Medio Oriente. Il presidente dell'Anp accetta le dimissioni del premier Hamdallah
Il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, ha accettato ieri le dimissioni
del primo ministro Rami Hamdallah, nominato solo tre settimane fa. Nonostante le pressioni
fatte per farlo recedere dalla sua decisione, quest’ultimo ha confermato l’irrevocabilità
della stessa. Alla base delle dimissioni vi sarebbero divergenze sulle garanzie di
manovra dell’esecutivo richieste da Hamdallah. Su questo aspetto Giancarlo La Vella
ha intervistato Janiki Cingoli, direttore del Cipmo, Centro Italiano per la
Pace in Medio Oriente:
R. – Lui non
si è sentito in grado di fare il primo ministro, anche perché le deleghe date a due
vice primi ministri sono deleghe molto estese. Lui ha percepito che restringessero
troppo il suo ruolo di capo del governo. In particolare, c’è questo vicepresidente
e consigliere economico di Abu Mazen, Mohammad Mustafa, che doveva essere primo ministro
e che ha elaborato un piano economico, che ha in larga misura ispirato le proposte
economiche di Kerry, l’inviato speciale degli Stati Uniti.
D. – Queste dimissioni
rappresentano un ostacolo in più per il tentativo di mediazione degli Stati Uniti,
attraverso Kerry...
R. – Non attribuirei eccessiva importanza. L’interlocutore
degli Stati Uniti è Abu Mazen. Non credo che si faranno carte false da parte degli
Stati Uniti e della comunità internazionale su chi sia il premier. Kerry questa settimana
dovrebbe tornare per la quinta missione e occorre capire se si riuscirà a portare
le parti al tavolo negoziale, ma soprattutto, il grande problema è cosa succederà
il giorno dopo l’inizio del negoziato. Abbiamo, infatti, sperimentato nel 2010 che
è possibile riprendere il negoziato, ma dobbiamo vedere se ci saranno poi i termini
per negoziare.