contatto con gli abitanti del luogo e con le loro storie
di vita mette in moto in lui una revisione profonda della sua vocazione, aprendosi
a una dimensione di gioia e di speranza. Perché avete premiato questa pellicola?
R.
– Semplicemente, perché ci è sembrato il film con il più stridente messaggio al suo
interno. E’ il tema della vocazione. Il tema della fede è tornato prepotentemente
al centro dell’attenzione, non soltanto della vita pratica, ma anche della vita politica,
della vita nel senso più lato del termine. Il ’900 pensava di fare a meno di Dio.
Noi ci siamo accorti che senza Dio non si può fare nulla. E’ un film di forti contrasti,
di dialoghi ben impostati. Chiaramente, quando si premia un film, bisogna sempre tener
presente che forse si premia quello che in quel momento la giuria sente. Non sempre
le giurie sono infallibili, però diciamo che, nella massima parte dei casi, sono oneste.