2013-06-17 14:08:20

Restaurata la Via Crucis della cattedrale di Recanati dipinta da Biagio Biagetti


Finalmente restaurata la "Via Crucis" della cattedrale di San Flaviano a Recanati, realizzata dal pittore Biagio Biagetti nella prima metà del XX secolo. Un tributo dovuto a un grande protagonista dell'arte sacra del Novecento, ex direttore dei Musei Vaticani e fondatore del Laboratorio Vaticano per il Restauro delle pitture. La restituzione delle 14 stazioni costituisce l’ultima tappa del percorso di riqualificazione del Duomo della città marchigiana, dopo il sisma della fine degli anni Novanta. Il servizio è di Paolo Ondarza:RealAudioMP3

Ritrovata l’originaria brillantezza cromatica, grazie ad un accurato e rispettoso intervento di restauro, la Via Crucis di Biagetti torna a rivelare quella Bellezza, con la B maiuscola perché riflesso della Verità del Vangelo, al servizio del quale si pose sempre il pittore marchigiano, ex direttore dei Musei Vaticani e fondatore del Laboratorio Vaticano per il Restauro delle pitture. Le 14 tavole lignee, dipinte a tempera sono in realtà i bozzetti dell’opera a mosaico che l’artista realizzò a Roma per la Basilica di Santa Croce a Ponte Milvio. Lo ricorda la figlia, Fiorella Biagetti, che negli ultimi 15 anni si è impegnata affinchè questi piccoli capolavori, imballati dopo il sisma del 1997, tornassero a essere esposti nella Cattedrale di Recanati:

“Quest’opera è stata realizzata per la Chiesa di Santa Croce, al quartiere Flaminio. I bozzetti sono stati dipinti da mio padre nel ’41 e, per testamento, lui li ha poi donati alla Curia, alla Chiesa di Recanati”.

Anche per questo le opere sono particolarmente amate dalla cittadinanza: nonostante la crisi un benefattore anonimo ha finanziato interamente l’intervento conservativo. Un lavoro non semplice visto che i 14 quadri presentavano pesanti attacchi di muffe e insetti xilofagi, che avevano alterato la lettura delle immagini. La restauratrice Anna Fulimeni illustra le tappe dell’’intervento:

R. – Fermare l’attacco biologico e, successivamente, pulire questo strato di pulviscolo e di sporco, creatosi nel tempo. Poi, risarcire con il colore e quindi integrare con l’utilizzo di stucco e di colle i fori creati dai tarli e ricostruire le lacune a livello pittorico, con gli stessi materiali utilizzati dall’artista.

D. – Che cosa significa riportare alla luce un capolavoro?

R. – La parte più bella di questo mestiere consiste nell’entrare a contatto diretto con l’autore dell’opera, capire quello che c’è dietro un’opera d’arte e arrivare al concetto, all’idea. Tra le altre cose, trovo molto significativa questa esperienza, perché è andata avanti per gradi: ho restaurato i bozzetti, che sono stati proprio l’inizio. Poi, sono stati fatti cartoni dall’artista stesso e da maestranze sono stati eseguiti i mosaici. Devo dire che quando mi sono recata a Roma, durante questo restauro, è stato particolarmente emozionante vedere la realizzazione definitiva, che era nata da questi bozzetti a tempera. Credo che noi restauratori abbiamo la grande opportunità, anche a differenza degli storici dell’arte, di toccare le opere ed entrarci dentro, perché con il restauro ridiamo vita alle opere.

D. – Significativo, perché Biagetti fu egli stesso un restauratore in Vaticano, fondò il laboratorio per restauro delle pitture, restaurò la Cappella Sistina e le Stanze di Raffaello, ma non solo: ha contribuito all’elaborazione delle moderne teorie di restauro...

R. – Ho avuto modo di leggere con attenzione il suo grande interesse verso le problematiche tecniche che un restauratore si trova ad affrontare, mentre esegue un restauro. Infatti, lui lavorando sul cantiere degli affreschi di Michelangelo si è preoccupato innanzitutto della muratura di questi affreschi, di come quindi era stato preparato l’intonaco e di come erano stati eseguiti. Addirittura, lui fa un discorso sulla polvere che Michelangelo studia per prevenire la formazione della polvere e lasciare un margine. Questa cosa mi ha colpito profondamente, perché ho capito attraverso questo restauro quanto lui fosse puntuale e quanto cercasse di capire l’importanza delle sostanze chimiche che esistono nell’arte. Le tecniche sono, infatti, frutto della vita, soprattutto i materiali di base acquosa, organica; come tutti i problemi che conseguono, sono problemi che avvengono con la vita delle opere. Lui, infatti, è stato un pioniere, un uomo moderno nel restauro, perché ha dato un contributo altissimo alla teoria del restauro, quindi all’approccio critico, che bisogna avere quando ci si confronta con un’opera d’arte.

Tornando al loro posto le stazioni della Via Crucis, benedette dal cardinale arciprete della Basilica Vaticana, Angelo Comastri, lo scorso 14 giugno, segnano la conclusione del lungo iter di recupero della cattedrale di San Flaviano. Mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata:

“Si porta a compimento un grosso impegno di restauro di tutta la Cattedrale, che a causa del terremoto è rimasta chiusa per 15 anni. E’ stata una grande impresa riaprirla. La Via Crucis era parte integrante di questa Cattedrale, proprio perché Biagetti, da recanatese, ha voluto lasciare un segno importante”.

L’auspicio è che queste opere restaurate nell’Anno della Fede continuino, oggi come ieri, a svolgere lo scopo per il quale furono dipinte: indicare la Via pulchritudinis, ovvero parlare attraverso la bellezza della verità del Vangelo. Ancora mons. Giuliodori:

“Speriamo di poter offrire alle persone che vengono e che ammirano questo luogo un ulteriore segno di fede e di come l’arte contribuisca ad accrescere la fede. Siamo nell’Anno della Fede e quindi anche questo è un piccolo segno di come tutto contribuisca, se realizzato con spirito di amore, a far crescere la fede. Siamo dunque grati: è un atto di amore e di riconoscenza anche per Biagio Biagetti, che tanto ha fatto per la fede e per l’arte, non solo nel nostro territorio, ma anche nel contesto italiano e della Chiesa: la Chiesa universale”.







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