Libia: eletto il nuovo presidente del Congresso, nuovo passo verso una maggiore unità
Libia. Il Congresso generale nazionale ha eletto il nuovo presidente dell’Assemblea
dei deputati. Si tratta di Nuri Abu Sahmain, della minoranza berbera. Prende il posto
di Mohamed Magarief, che si era dimesso in virtù del divieto agli ex membri del regime
di Gheddafi di ricoprire incarichi pubblici. Tra i primi a commentare l’elezione,
il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. “Il suo impegno e il
suo equilibrio – ha detto il capo dello Stato – saranno cruciali per guidare la Libia
sulla via della pace e della stabilità. 'In questo compito – ha concluso – troverà
al suo fianco un’Italia amica”. Sulla scelta di Abu Sahmain, Giancarlo La Vella
ha intervistato Arturo Varvelli, ricercatore dell’Istituto di Studi Politici
Internazionali:
R. – Questo
è sicuramente un passo molto buono e utile, che va in direzione di una maggiore partecipazione
politica di tutti i gruppi e minoranze del Paese. D’altra parte, però, ci sono anche
diversi aspetti che fanno pensare che la Libia invece non abbia ancora intrapreso
la via giusta verso la democrazia, ma che ci siano ancora tanti ostacoli. Ad esempio,
le difficoltà che sta attraversando adesso il governo di Zeidan sono molto evidenti,
con pressioni da parte dei salafiti e della Fratellanza Musulmana per far cadere il
governo e per la sua sostituzione con un esecutivo più vicino a queste forme di islam
politico.
D. – Come a dire che la Libia rimane un aggregato d’interessi diversi...
R.
– Certamente, interessi diversi, di localismi e regionalismi, che sono molto influenti
anche all’interno dello stesso parlamento, che stanno in una certa maniera rendendo
molto difficile l’identificazione della Libia come Nazione. Questo è un processo molto
faticoso e si sta vedendo in questi mesi quante siano le difficoltà. In questa situazione
caotica, in cui ancora il governo non controlla tutto il territorio del Paese e non
c’è il monopolio dell’uso della forza, naturalmente abbiamo visto le milizie che non
si vogliono ancora disarmare e hanno imposto di fatto una sorta di loro piccola dittatura,
ricattando il governo e l’autorità centrale. Tra queste milizie, però, ci sono anche
milizie che sono molto vicine allo jihad internazionale.
D. – A quali
Paesi interessa oggi che vi sia una Libia stabile e perché?
R. – Dovrebbe essere
interesse fondamentale innanzitutto dei Paesi dell’Europa e in particolare dell’Europa
del Sud, come l’Italia e la Francia soprattutto. L’Italia ha sempre avuto una sorta
di relazione privilegiata con Tripoli e dovrebbe avere sicuramente una capacità di
investire nel Paese nord-africano, in termini politici ed economici, maggiore di quella
che ha attualmente. Il primo ministro Zeidan dovrebbe essere la settimana prossima
a Roma e questo potrebbe essere un primo passo verso un rilancio del ruolo italiano
in Libia; rilancio, che è stato anche chiesto negli ultimi incontri tra il presidente
americano, Obama, e il premier italiano, Letta. Quindi, in qualche modo, Roma dovrebbe
giocare la carta di questo accreditamento fatto dagli Stati Uniti.