Turchia: bulldozer in azione al Gezi Park di Istanbul
Ancora alta tensione in Turchia. Centinaia di manifestanti ancora occupano Gezi Park
ad Istanbul. Fonti locali hanno comunque reso noto che è previsto un incontro tra
alcuni rappresentanti del gruppo “Solidarieta' con Taksim” e il premier Erdogan. Nel
pomeriggio, la forte presenza in zona di blindati e ruspe della polizia ha fatto temere
un attacco. Intanto il primo ministro Erdogan ha respinto, stamani, le critiche rivolte
al suo governo per l'uso ''sproporzionato ed eccessivo della forza'', contenute in
una risoluzione votata oggi dall'Europarlamento. Un precipitare che arriva dopo l’incontro,
ieri, tra Erdogan ed una delegazione della società civile conclusosi con l’ipotesi
di un referendum, proposto dall’esecutivo, sul progetto di sviluppo di Gezi Park.
Fausta Speranza ne ha parlato con Federico De Renzi, analista politico:
R. - Per
quanto riguarda il referendum è molto probabile che si faccia, per quanto gli artisti,
gli intellettuali e gli accademici convocati da Erdogan ieri pomeriggio non siano
stati consultati su questo. Il fatto di fare un referendum sul parco di Gezi Park
non risolverà alcuni problemi essenzialmente rappresentati da politiche non condivise
portate avanti dalla Akp ed in particolar modo dal primo ministro Erdogan e soprattutto
le dure politiche attuate in questi giorni verso le contestazioni, scoppiate inizialmente
ad Istanbul e poi diffusesi in gran parte delle principali città turche, come Smirne,
Ankara…
D. – Una protesta che è diventata “movimento anti Erdogan”, ma fino
a che punto è contro il partito? Il vertice dell'AKP risulta diviso: c’è la componente
moderata, quella “dialogante”, che fa capo al presidente Gul…
R. – Il presidente
Gul e lo stesso vice primo ministro Bülent Arinç si sono detti più concilianti, hanno
cercato comunque di aprire al dialogo e lo stesso presidente della Repubblica Gul
ha affermato che la Turchia risolverà i suoi problemi attraverso la democrazia, anche
eventualmente attraverso una consultazione popolare ma poi ha affermato di non ritenere
necessario fare un vertice dei leader politici per risolvere la questione. Sicuramente
c’è una spaccatura, sicuramente a livello di vertice ci sono due linee che non sono
in realtà poi contrastanti: è solo una questione di metodo, secondo me.
D.
– Non sono contrastanti sulle politiche, per esempio sulla restrizione sull’alcool
o altro ma lo sono soltanto sulle modalità di approccio alla protesta?
R. –
Sembra di sì. Per quanto il partito dell’Akp sia tutt’altro che monolitico, ci sono
comunque diversi punti di vista interni: non è un partito islamico inteso come partito
religioso, ma è un partito di ispirazione religiosa; dentro c’è veramente di tutto.
Ci sono sicuramente delle politiche condivise per avere il consenso che ha - pari
al 50% della popolazione turca - vuol dire che comunque ha delle politiche condivise
da portare avanti.
D. – Erdogan è premier dal 2003 e da allora l’economia va
bene. Quindi, in genere viene appoggiato un governo quando l’economia cresce…
R.
– Esattamente. Questa è la forza dell’Akp: quella di aver portato la Turchia alla
ribalta sulla scena internazionale, da un punto di vista squisitamente economico -
cioè con una crescita che è stata nel 2011 del 7,9% del Pil - ma anche da un punto
di vista di visibilità: nelle relazioni internazionali, nelle relazioni con l’Unione
Europea dalla quale si sta lentamente dissociando, ma soprattutto nelle politiche
regionali, macro regionali. Non ultimo va considerato il peso che ha la Turchia nella
questione siriana, tra l’altro questo da prima dello scoppio della guerra civile:
già nel 2010 infatti era un attore importante, per non parlare dell’Africa, o di altri
quadranti in cui la Turchia sta diventando sempre più importante. Tutto questo ovviamente
può essere scosso ora dalle questioni di politiche interne che hanno a che fare con
le relazioni internazionali, chiamiamola politica estera “tout court”. Tutto può essere
rallentato, o essere trasformato da quanto sta avvenendo in questi giorni, in queste
due settimane. Però, bene o male, alla base elettorale dell’AKP il consenso è ancora
diffuso ed ancora solido.