Proteste in Brasile. La presidente Rousseff: “Si alle riforme, no alla violenza”
Ieri in Brasile vertice d’emergenza di governo presieduto dalla presidente Dilma Rousseff
per fare il punto sulle violente proteste antigovernative dei giorni scorsi. Intanto
per oggi si teme la ripresa delle dimostrazioni, soprattutto in occasione della partita
della Confederation Cup tra Brasile e Italia, che si giocherà a Salvador de Bahia.
Dopo il vertice, il capo dello Stato ha parlato alla Nazione a reti televisive unificate.
Francesca Ambrogetti:
Trasparenza
nella lotta contro la corruzione; un sistema politico più vicino alla società; piano
in tre punti per migliorare i servizi pubblici: questi alcuni degli annunci di Dilma
Roussef. Ieri, gli organizzatori della dimostrazione hanno deciso di sospenderla e
si sono verificati solo incidenti isolati, ma la tensione è sempre alta. Dilma Roussef
ha parlato dopo un vertice sulla sicurezza con vari ministri: ha detto di essere disposta
al dialogo con tutti e ad ascoltare la voce della strada, ma non a tollerare le violenze
di una minoranza. “La mia generazione ha lottato per conquistare la democrazia – ha
detto – ma il sistema non può prescindere dai partiti politici”. La presidente ha
confermato che la Coppa del Mondo si terrà l’anno prossimo e sarà un grande Mondiale,
senza togliere fondi a Sanità ed Educazione, uno dei motivi della protesta.
Le
spese sostenute dal governo brasiliano per la Confederations Cup e i Mondiali del
2014, insieme alla denuncia di sprechi e alla richiesta di maggiori diritti, sono
le motivazioni delle proteste in Brasile. Luca Collodi ha intervistato Riccardo
Moro, economista, esperto dei Paesi emergenti:
R. – Devo
dire che, con una lettura forse un po’ superficiale, sembra difficile che delle ragioni
di questo tipo possano spiegare una mobilitazione popolare di questa dimensione e
che si è, in parte, anche tradotta in manifestazioni di violenza. Certamente, da parte
di una minoranza dei manifestanti, ma non sono mancate neanche queste… Inoltre, la
decisione dell’aumento del prezzo dei mezzi di trasporto da diversi giorni è già stata
ritirata: il governo e il presidente, Dilma Rousseff, hanno annunciato che l’aumento
non verrà imposto. Per cui, in teoria, una delle due ragioni maggiori del contendere,
delle manifestazioni è ormai superata. Credo ci siano forse delle questioni un po’
più profonde, fondamentalmente due. Da una parte, una difficoltà in qualche modo nell’accettare
la globalizzazione: il Brasile è un Paese che, in questi anni, ha rappresentato un
percorso interessante di lotta alla povertà e di entrata nelle dinamiche internazionali
– quelle che appunto chiamiamo della globalizzazione – sia migliorando la propria
condizione economica e quindi giocando un ruolo economico più importante, sia giocando
un ruolo politico più importante. Queste proteste farebbero pensare che questo consenso
intorno al nuovo ruolo del Brasile sia in realtà relativo. Dall’altra parte, una riflessione
che può nascere è quella che anche questo percorso – al di là del consenso sul processo
internazionale – proprio il processo di miglioramento delle condizioni di vita del
Paese - sia un processo, in questo momento, non condiviso. Direi che questo fenomeno
potrebbe essere il segno di un disagio popolare, soprattutto di una voglia di contare
che però non sa come esprimersi e come determinarsi. In sostanza, forse dietro questo
c’è anche una fatica della democrazia o della democrazia che abbiamo oggi: le forme
di democrazia partecipative, in qualche modo, sembrano inadeguate a guidare i processi
ed è certamente vero. Quanto un cittadino oggi ha la consapevolezza di incidere sui
processi decisionali del proprio Paese o su quelli internazionali?
D. – Una
rivolta popolare contro una mancanza di democrazia, contro la globalizzazione e contro
il potere di pochi, che viene esercitato spesso attraverso la finanza?
R. –
Questo potrebbe essere, anche se in qualche modo forse nemmeno con una consapevolezza
piena. Però forse un elemento comune, tra fenomeni analoghi che si sono determinati
anche in altre parti del pianeta, potrebbe essere esattamente questo. Certamente un
ulteriore elemento è il fatto che il disagio sociale, in Brasile, è comunque consistente:
la povertà è molto consistente, la questione dei trasporti è una questione fondamentale
per una parte largamente maggioritaria della popolazione, che è la parte più povera.
A volte poi, oltretutto, i trasporti e anche i trasporti privati sono gestiti da gruppi
di poteri, che sono di fatto mafie molto potenti.