20.mo del Catechismo: l'Ascensione, momento in cui l'umano redento si unisce al divino
La transizione verso l'eternità, il ritorno glorioso alla casa del Padre che unisce
il divino all'umano ormai redento. Questo rappresenta per Cristo il momento dell'Ascensione.
Il Catechismo della Chiesa cattolica dedica un'ampia pagina all'episodio che chiude
la parabola terrena di Gesù. Il gesuita padre Dariusz Kowalczyk vi si sofferma
nella 30.ma puntata del ciclo di riflessione sul Catechismo, a 20 anni dalla sua pubblicazione:
La penultima
frase del Vangelo di Marco dice: “Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu
assunto in cielo e sedette alla destra di Dio” (16,19). L’Ascensione – come ci spiega
il Catechismo – segna il passaggio dalla gloria di Cristo risorto a quella di Cristo
esaltato alla destra del Padre (CCC, 660). Possiamo dire che l’ascensione è l’ultimo
episodio della vita terrena di Gesù. Esso però si compie al di là del nostro orizzonte
temporale – porta, infatti, all’eternità del Padre.
L’Ascensione è legata alla
discesa del Figlio dal cielo. “Nessuno è mai salito al cielo fuorché il Figlio dell’uomo
che è disceso dal cielo” (Gv 3,13) – afferma evangelista Giovanni. Qual'è il significato
del movimento dal cielo, e al cielo? Perché la seconda persona della Trinità scende,
umilia se stesso, a poi ritorna alla gloria che gode da sempre? E necessario notare
che in quel movimento il divino si unisce definitivamente all’umano – il Figlio non
torna al Padre da solo, ma torna con la propria umanità. Gesù, vero Dio, non cessa
di essere vero uomo. Rimane incarnato – con la natura umana glorificata.
Il
Catechismo spiega: “Lasciata alle forze naturali, l’umanità non ha accesso alla Casa
del Padre. Soltanto Cristo ha potuto aprire all’uomo questo accesso…” (n. 661). Nell'orazione
dell’ufficio delle letture della solennità dell’Ascensione leggiamo: “Signore, in
Cristo asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te”. Gesù Cristo ci
precede dunque nel Regno glorioso del Padre (cf. CCC, 666).
La formula “siede
alla destra del Padre” significa che il Figlio è perfettamente uguale al Padre nella
sua divinità, che formano la stessa, unica divinità. Il Figlio – come vero Dio e vero
uomo – intercede per noi quale unico mediatore. Possiamo sperare pertanto “di essere
un giorno eternamente con lui” (CCC, 667).