Convegno alla Gregoriana sui migranti: il Mediterraneo torni ad essere spazio di dialogo
Il Mediterraneo torni ad essere, come in passato, un luogo di dialogo e non una barriera
tra i popoli che abitano lungo le sue coste. È uno degli auspici emersi dal colloquio
su rifugiati e migrazioni promosso, giovedì, dal centro Astalli, presso la Pontificia
Università Gregoriana e intitolato “Il mare unisce, la terra non divida”. Ce ne parla
Davide Maggiore:
Le storie dei
migranti che attraversano il Mediterraneo interpellano ognuno di noi, ci invitano
ad andare oltre l’ottica dell’emergenza e a guardare le necessità umane di chi approda
sulle coste europee. La dignità fondamentale di queste persone, infatti, viene spesso
negata, come ha ricordato di recente anche Papa Francesco, definendo la tratta degli
esseri umani “la schiavitù più estesa” del ventunesimo secolo. Ascoltiamo sul tema
il ministro italiano dell’integrazione, Cécile Kyenge:
“Per quanto
riguarda la tratta, attraverso la società civile, attraverso il contributo di ogni
persona, bisogna cercare di includere le persone, di dare la possibilità ad ognuna
di loro di cominciare un percorso di integrazione. La cosa che non va mai dimenticata
è la speranza. Molte volte una persona che arriva sul territorio ha perso la speranza:
è alla ricerca di un modo di vivere, di una nuova convivenza, ha bisogno di aiuto
e difficilmente riesce ad esprimerlo. E quando non riesce ad esprimerlo, per la disperazione,
finisce tante volte nelle mani sbagliate. Noi dobbiamo riuscire a dare la speranza
alle persone”.
In questo contesto, i cristiani, “devono essere promotori
di una vera e propria cultura dell’accoglienza” come spiega padre Miguel Ángel
Ayuso Guixot, segretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso:
“L’accoglienza
è essenziale, perché attraverso di essa noi possiamo manifestare il rispetto della
comune natura umana, il senso della fraternità e anche l’esigenza della solidarietà.
Questo mi fa ricordare Papa Paolo VI, quando disse che la mancanza di fraternità tra
gli uomini e tra i popoli è causa profonda di sottosviluppo”.
Nell’elaborare
“una cultura che permetta a tutti di vivere nella cordialità e nella sicurezza”, ha
notato ancora padre Ayuso, può giocare un ruolo fondamentale un dialogo interreligioso
che coinvolga i migranti:
“Il dialogo tra credenti è essenziale ed è compito
di ogni cristiano. Attraverso il dialogo, si possono aiutare queste persone ad inserirsi
nel tessuto sociale e culturale del Paese che li ospita, accettandone ovviamente le
leggi civili. Il dialogo, però, deve essere un dialogo sincero, nel quale si evitino
ogni tipo di fraintendimento e confusione”.
Il dialogo, prosegue padre
Ayuso:
“… deve essere centrato su quei valori comuni, che ci uniscono, cercando,
a partire dalle nostre differenze religiose, di mettere al centro l’essere umano fatto
ad immagine e somiglianza di Dio, perché tutti portiamo in noi l’alito vitale di Dio.
Ogni vita umana – come ci dice la Bibbia – sta sotto la particolare protezione di
Dio. Questa è la ragione più profonda dell’inviolabilità della dignità umana contro
ogni tentazione di valutare la persona secondo altri criteri”.