Ancora manifestazioni in Turchia. Ieri sbloccato il negoziato per l'adesione di Ankara
all'Ue
Sempre tesa la situazione in Turchia, dove ieri sera migliaia di persone sono scese
in piazza in almeno 10 città per denunciare la decisione di una corte di Ankara di
lasciare a piede libero il poliziotto che ha ucciso, il primo giugno scorso, un giovane
manifestante durante una protesta contro il premier Erdogan. Momenti di tensione a
Istanbul, ma niente scontri. Manifestazioni svolte nel giorno in cui i ministri degli
Esteri Ue, riuniti a Lussemburgo hanno sbloccato il negoziato per l’adesione della
Turchia all’Europa, sottolineando però che la Conferenza intergovernativa di adesione
avrà luogo dopo la presentazione del rapporto annuale della Commissione sui progressi
fatti da Ankara in termini di giustizia e rispetto dei diritti politici, previsto
per ottobre. Come valutare questo risultato? Salvatore Sabatino lo ha chiesto
a Bruna Soravia, docente di Storia dei Paesi islamici presso Università Luiss-Guido
Carli di Roma:
R. – Ogni valutazione
è naturalmente sottoposta al giudizio della cronaca, nel senso che, come sappiamo,
tutto quello che viene detto in ambito mediorientale è soggetto al cambiamento immediato.
Quello che si può ipotizzare è che sicuramente vi sia un interesse da entrambe le
parti a riprendere questi colloqui. L’interesse dell’Unione Europea ad indirizzare
il corso degli eventi in Turchia e, più in generale, nell’area mediorientale, in questo
momento, é un interesse evidente del governo turco a legittimarsi come governo democratico,
nonostante, appunto, le repressioni delle manifestazioni a piazza Taksim, appoggiandosi
all’Unione.
D. - Una delle condizioni da sempre poste da Bruxelles è stato
il rispetto dei diritti umani e politici. Quanto accaduto nei giorni scorsi con le
proteste di piazza Taksim può influire in qualche maniera in questo processo di avvicinamento?
R.
– Questo è il motivo che è stato preso dalla Germania per opporsi alla riapertura
di questi colloqui. A me sembra che la Turchia abbia in realtà già iniziato a muoversi
da tempo nella direzione di accogliere la maggior parte delle richieste sostanziali
europee. Io credo, ad esempio, che l’inizio dei colloqui di conciliazione con il Pkk
curdo, alla fine di maggio, vada considerato in questo senso.
D. – Sappiamo
che la Turchia è un partner strategico della Nato. Nel gioco di forze tra Unione Europea
e Alleanza Atlantica chi la spunta?
R. – La spunta quello che ha più peso internazionale.
Sicuramente, in questo momento, fino a pochissimo tempo fa, la Turchia si muoveva
in un’ottica che risponde di più al piano generale di pacificazione del Medio Oriente,
lanciato dal governo americano, dopo il 2011. Anche quello che la Turchia ha fatto,
quindi, e ha dichiarato di voler fare nei confronti della Siria, va visto in quest’ottica.
E anche in questo senso, l’Unione Europea ha interesse a riprendere questo progetto
strategico turco e ad inserirlo in un’ottica, invece, europea, più propriamente europea.
D.
– La Turchia è sempre stato definito un Paese ponte tra Medio Oriente ed Europa. Cosa
cambierebbe, se effettivamente Ankara riuscisse ad entrare nell’Unione Europea?
R.
– Era più facile rispondere qualche anno fa, quando la Turchia era completamente dalla
parte di questa integrazione; in questi tre anni di stallo – ricordiamo che la Turchia
dal 2005 è entrata in quest’area di pre-integrazione e vi è rimasta bloccata per tre
anni – non solo l’Europa si è allontanata dalla Turchia, ma anche la Turchia si è
allontanata dall’Europa, e questo è un fatto molto più grave, mi sembra. Mentre oggi
è interessante riprendere questo processo di avvicinamento culturale anche della Turchia
all’Europa. Parliamo però di un’Europa molto meno chiara nei suoi obiettivi e di una
Turchia molto più chiusa nei propri obiettivi.