Il commento al Vangelo della 12.ma Domenica del tempo ordinario
Nella 12.ma Domenica “per annum”, il Vangelo presenta il brano di Luca nel quale Gesù
chiede ai discepoli anzitutto chi Egli sia secondo l'opinione della gente e poi anche
secondo la loro stessa opinione. Una domanda alla quale Pietro risponde con chiarezza:
"Tu
sei il Cristo di Dio".
Su questo brano evangelico, ascoltiamo una breve
riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano
missionario “Redemptoris Mater” di Roma:
La fede cristiana
è fondamentalmente un incontro personale con Gesù di Nazareth. La domanda che nel
Vangelo di oggi Gesù pone ai suoi discepoli diviene importante per ognuno di noi:
“Voi, chi dite che io sia?”. Chi è Gesù Cristo per me? A Pietro che lo confessa: “Il
Cristo di Dio”, Gesù chiarisce in cosa consista questa “consacrazione”, questo “essere
tutto per Dio”, che traduce letteralmente il termine “Messia”, “Cristo”: “Il Figlio
dell’uomo – dice – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei
sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno”, parole che aprono
un duplice scenario, difficile da immaginare per gli apostoli, ma anche per noi: deve
soffrire molto e risorgere al terzo giorno.
Cosa significa questo? Seguirlo
non conduce a nessun successo umano: non c’è posto per lui né tra gli anziani, né
tra i capi. Per questo: “Se qualcuno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso,
prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”. Ma questa croce – e lo si deve comprendere
molto bene – è solo dono di Dio all’uomo, dono dell’uomo a Dio e ai fratelli. E se
c’è una sofferenza in essa, se c’è un sacrificio, questo è sacrificio d’amore: la
croce non ci è data perché dobbiamo soffrire, ma perché è la scala che ci porta alla
vita. La croce resta sì la nostra quotidiana compagna di viaggio, ma viene resa gloriosa
dall’amore, diviene la nostra quotidiana via al Cielo, non inteso come “paradiso illusorio”,
ma come gioioso incontro con l’altro, dove l’altro non è l’inferno (Sartre), ma Cristo,
Cristo che io amo e che mi ama. A cui ci si dona.