Brasile: proteste in 18 città. Sindacati confermano lo sciopero
In almeno 18 città del Brasile, 12 capitali statali e altri sei centri di Rio, Pernambuco,
Bahia e Espírito Santo, si è tornato a protestare ieri dopo le manifestazioni che
mercoledì hanno portato di nuovo in piazza 80.000 persone, da San Paolo a Belo Horizonte
a São Luís. Mentre il presidente della Fifa, Joseph Blatter, era in tribuna allo stadio
Mineiro di Belo Horizonte per la semifinale Brasile-Uruguay, all’esterno si sono registrati
disordini tra polizia e dimostranti, mobilitati per chiedere la fine della corruzione
che ha gonfiato anche le spese per i mega-eventi sportivi e l’accesso a servizi di
base di qualità. A Brasilia - riferisce l'agenzia Misna - gruppi di manifestanti hanno
calciato palloni contro il cordone della polizia schierata a protezione del Congresso
in una protesta pacifica contro le spese milionarie per le Coppe; il filo conduttore
delle più imponenti manifestazioni popolari viste in Brasile nell’arco di 20 anni,
che si è unito al malcontento per il carovita in un momento in cui l’economia del
gigante sudamericano rallenta. Negli ultimi giorni, in sede legislativa le istanze
della piazza sono state in parte ascoltate come dimostrano alcuni provvedimenti adottati
d’urgenza: la bocciatura della Pec 37, la proposta di emendamento costituzionale che
avrebbe reso più difficile proprio la lotta alla corruzione dilagante, la destinazione
del 75% delle royalties petrolifere all’istruzione e il 25% alla sanità, il varo al
Senato di una norma che cancellerebbe le imposte sui trasporti pubblici facilitando
l’abbassamento delle tariffe e, ieri, il primo via libera a una riforma del codice
penale che definisce la corruzione un “crimine odioso”. La presidente Dilma Rousseff
ha lanciato la proposta di indire una consultazione popolare per convocare un’Assemblea
Costituente incaricata di procedere a un’ampia riforma politica, nonostante l’opposizione
di buona parte del Congresso. Oggi porterà l’iniziativa in parlamento suggerendo le
domande che dovrebbero essere poste ai brasiliani: prime fra tutte, quale sistema
di voto e quale tipo di finanziamento preferiscono per la campagna elettorale. Ma
i problemi per Dilma sembrano appena cominciati: mercoledì ha ricevuto i rappresentanti
dei cinque principali sindacati nazionali che le hanno confermato la convocazione
di una “giornata di lotta” per l’11 luglio. (R.P.)