2013-06-27 16:49:39

Il vescovo ausiliare di Buenos Aires: con il suo stile il Papa rende vive le parole del Vangelo


Misericordia e tenerezza: sono fra le due prime parole usate da Papa Francesco all’inizio del suo Pontificato. Nelle Messe della mattina a Casa Santa Marta ma non solo, il Papa è tornato anche su altri termini che in qualche modo sembrano caratterizzare il suo magistero, come magnanimità, amore ai nemici, comunione. A più di tre mesi dall’elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio al Soglio di Pietro, ripercorriamo alcuni aspetti del suo pensiero con l’aiuto del vescovo ausiliare di Buenos Aires, mons. Eduardo Garcia che conosce Papa Francesco da oltre 20 anni. Il servizio è di Debora Donnini:RealAudioMP3

Magnanimità, amore ai nemici, annunciare il Vangelo, andare alle periferie esistenziali, essere cristiani gioiosi. Papa Francesco più volte ha dipanato questi concetti che sembrano rimandare ad una questione centrale: la conversione personale. Conversione legata ad un rapporto con Gesù Cristo a cui il Papa esorta. Sentiamo mons. Eduardo Garcia:

“El Papa, lo que va haciendo es un discernimiento de la vida…
Quello che sta facendo il Papa è un discernimento della vita a partire dal Vangelo e chiaramente lì c'è il tema della conversione, lì c’è la fonte della nostra vita di fede. Io credo che ogni mattina il Papa, quando fa la sua riflessione sul Vangelo, lo applichi concretamente alla vita: da lì passa la nostra vita cristiana, per fare questo discernimento di leggere la nostra vita alla luce del Vangelo. E’ chiaro che in questo ogni mattina il Papa è molto concreto perché non parla di temi, ma parla del Vangelo e lo porta nella realtà. In questo appare la sua radice 'gesuita': discernere la vita”.

Un altro aspetto affrontato dal Papa è quello dell’amore al nemico di cui ha parlato come di una “saggezza tanto difficile, ma tanto bella perché ci fa assomigliare al Padre, al nostro Padre” che “fa uscire il sole per tutti, buoni e cattivi. E ci fa assomigliare al Figlio, a Gesù, che nel suo abbassamento si è fatto povero per arricchirci, a noi, con la sua povertà”. Ancora mons. Garcia:

“Es el centro también de nuestra fe...
E’ anche il centro della nostra fede: Gesù che viene a riconciliarci con il Padre che ci riconcilia fra di noi. Credo che quello che il Papa stia facendo sia di tornarvi su, affinché non dimentichiamo le radici e il fondamento della nostra fede. Il Papa proclama l’amore universale di Gesù”.

Un'altra parola-chiave di Papa Francesco sembra essere “magnanimità”, larghezza di cuore tanto che, sempre in un’omelia della Messa a Casa Santa Marta, ha detto che “il cristiano è una persona che allarga il suo cuore, con questa magnanimità, perché ha il ‘tutto’, che è Gesù Cristo. Le altre cose sono il ‘nulla’. Sono buone, servono, ma nel momento del confronto sceglie sempre il ‘tutto’, con quella mitezza, quella mitezza cristiana che è il segno dei discepoli di Gesù: mitezza e magnanimità”. Papa Francesco, dunque, usa parole dirette per discorsi profondi teologicamente e umanamente…

“El Papa usa palabras simples, que pueden entender todos…
Il Papa usa parole semplici, parole che possono essere comprese da tutti, che può comprendere l’uomo comune. Quando parla di magnanimità, parla di un cuore grande, di un cuore che sia capace di amare tutti, un cuore che sia capace di offrire, di soffrire e soprattutto di un cuore che sia capace di amare coloro che più hanno bisogno, i più poveri. E lui unisce due cose, perché quando parla di magnanimità, parla anche delle 'periferie', le 'periferie esistenziali': la vita che è ai margini a livello economico, sociale, in diversi aspetti... Parla di avere un cuore grande per amare queste realtà, per poterle portare nel cuore, per poterle aiutare: di un cuore grande come quello di Gesù Cristo. Credo che questo sia il messaggio del Papa e quello che fa abitualmente: avvicinarsi alle periferie, perché sono proprio quelle che ama più il Signore, sono i prediletti. Questo quello che mi ha raccontato: dopo un’udienza del mercoledì, dopo aver salutato molti infermi, qualcuno gli ha detto: 'Non le sembra che siano molti e bisognerebbe che ve ne fossero meno?'. E Lui ha risposto: 'Facciano venire tutti quelli che possono, che io li saluterò tutti, perché loro mi apriranno la porta del Cielo'”.

In un recente discorso a una delegazione del Comitato Ebraico Internazionale per le consultazioni interreligiose, il Papa ha detto: “Per le nostre radici comuni, un cristiano non può essere antisemita”, facendo tra l’altro riferimento alla Dichiarazione Nostra Aetatae del Concilio ecumenico Vaticano II. Papa Francesco quando era cardinale a Buenos Aires aveva relazioni di grande amicizia con esponenti del mondo ebraico come ci conferma mons. Garcia:

“El ha tenido dos posiciones…
Ha avuto due posizioni. Credo non sia soltanto un atteggiamento formale, diciamo così, per compiere quello che dice il Concilio, ma ha sempre avuto verso membri del popolo ebraico anche un atteggiamento affettivo, di amicizia concreta, che va al di là di quello che ci invitano a vivere i documenti. E’ molto amico di un rabbino, con il quale ha condiviso un programma televisivo per molto tempo, ha fatto il prologo a un suo libro e anche il rabbino ha fatto il prologo a un libro dell’allora cardinale Bergoglio. Lui ha dunque un atteggiamento di buone relazioni, ma anche affettivo e di vicinanza con membri del popolo ebraico”.







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