Il card. Tauran nel Regno Unito. Mons. Mc Donald: rafforziamo dialogo con l'islam
Affermare e rafforzare le buone relazioni interreligiose come presupposto per la pace:
questo l’obiettivo della visita nel Regno Unito del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente
del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, che è iniziata ieri. Alla
vigilia del suo incontro con il porporato, l’arcivescovo Kevin Mc Donald, responsabile
per il Dialogo interreligioso per l'episcopato di Inghilterra e Galles, al microfono
della collega del programma inglese, Philippa Hitchen, ha sottolineato come
questa visita avvenga in un momento particolarmente teso per i rapporti tra le religioni
nel Paese, in seguito all’uccisione di un soldato britannico:
R. – Yes, it
certainly does... Sì, sicuramente. Infatti, sono stato a Woolwich due settimane
dopo quella tragedia. Ci hanno chiesto di venire in moschea, dove siamo andati alla
fine della preghiera del venerdì. Abbiamo incontrato i fedeli con i quali ci siamo
riuniti in una stanza all’interno della moschea. Poi, siamo andati tutti insieme nel
luogo dove Lee Rigby è stato ucciso e vi abbiamo deposto una corona sulla quale c’era
una sola parola: “pace”. È importante raccontare questo adesso, perché questo fatto
avvenuto proprio poche settimane prima della visita del cardinale ha sollecitato un
grande incontro di leader di differenti confessioni. Ne è risultato un forte bisogno,
da parte dei leader religiosi, di essere uniti in solidarietà, nel rifiuto della violenza
e nel loro impegno per la pace. E ho pensato: com’è strano che un evento così terribile
abbia creato una cornice, un contesto all’evento interreligioso che avrà luogo, quando
arriverà il cardinale Tauran.
D. – Lei descrive l’impegno interreligioso
come un qualcosa di cruciale e caratteristico nel cattolicesimo contemporaneo. Eppure,
come lei ha detto, qualche volta ci vuole una tragedia o una situazione di emergenza
per vedere in effetti i frutti di questo lavoro...
R. – I think that’s true... Penso
sia vero. Penso che quando ci si trovi di fronte a un evento come questo, allora le
persone comprendono di avere bisogno di stare insieme. La difficoltà credo stia nel
fatto che quando la memoria della tragedia viene meno, le persone tornano al loro
modo di pensare. Quello che spero, e quello che penso che la visita del cardinale
potrà contribuire a fare, è – se vogliamo – un diverso tipo di rapporto tra le religioni
in questo Paese, in cui lo spirito dell’amicizia, della solidarietà e della causa
comune non siano soltanto una sorta di manifestazione di cortesia, ma diventino in
effetti una nuova cultura. È proprio di questo che abbiamo bisogno: ancora cerchiamo
di capire come le diverse religioni possano coesistere nella società occidentale secolarizzata.
Eventi come questo ci danno uno spunto, ma noi dobbiamo ancora afferrare questa opportunità
e risponderle, se vogliamo veramente che le cose vadano avanti.
D. – In questo
momento in cui la Chiesa cattolica è tutta concentrata sull’evangelizzazione, come
si può conciliare questa missione con l’aspetto cruciale del dialogo interconfessionale?
R.
– I think the two go hand in hand… Penso che le due cose vadano di pari passo.
Ho lavorato a Roma per otto anni, quando c’era Papa Giovanni Paolo II. Guardando il
suo straordinario ministero, una sua caratteristica notevole è stata la grande, imponente
campagna di evangelizzazione. Era pienamente impegnato nel dialogo interreligioso.
Dal suo ministero e dalla sua comprensione della natura e identità della Chiesa cattolica,
traspariva come i due aspetti siano indissolubilmente collegati. Rappresentano modi
di aprirsi all’altro, ma in entrambi i casi la Chiesa deve, sì, dire la verità per
proclamare il Vangelo, ma deve anche ascoltare l’opera dello Spirito Santo, che viene
dal prossimo. Quindi, non penso che i due aspetti siano in conflitto. Ritengo che
la grande lezione di Papa Giovanni Paolo II sia stata nell’indissolubile legame tra
i due aspetti, e credo dobbiamo continuare a imparare da questa lezione.