Brasile: in aumento la violenza contro i popoli indigeni
Aumenta il numero degli indigeni assassinati in Brasile, in larga parte perché difendono
le loro terre ancestrali e la sopravvivenza delle loro comunità, aumenta costantemente
ormai dal 2002. Secondo quanto riferisce l’agenzia Misna, questa è la denuncia del
Consiglio Indigenista Missionario (Cimi), organismo della Chiesa cattolica che documenta
le violazioni di cui continuano ad essere vittime i nativi nella settima potenza economica
mondiale. Secondo i dati del Cimi, fra il 2000 e il 2010 si sono contati 452 indigeni
uccisi; fra il 1995 e il 2002 erano stati 167. Un netto aumento dovuto, a detta dell’organismo,
all’annoso ritardo del governo nel demarcare, ovvero delimitare e assegnare ufficialmente,
i territori dei popoli autoctoni. La denuncia giunge peraltro a ridosso delle dimissioni
della direttrice dell’agenzia federale per le questioni indigene, la Funai (Fondazione
nazionale dell’indio), Marta Maria do Amaral Azevedo, nel pieno di nuove tensioni
fra indigeni e agricoltori nella regione centro-occidentale del paese. All’inizio
della scorsa settimana, soldati della forza nazionale di elite sono stati inviati
a Sidrolandia, nello Stato del Mato Grosso do Sul, dove centinaia di indigeni del
popolo Terena hanno occupato la ‘fazenda’ (latifondo) Burití, rivendicandobe la proprietà
perché situata all’interno di un’area delimitata ben 13 anni fa come territorio indigeno
dalla stessa Funai. La Funai rischia tra l’altro di essere ancor più delegittimata
da un progetto di riforma costituzionale promosso dai ‘ruralistas’, i rappresentanti
dei grandi produttori agricoli al Congresso. (F.B.)