Siria: ribelli assaltano il Convento di Sant’Antonio a Ghassanieh. Ucciso un religioso
La violenza in Siria non risparmia la minoranza cristiana, sempre più in affanno nel
teatro di guerra. Assaltato e razziato domenica, nel nord est del Paese, il convento
francescano di Sant’Antonio di Padova a Ghassanieh nella valle dell’Oronte, a 120
chilometri da Aleppo. Nell’attacco è stato ucciso un religioso. L'arcivescovo Jacques
Behnan Hindo, titolare della arcieparchia siro-cattolica di Hassaké-Nisibi ha detto
che "negli ultimi tempi, il religioso mi aveva fatto arrivare alcuni messaggi in cui
si mostrava consapevole di vivere in una situazione pericolosa, e offriva la sua vita
per la pace in Siria e in tutto il mondo”. La notizia diffusa ieri mattina è stata
confermata da padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, al microfono
di Roberta Gisotti:
R. - Confermo
la morte di un monaco che viveva con noi, non era un francescano ma viveva in un nostro
convento per motivi di sicurezza, perché era un monaco eremita. E’ stato ucciso ieri
dalle forze ribelli: padre Francois Murad. Aveva 49 anni.
D. - Quali considerazioni
verso questa violenza che si è rivolta verso un luogo cristiano?
R. - Siamo
senza parole. Purtroppo quel villaggio a nord della Siria - vicino al confine con
la Turchia - insieme ad altri villaggi cristiani, è stato ormai totalmente distrutto
e quasi totalmente abbandonato. Sono rimasti soltanto i ribelli con le loro famiglie,
ribelli che vengono - va detto - dall’estero e sono tutti molto estremisti, almeno
quel gruppo. L’unica cosa che possiamo dire - oltre che per pregare per padre Francois
e per tutte le vittime - è che questa pazzia finisca presto e che non si introducano
armi in Siria perché significherebbe solo prolungare questa assurda guerra civile.
D.
- Bisogna dunque lavorare per la pace da parte dell’Occidente e forse non - come dice
lei - fomentare la ribellione…
R. - Sì. Bisogna evitare questo inutile e continuo
spargimento di sangue. Purtroppo la Siria ormai è diventata terreno di battaglia non
soltanto tra forze siriane, ma anche tra Paesi arabi e la comunità internazionale.
A pagarne e a farne le spese sono sempre i poveri, i piccoli e gli ultimi tra cui
anche i cristiani. Bisogna che la comunità internazionale ponga un freno a tutto questo.
D.
- Si pensa che i cristiani rimasti fuggiranno?
R. - Molti di quelli che hanno
potuto sono fuggiti, molti altri si sono spostati all’interno del Paese, perché non
hanno le risorse per abbandonare la Siria. Però è chiaro che la vita della comunità
è ormai terribilmente ferita.
D. - Quindi, l’attenzione internazionale deve
essere portata anche verso questa minoranza cristiana così in difficoltà…
R.
- Certamente. Il rapporto verso la minoranza cristiana è un po’ la cartina tornasole
per comprendere i tipi di regimi ed i tipi di società che si vanno instaurando nel
Medio Oriente.