Concluse le "Giornate Lateranensi" dedicate alla Gmg di Rio 2013
Si sono concluse ieri le “Giornate Lateranensi” dedicate alle sfide educative per
le giovani generazioni. L’iniziativa ha visto confrontarsi esponenti del mondo delle
istituzioni, delle imprese, della diplomazia e dell’università, in vista della prossima
Giornata Mondiale della Gioventù. Il servizio di Davide Dionisi:
Andate dunque
e fate discepoli tutti i popoli. A 25 giorni all’inizio della 28.ma Giornata Mondiale
della Gioventù di Rio, il motto di Rio ha riecheggiato nell’aula Pio XI della Pontificia
Università Lateranense dove in questi giorni cattedratici, economisti, esponenti di
governo hanno voluto confrontarsi tra loro e con le autorità ecclesiastiche per trovare
nuove strade utili a valorizzare e incoraggiare le nuove generazioni in un momento
di profonda crisi economica e valoriale. Un primo bilancio della due giorni promossa
dall’ateneo pontificio, lo ha tracciato il rettore, mons. Enrico Dal Covolo:
R.
– Si è voluto toccare un po’ tutti i temi sensibili, di fronte ai quali i giovani
si trovano sfidati, specie quei giovani che vogliono portare avanti l’annuncio cristiano
in questa società. Li abbiamo sistematicamente affrontati, così da provocare i giovani
stessi e farli un pochino uscire dal bozzolo in cui noi li abbiamo costretti. Ecco:
devono liberare, sprigionare le loro energie di rinnovamento per una società migliore.
D.
– Come vede il significato di questi appuntamenti nella strategia pastorale della
Chiesa universale del terzo millennio?
R. – Soprattutto nella vecchia Europa,
nell’orizzonte euroatlantico, stiamo vivendo un momento paradossale: i giovani, anziché
essere valorizzati come dovrebbero, sono persone che danno un po’ fastidio e si vorrebbe
quasi farne a meno. Di fatto, sono emarginati. E hanno ragione quei sociologi che
parlano di una generazione dimenticata. Ora, io sono convinto che questi appuntamenti,
queste occasioni – specialmente le Giornate Mondiali della Gioventù – siano veramente
preziosi, perché si rimetta un poco a posto la nostra mentalità e il nostro modo di
fare. I giovani, cioè, sono quella forza essenziale di rinnovamento senza la quale
una società si trova a morire: morire perché manca di speranza, morire perché manca
di prospettive, morire perché manca di giovani. Ecco, noi dobbiamo ridare ai giovani
la fiducia e la responsabilità di lavorare veramente per questa società e per questa
Chiesa. Il protagonismo giovanile non è un pallino di alcuni, è la necessità di tutti,
è un’esigenza vitale.