Giornata mondiale del marittimo: “Volti di mare” da accogliere e rispettare
“Volti del mare”, il tema della terza Giornata mondiale del marittimo celebrata ieri,
indetta dalle Nazioni Unite, per evidenziare il ruolo strategico svolto da tutti i
marinai che con il loro lavoro contribuiscono a fornire all’intera umanità il 90%
dei beni distribuiti nel mondo. Roberta Gisotti ha intervistato il diacono
Massimo Franzi, presidente della Federazione nazionale Stella Maris:
Portare alla
ribalta oltre un milione e mezzo di marinai, spesso invisibili nel loro sacrificio
in prima linea, lontani dalle loro case e dai loro affetti, come sottolinea Koji Sekimuzi
direttore generale dell’Organizzazione marittima internazionale (Imo). Da qui, l’invito
ad animare questa Giornata attraverso i social network, per dare loro un volto, una
voce, una storia da raccontare. “Esorto tutti – scrive il segretario generale dell’Onu
Ban Ki-moon, a dedicare un pensiero a quei marinai coraggiosi, uomini e donne, di
tutti gli angoli del mondo, che affrontano pericoli e condizioni di lavoro difficili
per operare oggi su navi complesse e altamente tecnologiche, ogni ora e ogni giorno
dell’anno e dai quali noi tutti dipendiamo”:
D. – Gente di mare, spesso dimenticata
quando non sfruttata? Che cosa si può fare di più per loro? Massimo Franzi:
R.
– Sì, anche nella nostra Italia, che è una penisola, con tantissime diocesi portuali,
il marittimo in effetti è ancora una persona un po’ sconosciuta nei nostri porti.
Marittimi che stanno per mesi su una nave, isolati dalla famiglia, dalla chiesa: quindi
cosa bisogna fare? E’ rendere accogliente il porto, creare una cultura di accoglienza,
una cultura di vicinanza per questi marittimi che arrivano da tante nazioni e chiedono,
per l'appunto, di essere riconosciuti e di avere un sorriso e alcune notizie fondamentali.
D. – Il prossimo agosto entra in vigore, a sette anni dalla sua approvazione,
la Convenzione sul lavoro marittimo. Quali novità?
R. – Tra le tante cose,
sarà in particolare vissuto in maniera più strutturale il welfare marittimo. Il marittimo,
quindi, sarà una persona, anche a livello legislativo, da cercare, da visitare e da
rendere partecipe della vita sociale e religiosa nei porti. Noi auspichiamo che questa
ratifica non sia solamente un testo scritto, ma sia davvero uno strumento per andare
incontro al marittimo quale persona per accoglierlo in maniera più adeguata. La Stella
Maris è sempre in prima fila, ha già collaborato in maniera partecipe con tutti gli
enti governativi e statali nei vari porti, a livello nazionale, e sarà ancora presente
per dare un supporto a queste realizzazioni di welfare marittimo.
D. – Lei
ha detto: “Una persona da riconoscere come tale”. Viene sottolineato, infatti, che
i marittimi siano quasi invisibili da chi è a terra…
R. – Sì, perché noi che
siamo a terra normalmente il porto non lo vediamo e pensiamo solo al porto come a
un luogo in cui ci sono navi da crociera o yacht o mercantili, ma non pensiamo alla
gente che c’è dentro, in particolar modo sulle navi container. Questi marittimi sono
invisibili per noi, perché in ogni porto si fermano per poche ore, o pochissimi giorni,
ripartono subito e non hanno mai il tempo di mettere qualche radice, di creare qualche
rapporto, di avere risposta ai loro bisogni, sia religiosi sia umani. Per questo,
parlavo di persona nella sua integrità: stanno pochissime ore nei nostri porti, che
ormai sono dei luoghi staccati dalla città, e il marittimo, come dicevo prima, non
trova modo di porre radici sia a livello civile che religioso.
D. – Quindi,
è importante che ci sia invece un riconoscimento particolare per chi opera sulle navi?
R.
– Certo, perché il marittimo è un lavoratore internazionale e quindi ha dei diritti
e dei doveri: tra i suoi diritti, ha quello di essere riconosciuto come persona nei
suoi bisogni. Quando un marittimo raggiunge un porto, ha diritto ad avere una accoglienza,
che sia un’accoglienza religiosa per i credenti, e sia comunque un’accoglienza umana
– ad esempio poter telefonare a casa o dare risposta alle sue esigenze primarie. Poter
aver quindi dei rapporti umani, che non siano solamente quelli strettamente lavorativi
che ha sulla nave.