2013-06-27 12:40:08

Malaysia: il termine Allah in uso dai cristiani torna nelle aule dei tribunali


Dopo le elezioni politiche dello scorso 5 maggio in Malaysia, il dibattito sull’uso del termine Allah da parte dei cristiani torna nelle aule dei tribunali, anche se l’esito finale non è scontato. La vittoria di misura del “Barisan Nasional” (Bn) , al potere da oltre 50 anni, ha fatto temporaneamente rientrare le polemiche sull’annoso contenzioso rinfocolate ad arte durante la campagna elettorale dal partito del Primo Ministro Najib Razak per guadagnare i consensi dell’elettorato musulmano. Al centro della polemica – lo ricordiamo – è l’accusa rivolta ai cristiani di usurpare il termine “Allah” il quale, secondo alcuni, dovrebbe essere esclusivo dell’Islam. Per diversi anni le autorità malesi hanno quindi cercato di vietarne l’uso ai cristiani, con il pretesto che genererebbe confusione, nonostante esso sia presente nelle Bibbie di lingua malese da oltre quattro secoli, come ampiamente documentato. E nonostante una sentenza del 2009 abbia riconosciuto alle Chiese il “diritto costituzionale” di chiamare il loro Dio con questo titolo, alcuni gruppi islamisti continuano a reclamare il divieto, minacciando azioni dimostrative come il rogo delle Bibbie. Finora la giustizia ha dato ragione ai cristiani, ma si attende l’esito finale in appello che potrebbe ancora una volta essere condizionato dalle pressioni politiche. Secondo un sacerdote interpellato dall’agenzia Ucan, le ragioni delle Chiese cristiane sono ampiamente supportate da fatti incontestabili, compresa la cosiddetta “10 Point Solution”, un decreto ministeriale del 2011 con cui il Governo di Kuala Lumpur ha dato il via libera all’uso della parola Allah nelle Bibbie in lingua Malay. Una decisione che l’attuale Esecutivo difficilmente potrebbe impugnare. (L.Z.)







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