Siria. Vescovo di Aleppo: la brutale uccisione di un bambino mostra il pericolo jihadista
L'uccisione in pubblico di Muhammad al- Qatta, il giovane venditore di caffè brutalmente
assassinato lo scorso 9 giugno da un gruppo di jihadisti di Aleppo con la presunta
accusa di aver insultato Maometto, "è un fatto terribile che ha scioccato tutta la
popolazione della città, musulmani e cristiani, che non vogliono uno Stato islamico
in Siria". È quanto afferma all'agenzia AsiaNews mons. Jean Clement Jeanbart, arcivescovo
melchita di Aleppo. Il prelato sottolinea che questo atto è l'ennesimo esempio della
brutalità di alcuni gruppi di miliziani stranieri che combattono in Siria. "I cristiani
- continua - sono terrorizzati da queste milizie e temono che in caso di una loro
vittoria essi non potranno più professare la loro religione e saranno costretti ad
abbandonare il Paese". Secondo mons. Jeanbart inviare altre armi nel Paese rischia
di fomentare ancora di più questi casi di violenza. Denunciato dall'Osservatorio
siriano per i diritti umani, organismo gestito dai ribelli in esilio, il caso di Muhammad
al-Qatta ha fatto il giro del mondo. Il fatto è avvenuto lo scorso 9 giugno in uno
dei quartieri della città controllati dai ribelli islamici. Il giovane stava lavorando
nel suo chiosco, quando due uomini si sono avvicinati a lui pretendendo una tazza
di caffè gratis. Il ragazzo avrebbe protestato, sostenendo che "anche Maometto in
persona avrebbe fatto il buon gesto di pagare". Urtati dalla risposta i due guerriglieri
hanno preso il piccolo Mohammed e dopo averlo picchiato lo hanno portato in piazza
raccogliendo falsi testimoni che assicuravano che il ragazzo aveva insultato il profeta
e l'Islam. Dopo la lettura della sentenza, l'adolescente è stato bendato e ucciso
con due colpi alla nuca e alla schiena, davanti ai genitori e a una folla di oltre
cento persone, costrette ad assistere all'esecuzione. La dinamica dei fatti è ancora
da confermare. In un videomandato in onda su un sito gestito dagli stessi ribelli,
una donna che dice di essere la madre di Mohammad, racconta la brutale uccisione del
figlio che con il suo lavoro aiutava la famiglia. Questa mattina il tribunale islamico
del "Califfato dell'Iraq e del levante", il nome con cui gli islamici chiamano i quartieri
di Aleppo sotto il loro dominio, ha diffuso un documento in cui respinge le accuse,
sostenendo di non aver mai autorizzato né l'esecuzione né il processo contro Muhammed
al-Qatta. Mons. Jeanbart sostiene che quella dei tribunali islamici è una piaga che
affligge la maggior parte delle aree controllate dalle milizie straniere affiliate
ad al-Qaeda, osteggiate anche dalla popolazione locale filo-ribelle, non solo dai
sostenitori di Bashar al-Assad. "Non appena giunti in città - racconta il vescovo
- i guerriglieri islamici, quasi tutti provenienti dall'estero, hanno occupato le
moschee. Ogni venerdì i loro imam lanciano messaggi di odio, invitando la popolazione
a uccidere chiunque non professi la religione del profeta Maometto. Essi utilizzano
i tribunali per formulare le accuse di blasfemia. Chi è contrario al loro pensiero
paga con la vita". Il prelato invita tutti i cattolici a pregare per la Siria: "Rivolgiamoci
a Dio per chiedere la fine del conflitto e delle violenze e la riconciliazione del
nostro popolo". (R.P.)