La carità della Chiesa per le popolazione indigene dell’America Latina nel segno di
Papa Francesco
Si è conclusa ad Arequipa, in Perù, la riunione annuale del Consiglio di amministrazione
della Fondazione “Populorum Progressio” del Pontificio Consiglio Cor Unum, per le
popolazioni indigene ed afroamericane dell’America Latina. Alla riunione – che ha
deciso il finanziamento di 170 progetti destinati alle popolazioni povere del Continente
– hanno preso parte il presidente di Cor Unum, il card. Robert Sarah ed il sottosegretario
mons. Tejado Muñoz, che è membro del Consiglio d’Amministrazione della Fondazione
voluta da Giovanni Paolo II. A mons. Segundo Tejado Muñoz, Roberto Piermarini
ha chiesto cosa è emerso dall’incontro di Arequipa:
R. – Come tutti
gli anni abbiamo ricevuto tanti progetti: quest’anno sono stati 200. Sono piccoli
progetti che vogliono lasciare un segno della presenza del Santo Padre in America
Latina per le popolazioni indigene, afroamericane e campesine. Su 200 progetti ne
abbiamo potuto finanziare soltanto 170. Praticamente, abbiamo dovuto lasciare fuori
30 progetti per cause diverse. La causa principale è che non avevamo fondi per finanziarli
tutti. Quasi tutti gli anni le tipologie dei progetti sono le stesse. Si ripetono
molti progetti di piccole comunità indigene, che vogliono un pozzo d’acqua, un trattore
che li aiuti, un microcredito, gestito poi dalla missione o da qualche responsabile.
Sono molto vari: di carattere sanitario, tantissimi riguardano la formazione, di strutture
per scuole e così via. I progetti vogliono essere non strettamente sociali, ma legati
in qualche modo alla Pastorale. Nella Fondazione non vogliamo scindere tra necessità
spirituali e necessità sociali dell’uomo. Come dice il Papa nella ”Deus Caritas est”:
tante volte la più grande sofferenza dell’uomo è l’assenza di Dio. Credo che la Fondazione
questo l’abbia molto a cuore, per valutare i progetti, per incentivare i progetti,
che abbiano anche questo aspetto pastorale, questo aspetto spirituale.
D. –
Avete dovuto accantonare 30 progetti quindi i soldi non bastano mai per aiutare questi
progetti in America Latina…
R. – Non bastano mai. Nonostante la generosità
della Conferenza episcopale italiana, il Comitato per gli interventi caritativi, che
dà il più grande contributo per questi progetti, e nonostante anche alcune donazioni
particolari, non bastano mai. I progetti, infatti, sono tanti, e le necessità sono
tante. La Fondazione si sta facendo conoscere molto nell’America Latina, ma i fondi
non bastano mai. Avremmo bisogno di anime generose che ci aiutino un poco in modo
che anche il Santo Padre possa esercitare la carità nel continente latino americano.
D.
– Com’è stata accolta l’elezione di Papa Bergoglio, un Papa latinoamericano, da una
Fondazione per l’America Latina?
R. – Ne abbiamo parlato parecchio durante
l’incontro con i vescovi. Ricordo che il Consiglio di amministrazione è formato da
cinque arcivescovi dell’America Latina. Quest’anno non è venuto il cardinale Sandoval,
che è stato nostro membro per molti anni. C’era l’arcivescovo de La Paz, l’arcivescovo
di San Salvador de Bahia, l’arcivescovo di Guayaquil, l’arcivescovo di Villavicencio
e l’arcivescovo di Arequipa. Sono cinque arcivescovi, più la mia persona, in rappresentanza
del Pontificio Consiglio Cor Unum. E’ un ambiente totalmente latinoamericano, dunque,
in cui abbiamo parlato molto di questa presenza di Papa Francesco. Dà a tutti molta
speranza e vogliamo al più presto presentare al Papa la Fondazione, in modo che anche
lui ci dica esattamente cosa vuole dalla ‘sua’ Fondazione, essendo una Fondazione
papale. L’anno prossimo abbiamo deciso di fare la riunione a Roma, per poter dialogare
con lui, in modo che ci possa dire una parola: cosa pensa di tutta la problematica
degli indigeni. Ieri tra l’altro ha ricevuto un rappresentante indio dell’Argentina.
Lui è molto sensibile a tutte queste problematiche. Anche nella Fondazione stiamo
studiando tutta la problematica indigena, degli afroamericani, delle periferie, delle
grandi città sorte in tutta l’America Latina, che sono grandi mostri dove le sètte
stanno tirando fuori dalla Chiesa tante persone. Bisogna dare una risposta, perché
lo Spirito Santo sempre ci anticipa. Dando Papa Francesco alla Chiesa, penso che lo
Spirito Santo ha dimostrato che ci anticipa sempre nel suo lavoro. Abbiamo constatato
l’amore che l’America Latina, ma anche tutte le nazioni, mostra al Papa; l’accettazione
unanime che ha avuto e, appunto, l’amore che mostra verso di lui.