Siria: oltre centomila i morti in due anni. Allarme Unicef per i bambini
In Siria proseguono le violenze. Le milizie fedeli al presidente Assad hanno riconquistato
ieri una località strategica nei pressi di Homs, con l’aiuto determinante degli Hezbollah
libanesi. E secondo gli ultimi dati forniti da una delle piattaforme di attivisti
anti-regime, sono oltre centomila i morti nei due annni e mezzo di conflitto. Intanto
il wall Street Journal sostiene che gli Stati Uniti sarebbero pronti a rifornire di
armi i ribelli entro un mese. La svolta seguirebbe le rivelazioni sull’utilizzo di
armi chimiche da parte dell’esercito di Assad.
Nel frattempo, secondo l’Unicef
72 bambini nascono ogni settimana e la maggior parte delle donne attraversa il confine
siriano per andare a partorire nel campo profughi di Za’atari, in Giordania. Per le
donne, ma soprattutto per i neonati, serve tutto, a partire dai pannolini. Salvatore
Sabatino ne ha parlato con Giacomo Guerrera, presidente di Unicef Italia:
R. – E’ proprio
una situazione drammatica, che del resto noi facciamo presente da due anni, dall’inizio,
da quando è scoppiata la crisi in Siria, prevedendo questi numeri già circa un anno
fa. Adesso, siamo nel momento proprio culminante della crisi, dove c’è bisogno di
aiuto, c’è bisogno di tanto aiuto e di essere presenti sul posto con i mezzi necessari
con gli aiuti necessari.
D. – Il campo di Za’atari, con le sue 120 mila persone,
è diventato il secondo campo profughi più grande al mondo. Cosa manca in generale?
R.
– Il campo di Za’atari, per avere un’idea, non è altro che una città italiana di media
dimensione di oltre 120 mila abitanti. In questa città non c’è nulla: non ci sono
palazzi, non ci sono case, ci sono soltanto tende, rifugi di emergenza, roulotte o
container. In questa città manca tutto e tutto deve essere portato in in modo da poter
soddisfare le esigenze di tutta la popolazione: dall’acqua ai generi di prima necessità,
agli alimenti. Poi, manca naturalmente l’istruzione. L’Unicef, a questo punto, non
chiede qualcosa di preciso, chiede un aiuto economico. perché noi come Unicef dobbiamo
avere la possibilità di disporre di aiuti.
D. - C’è un altro problema che riguarda
anche l’impennata delle temperature estive. Questo determina seri rischi anche per
i bambini, perché ricordiamo che le condizioni igieniche sono abbastanza precarie…
R.
– Certo, questo determina sicuramente un’aggravarsi della crisi per via delle vaccinazioni
che per noi restano comunque uno dei primi interventi che effettuiamo per quanto riguarda
il settore sanitario. Ma, in questo momento, l’aumento della temperatura crea maggiore
attenzione al problema dei contagi delle epidemie e quindi è necessario intervenire,
ma intervenire in maniera programmata attraverso la collaborazione di tutti gli operatori
che sono presenti nel settore. Quello che noi facciamo come Unicef è coordinare gli
interventi per l’infanzia. Lo facciamo e ci viene riconosciuto questo ruolo. L’Unicef
aveva programmato a suo tempo 470 milioni di dollari necessari per un intervento concreto
e che potesse modificare la realtà. Abbiamo raccolto soltanto 300 milioni. Ne mancano
parecchi all’appello.
D. - Per far capire l’importanza e la grandezza del vostro
intervento è bene sottolineare che dall’inizio dell’anno sono quasi nove milioni le
persone che voi avete aiutato. Purtroppo, c’è bisogno di interventi ancora maggiori...
R.
– C’è bisogno di interventi ancora maggiori. Questi campi profughi realizzati nei
Paesi limitrofi alla Siria dove la gente è costretta a scappare – non dobbiamo dimenticare
che all’interno della Siria ci sono anche gli sfollati che hanno bisogno di aiuto
– sono destinati ad aumentare sempre di più, perché i siriani vedono in questo la
possibilità di trovare un rifugio sicuro. E’ necessario quindi intervenire in questi
campi con urgenza, ma in maniera appropriata. Quello che si verifica in queste realtà
è facilmente comprensibile: poter organizzare tutta la logistica all’interno del campo,
che non è certamente una cosa semplice. Con gli operatori che abbiamo, cerchiamo di
realizzare anche centri per i bambini, centri a misura di bambino, dove i bambini
vengono seguiti per cercare di distoglierli dalla guerra e dal dramma che hanno vissuto.