2013-06-18 12:18:21

Il Papa alla diocesi di Roma: portate Gesù con coraggio, pazienza e gioia


Un invito ad essere testimoni coraggiosi e pazienti del Vangelo in una città in cui molti vivono senza la speranza che viene da Cristo. E’ quello che Papa Francesco ha rivolto lunedì sera, nella sua catechesi, alla diocesi di Roma che ha aperto la tre giorni del suo Convegno ecclesiale sul tema “Cristo, tu ci sei necessario!- La responsabilità dei battezzati nell’annuncio di Gesù Cristo". Migliaia i fedeli dentro e fuori l’Aula Paolo VI, che il Pontefice ha salutato affettuosamente al suo arrivo. Ad accoglierlo un commosso cardinale vicario, Agostino Vallini, che gli ha assicurato: "Padre Santo, noi vogliamo essere con Lei". Il servizio di Gabriella Ceraso:RealAudioMP3

Un interminabile applauso, le voci e l’orchestra della diocesi di Roma e poi un suggestivo gioco di luci: così l’Aula Paolo VI accoglie un sorridente Papa Francesco che subito fa della sua catechesi un dialogo tra Vescovo e popolo, appassionato e coinvolgente, sulle orme di San Paolo. Da battezzati “non siete più sotto la legge ma sotto la grazia”: le parole dell’Apostolo sono lo spunto per spiegare modi e mezzi dell’evangelizzazione a partire dalla grazia, che è quella che il Padre ci dà attraverso Gesù Cristo morto e risorto, che ci ha amati, salvati e perdonati. La grazia è dunque un orizzonte di gioia, è la libertà dei figli di Dio: accoglierla ci trasforma la vita facendoci da peccatori, santi, come accaduto a San Paolo. Ci cambia il cuore rendendolo capace di amare:

"E, diceva il profeta Ezechiele, che da un cuore di pietra lo cambia in un cuore di carne. Cosa vuol dire, questo? Un cuore che ama, un cuore che soffre, un cuore che gioisce con gli altri, un cuore colmo di tenerezza per chi, portando impresse le ferite della vita, si sente alla periferia della società. L’amore è la più grande forza di trasformazione della realtà, perché abbatte i muri dell’egoismo e colma i fossati che ci tengono lontani gli uni dagli altri. E questo è l’amore che viene da un cuore mutato, da un cuore di pietra che è trasformato in un cuore di carne, un cuore umano. E questo lo fa la grazia, la grazia di Gesù Cristo che noi tutti abbiamo ricevuto".

La grazia non si compra e non si vende, è dono gratuito: prendiamola e gratuitamente, doniamola ai fratelli. Quindi, il riferimento del Pontefice va alla realtà romana e ai tanti, specie i giovani, che cercano inutilmente la speranza da una società che però non può darla e spesso, come soluzione, trovano il suicidio:

"In mezzo a tanti dolori, a tanti problemi che ci sono qui, a Roma, c’è gente che vive senza speranza. Ciascuno di noi può pensare, in silenzio, alle persone che vivono senza speranza e sono immerse in una profonda tristezza da cui cercano di uscire credendo di trovare la felicità nell’alcol, nella droga, nel gioco d’azzardo, nel potere del denaro, nella sessualità senza regole… Ma si ritrovano ancora più delusi e talvolta sfogano la loro rabbia verso la vita con comportamenti violenti e indegni dell’uomo. Quante persone tristi, quante persone tristi, senza speranza!

La speranza è come la grazia, non si può comprare, è un dono di Dio. Da qui, indica Papa Francesco, il compito dei cristiani:

"Noi dobbiamo offrire la speranza cristiana con la nostra testimonianza, con la nostra libertà, con la nostra gioia. Il regalo che ci da Dio della grazia, porta la speranza. Noi, che abbiamo la gioia di accorgerci che non siamo orfani, che abbiamo un Padre, possiamo essere indifferenti verso questa città che ci chiede, forse anche inconsapevolmente, senza saperlo, una speranza che l’aiuti a guardare il futuro con maggiore fiducia e serenità? Noi non possiamo essere indifferenti".

E come possiamo offrire la speranza? Chiede nuovamente il Papa ai fedeli in un dialogo sempre più intenso. Con il sorriso, ma soprattutto con la testimonianza, senza la quale, dice il Pontefice, la "Parola è aria". Il primo annuncio del Vangelo è destinato ai poveri, ma il messaggio di Gesù è per tutti:

"Questo di andare verso i poveri non significa che noi dobbiamo diventare pauperisti, o una sorta di 'barboni spirituali'! No, no, non significa questo! Significa che dobbiamo andare verso la carne di Gesù che soffre, ma anche soffre la carne di Gesù di quelli che non lo conoscono con il loro studio, con la loro intelligenza, con la loro cultura. Dobbiamo andare là! Perciò, a me piace usare l’espressione 'andare verso le periferie', le periferie esistenziali. Tutti, tutti quelli, dalla povertà fisica e reale alla povertà intellettuale, che è reale, pure. Tutte le periferie, tutti gli incroci dei cammini: andare là. E là, seminare il seme del Vangelo, con la parola e con la testimonianza".

Il Pontefice riflette ancora sulla testimonianza: testimoniare, dice, richiede coraggio e pazienza, le due virtù di San Paolo che portano il cristiano "avanti", verso tutti. “Quando una comunità è chiusa”, sottolinea Papa Francesco, è sterile e non dà vita:

"Ma cosa dobbiamo fare con il coraggio e con la pazienza? Uscire da noi stessi: uscire da noi stessi. Uscire dalle nostre comunità per andare lì dove gli uomini e le donne vivono, lavorano e soffrono e annunciare loro la misericordia del Padre che si è fatta conoscere agli uomini in Gesù Cristo di Nazareth. Annunciare questa grazia che ci è stata regalata da Gesù".

Dunque, questo il compito anche della diocesi Di Roma. Ma c’è un altro ostacolo, aggiunge il Papa in chiusura, che si può opporre a lavoro non facile di evangelizzare: è la delusione, è la tristezza che il diavolo "instilla in noi quando non vediamo ricompensato subito il nostro impegno apostolico". Questa è una “lotta spirituale” a cui occorre prepararsi:

"Questo si chiama – non vi spaventate – si chiama martirio: il martirio è questo. Fare la lotta, tutti i giorni, per testimoniare. Questo è martirio. E ad alcuni il Signore chiede il martirio della vita. Ma c’è il martirio di tutti i giorni, di tutte le ore: la testimonianza contro lo spirito del male che non vuole che noi siamo evangelizzatori".

Ma il messaggio finale resta sempre quello della gioia, che deriva dalla grazia dell’essere cristiani:

"Cari, cari fratelli e sorelle: non abbiamo paura! Andiamo avanti per dire ai nostri fratelli e alle nostre sorelle che noi siamo sotto la grazia, che Gesù ci da la grazia e quello non costa niente: soltanto, riceverla. Avanti!".

Ultimo aggiornamento: 19 giugno







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