Egitto: l'opposizione critica il presidente Morsi dopo il discorso in tv
In Egitto, l’opposizione ha ribadito la necessità che il presidente Morsi si dimetta
dopo il discorso fiume ieri in tv. Migliaia le persone raccolte in piazza Tahrir per
contestare il suo intervento che cade in un momento di forte tensione nel Paese ad
un anno dal suo insediamento. Intanto l’esercito si è schierato in tutto l’Egitto
mentre mercoledì scorso in alcuni disordini vicino Al Cairo una persona è morta, oltre
160 i feriti. Benedetta Capelli:
Due ore e mezzo
di intervento per Morsi che si è presentato alla platea del centro conferenze del
Cairo, non come il presidente dell’Egitto ma come semplice cittadino. E come tale
ha ragionato sulle grandi difficoltà del Paese, ad un anno dal suo insediamento, e
sul rischio sempre più evidente di un’eccessiva polarizzazione, la più seria minaccia
in grado di paralizzare l’Egitto. Nel mirino gli uomini del vecchio regime di Mubarak
accusati di aver soltanto ostacolato il percorso del governo. Ma chi si aspettava
concessioni all’opposizione si è dovuto accontentare dell’annuncio della creazione
di un comitato con le forze politiche per studiare emendamenti alla Costituzione.
Alle Forze armate, che ieri si sono schierate in tutto il Paese, Morsi ha ribadito
che sono vitali per la protezione degli egiziani ma che è lui il capo dell’esercito.
In un passaggio del suo discorso, si è riferito ai copti definendoli “partner della
nazione” mentre ha ammonito i giudici a “tenersi lontano dalla politica”. Ieri ancora
violenze a Mansoura, città a nord del Cairo, il bilancio è di un morto e centinaia
di feriti. E in attesa della manifestazione di domenica, convocata dall’opposizione
per chiedere le dimissioni del presidente, il Paese vive una profonda crisi economica
con lunghe file per la benzina ed un turismo ormai in ginocchio.
Nel suo intervento,
il presidente Morsi ha dunque ribadito il pericolo di una polarizzazione del Paese.
E in proposito Benedetta Capelli ha intervistato Massimo Campanini,
docente di Storia dei paesi islamici all’Università di Trento ed esperto di Egitto:
R. – Direi che
questa polarizzazione è nei fatti, perché le varie componenti politiche del quadro
egiziano sono l’una contro l’altro e armate. Io ricorderei che il presidente Morsi
è stato eletto democraticamente: che poi abbia fallito i suoi obiettivi e che i Fratelli
musulmani si siano rivelati meno capaci di governare di quanto ci si aspettasse inizialmente,
potrebbe anche essere vero. Morsi è stato eletto attraverso una procedura democratica
e, secondo me, dev’essere battuto attraverso una procedura altrettanto democratica.
D.
– L’esercito da ieri si è schierato in tutto il Paese. Che ruolo stanno giocando adesso
i militari ai quali Morsi comunque ha ribadito di essere lui, il capo?
R. –
Morsi aveva messo in un angolo i militari. Ora che il potere presidenziale sembra
in fase di declino, è chiaro che l’esercito sta vagliando l'idea di ritagliarsi un
nuovo spazio di espressione e di azione politica.
D. – Il capo dello Stato
ha parlato “dei vecchi” del regime di Mubarak che avrebbero lavorato per tutto questo
anno per far sì che il suo governo cadesse: hanno ancora un peso così determinante?
R.
– C’è un dato di fatto: che le vecchie istituzioni del potere non sono state completamente
modificate, e quindi è chiaro che una frase come questa, di Morsi, potrebbe essere
anche un pretesto per giustificare le proprie azioni. E’ anche vero, però, che un
certo livello di continuità è probabile che esista.
D. – Domenica ci sarà questa
grande manifestazione del movimento Tamarod per chiedere le dimissioni del capo dello
Stato. Ma chi compone questo movimento? E soprattutto, secondo lei potrebbe essere
un’alternativa futura alla Fratellanza musulmana?
R. – Il fronte del Tamarod
è un fronte di ribelli, in cui sono presenti i copti e forze laiche di sinistra. Che
il Fronte del Tamarod sia ostile all’instaurazione di un sistema pur vagamente e moderatamente
islamizzanate possano costituire di fatto un’alternativa ai Fratelli musulmani, come
dicevo prima, lo dovrebbero dire le urne. Io credo che ci sia una certa base popolare
di questo movimento, ma è anche vero che i Fratelli musulmani credo conservino ancora
un certo radicamento all’interno della popolazione e all’interno della società. Bisognerà
vedere poi nella realtà dei fatti: certamente Tamarod riempirà le piazze, ma è anche
vero che Tajarrud, cioè il movimento favorevole a Morsi, ha altrettanto riempito le
piazze. Di conseguenza, viene confermata questa polarizzazione che potrebbe essere
molto pericolosa per la stabilità interna dell’Egitto.
D. – Ma secondo lei,
l’anima di Piazza Tahrir che ha infuocato la Primavera araba, dove è collocata oggi,
in Egitto?
R. – Difficile dirlo … Secondo me, l’anima di Piazza Tahrir da un
certo punto di vista non c’è più. I Fratelli Musulmani hanno tentato – apparentemente
senza riuscirci – di presentarsi come gli eredi della rivoluzione. E’ difficile dire
se il Fronte dei ribelli possa costituire effettivamente l’eredità di Piazza Tahrir.
Personalmente credo di no, perché credo che quel tipo di forze siano state ormai assorbite
dall’istituzionalizzazione. Io vedo piuttosto il Tamarrod come un’altra forza, come
un’altra espressione che pretende di risventolare la bandiera della rivoluzione, ma
anche risventolando la bandiera della rivoluzione i suoi obiettivi e le sue parole
d’ordine dovranno essere adeguate e rispondenti all’attuale situazione egiziana, cioè
una situazione di transizione incompiuta rispetto a quella che era la situazione all’epoca
della rivolta contro Mubarak e della caduta del dittatore.