Restaurata la Via Crucis della cattedrale di Recanati dipinta da Biagio Biagetti
Finalmente restaurata la "Via Crucis" della cattedrale di San Flaviano a Recanati,
realizzata dal pittore Biagio Biagetti nella prima metà del XX secolo. Un tributo
dovuto a un grande protagonista dell'arte sacra del Novecento, ex direttore dei Musei
Vaticani e fondatore del Laboratorio Vaticano per il Restauro delle pitture. La restituzione
delle 14 stazioni costituisce l’ultima tappa del percorso di riqualificazione del
Duomo della città marchigiana, dopo il sisma della fine degli anni Novanta. Il servizio
è di Paolo Ondarza:
Ritrovata l’originaria
brillantezza cromatica, grazie ad un accurato e rispettoso intervento di restauro,
la Via Crucis di Biagetti torna a rivelare quella Bellezza, con la B maiuscola perché
riflesso della Verità del Vangelo, al servizio del quale si pose sempre il pittore
marchigiano, ex direttore dei Musei Vaticani e fondatore del Laboratorio Vaticano
per il Restauro delle pitture. Le 14 tavole lignee, dipinte a tempera sono in realtà
i bozzetti dell’opera a mosaico che l’artista realizzò a Roma per la Basilica di
Santa Croce a Ponte Milvio. Lo ricorda la figlia, Fiorella Biagetti, che negli
ultimi 15 anni si è impegnata affinchè questi piccoli capolavori, imballati dopo il
sisma del 1997, tornassero a essere esposti nella Cattedrale di Recanati:
“Quest’opera
è stata realizzata per la Chiesa di Santa Croce, al quartiere Flaminio. I bozzetti
sono stati dipinti da mio padre nel ’41 e, per testamento, lui li ha poi donati alla
Curia, alla Chiesa di Recanati”.
Anche per questo le opere sono particolarmente
amate dalla cittadinanza: nonostante la crisi un benefattore anonimo ha finanziato
interamente l’intervento conservativo. Un lavoro non semplice visto che i 14 quadri
presentavano pesanti attacchi di muffe e insetti xilofagi, che avevano alterato la
lettura delle immagini. La restauratrice Anna Fulimeni illustra le tappe dell’’intervento:
R.
– Fermare l’attacco biologico e, successivamente, pulire questo strato di pulviscolo
e di sporco, creatosi nel tempo. Poi, risarcire con il colore e quindi integrare con
l’utilizzo di stucco e di colle i fori creati dai tarli e ricostruire le lacune a
livello pittorico, con gli stessi materiali utilizzati dall’artista.
D. – Che
cosa significa riportare alla luce un capolavoro?
R. – La parte più bella di
questo mestiere consiste nell’entrare a contatto diretto con l’autore dell’opera,
capire quello che c’è dietro un’opera d’arte e arrivare al concetto, all’idea. Tra
le altre cose, trovo molto significativa questa esperienza, perché è andata avanti
per gradi: ho restaurato i bozzetti, che sono stati proprio l’inizio. Poi, sono stati
fatti cartoni dall’artista stesso e da maestranze sono stati eseguiti i mosaici. Devo
dire che quando mi sono recata a Roma, durante questo restauro, è stato particolarmente
emozionante vedere la realizzazione definitiva, che era nata da questi bozzetti a
tempera. Credo che noi restauratori abbiamo la grande opportunità, anche a differenza
degli storici dell’arte, di toccare le opere ed entrarci dentro, perché con il restauro
ridiamo vita alle opere.
D. – Significativo, perché Biagetti fu egli stesso
un restauratore in Vaticano, fondò il laboratorio per restauro delle pitture, restaurò
la Cappella Sistina e le Stanze di Raffaello, ma non solo: ha contribuito all’elaborazione
delle moderne teorie di restauro...
R. – Ho avuto modo di leggere con attenzione
il suo grande interesse verso le problematiche tecniche che un restauratore si trova
ad affrontare, mentre esegue un restauro. Infatti, lui lavorando sul cantiere degli
affreschi di Michelangelo si è preoccupato innanzitutto della muratura di questi affreschi,
di come quindi era stato preparato l’intonaco e di come erano stati eseguiti. Addirittura,
lui fa un discorso sulla polvere che Michelangelo studia per prevenire la formazione
della polvere e lasciare un margine. Questa cosa mi ha colpito profondamente, perché
ho capito attraverso questo restauro quanto lui fosse puntuale e quanto cercasse di
capire l’importanza delle sostanze chimiche che esistono nell’arte. Le tecniche sono,
infatti, frutto della vita, soprattutto i materiali di base acquosa, organica; come
tutti i problemi che conseguono, sono problemi che avvengono con la vita delle opere.
Lui, infatti, è stato un pioniere, un uomo moderno nel restauro, perché ha dato un
contributo altissimo alla teoria del restauro, quindi all’approccio critico, che bisogna
avere quando ci si confronta con un’opera d’arte.
Tornando al loro posto le
stazioni della Via Crucis, benedette dal cardinale arciprete della Basilica Vaticana,
Angelo Comastri, lo scorso 14 giugno, segnano la conclusione del lungo iter di recupero
della cattedrale di San Flaviano. Mons.Claudio Giuliodori, vescovo
di Macerata:
“Si porta a compimento un grosso impegno di restauro di tutta
la Cattedrale, che a causa del terremoto è rimasta chiusa per 15 anni. E’ stata una
grande impresa riaprirla. La Via Crucis era parte integrante di questa Cattedrale,
proprio perché Biagetti, da recanatese, ha voluto lasciare un segno importante”.
L’auspicio
è che queste opere restaurate nell’Anno della Fede continuino, oggi come ieri, a svolgere
lo scopo per il quale furono dipinte: indicare la Via pulchritudinis, ovvero
parlare attraverso la bellezza della verità del Vangelo. Ancora mons. Giuliodori:
“Speriamo
di poter offrire alle persone che vengono e che ammirano questo luogo un ulteriore
segno di fede e di come l’arte contribuisca ad accrescere la fede. Siamo nell’Anno
della Fede e quindi anche questo è un piccolo segno di come tutto contribuisca, se
realizzato con spirito di amore, a far crescere la fede. Siamo dunque grati: è un
atto di amore e di riconoscenza anche per Biagio Biagetti, che tanto ha fatto per
la fede e per l’arte, non solo nel nostro territorio, ma anche nel contesto italiano
e della Chiesa: la Chiesa universale”.