Sentimo-nos felizes quando nos elogiam - Presidente de Cabo Verde, acerca da credibilidade
do país...
oiça aqui...
No seu esforço
por dar a conhecer um pouco mais a África aos italianos, a emissão semanal "Afrofonia"
não quis deixar de aproveitar algumas passagens da ampla entrevista que o Presidente
da República de Cabo Verde, Jorge Carlos Fonseca, concedeu à Radio Vaticano por ocasião
da sua visita ao Vaticano, onde foi recebido em audiência, no passado dia 3 pelo Papa
Francisco; entrevista em que aborda várias questões: desde a Concordata que é assinada
neste dia 10 de Junho na Cidade da Praia entre a Santa Sé e Estado cabo-verdiano,
aos 50 anos da OUA/UA e a sua Diáspora, à credibilidade internacional de que goza
Cabo Verde. Ouça a emissão em italiano, vai gostar...
*** Leia
a entrevista em italiano
Sr. Presidente quali sono le linee principali del
Concordato che sarà firmato tra la Santa Sede e lo Stato di Capo Verde?
“Ho
avuto un’incontro con il Segretario di Stato, il Cardinal Bertone, in cui era presente
anche il Segretario Mamberti e abbiamo parlato di questo accordo – il Concordato.
Il Concordato, in fondo, è uno accordo tra Capo Verde e la Santa Sede e definisce
lo statuto giuridico della Chiesa cattolica a Capo Verde. C’era un Concordato
degli anni 40 del secolo scorso, firmata con lo Stato portoghese. Questo accordo è
ora attualizzato, per il fatto che siamo oggi uno Stato indipendente, uno Stato di
Diritto ed una Democrazia. Se potessidefinire in poche parole le linee principali
di questo accordo direi che contempla, per esempio, l’efficacia civile delle sentenze
ecclesiastiche sul matrimonio, si riferisce anche al cosiddetto matrimonio “rato non
consumato”, prevede regole chiare sull’introduzione dell’insegnamento della religione
e della morale cattoliche nelle scuole, insomma tutto ciò che riguarda le relazioni
tra la Santa Sede e Capo Verde dal punto di vista delle azioni quotidiani della Chiesa
nelle isole. Come le dicevo noi siamo uno Stato indipendente, di Diritto basato
sulla Costituzione della Repubblica e quindi tutte le questione del Concordato devono
collocarsi nell’ambito del rispetto dei valori della Costituzione di Capo Verde. Uno
esempio: siamo cattolici, ma la questione dell’insegnamento della religione deve iscriversi,
diciamo, nell’ambito dei valori e del diritto costituzionale vigenti a Capo Verde
e ci deve essere l’accettazione della persona: non si può imporre l’insegnamento a
chi non lo vuole. E’ solo un piccolo esempio per dare l’idea che trattandosi di uno
accordo internazionale, nel nostro sistema giuridico, salvo alcuni casi, si situa
nell’ambito della nostra Costituzione della Repubblica.
Dicevamo che Capo
Verde è un Paese di tradizione cattolica. Ma negli ultimi anni c’è la presenza di
altre religioni, prima estranee, diciamo cosi, a Capo Verde, come ad esempio, l’islam...
“Si, è un fenomeno nuovo a Capo Verde. Noi tradizionalmente
siamo un Paese in stragrande maggioranza cattolica che convive con altre religioni
cristiane (i Nazzareni, gli Avventisti del 7° giorno...) ma essendo un Paese aperto
– anzi, storicamente c’è stato sempre lo scambio di culture, di valori... questo ha
formattato la società capoverdiana, ed è positivo. Essendo un Paese e essendo membro
della Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale, il che prevede la libera circolazione
di persone, Capo Verde è oggi un Paese di immigrazione. Prima eravamo un Paese
tradizionalmente di emigrazione, oggi invece ci sono decine di miliaie di africani
(della Guinea-Bissau, Senegal, Mali, Sierra Leone, Nigeria, Niger...) che cercano
una vita migliore a Capo Verde e buona parte di questi immigranti professano la religione
islamica. Naturalmente che trattandosi di uno Stato laico e costituzionale che
garantisce la libertà religiosa e di culto, a Capo Verde non c’è proibizione di nessuna
religione. Ma essendo, chiaramente, di matrice cristiana, questo non può non essere
rilevante da vari punti di vista e lo Stato di Capo Verde deve essere attento a fenomeni
che, a volte, a pretesto della religione, possono portare alcuni problemi dal punto
di vista della coesione sociale, della tranquillità pubblica e che possano causare
qualche problema alla stessa stabilità della nostra Democrazia. Ma rimanga chiaro
che questo non ha a che vedere con l’accettazione nel Paese di tutte le religione
e della loro pratica; ha a che fare con fenomeni che spesso sono sviluppate, portate,
col pretesto della pratica e della divulgazione religiosa.”
Allora non
c’è nessuna preoccupazione né da parte delle istituzione né da parte della popolazione
come ci è sembrato di capire che già ci sia, a volte?
“È chiaro
che la prospettiva dei cittadini, dei responsabili religiosi, non sono esattamente
gli stessi dei responsabili politici. Il Presidente della Repubblica, il Governo,
il Parlamento, i Tribunali, debbono essere attenti ai fenomeni politici, sociali,
religiosi e culturali, ma dobbiamo lasciarci guidare dai principi, dalle regole della
nostra Costituzione e dalle opzioni di vita che abbiamo fatto da molti anni. Cioè,
i responsabili politici devono esser attenti all’evoluzione dei fenomeni e quindi
ogni volta che si riveli necessario qualche regolamento, qualche intervento, non
possono astenersi dal farlo in difesa, diciamo, delle istituzioni dello Stato, della
Repubblica e delle Istituzioni democratiche”
Sr. Presidente, il suo incontro
con Papa Francesco, le recenti visite sia di lei che del Primo Ministro di Capo Verde
al Presidente Obama sembrano dimostrare che Capo Verde si trova tra i Paesi africani
che meritano fiducia a livello internazionale. Qual è il vostro segreto?
“Nois
rimaniamo sempre soddisfati quando qualcuno, come ha lei ha fatto adesso, ci fa degli
elogi. La nostra autostima esce rinforzata ogni qual volta un’istituzione economica
internazionale, qualche istituto di ricerca, ci colloca in una posizione positiva
quanto al rispetto della libertà di stampa, della democrazia, dello sviluppo umano...
Forse non abbiamo nessun segreto. Ma il fatto di essere un Paese piccolo, di poche
risorse naturali, un Paese che è nato e si è forgiato in mezzo ad un mare di difficoltà
(siccità, natura ingrata...) forse questo è uno stimolo e rinforza la perseveranza,
la determinazione, l’audacia dei capoverdiani. Questo da un lato. D’altro lato, invece,
in passato i nostri musicisti, scrittori e poeti parlavano dell’emmigrazione come
un dramma, ma oggi, con un po’ di razionalità, vediamo che il fatto di essere stato
storicamente un Paese di emigrazione è stato positivo per Capo Verde: ha forgiato,
attraverso l’articolazione di diverse culture e valori, il nostro modo di essere:
un popolo umanamente meticcio, un Paese aperto, amante della libertà, un Paese quasi
obbligato a studiare, ad apprendere con facilità... Quando vediamo che i capoverdiani
imparano facilmente le lingue straniere, le nuove tecnologie..., tutto ciò ha a che
fare con la nostra storia e spiega anche il fatto che abbiamo costruito una democrazia,
che non è perfetta, ma in termini relativi credo che è una buona esperienza in Africa,
e questo fa si che pur essendo un Paese piccolo siamo considerati credibili, un Paese
che merita rispetto dal punto di vista internazionale”
L’OUA, oggi UA, ha
appena commemorato i suoi 50 anni di vita. Che bilancio fa di questi 50 anni?
“Ho
fatto questo bilancio ad Addis-Abeba, dove sono stato nell’ultimo vertice dell’UA.
Ciò che diciamo è che nonostante le critiche e polemiche che tutti in qualche modo
alimentiamo circa il percorso dell’OUA, la verità è che il suo programma fondamentale
è stato realizzato. Aveva come ideale la conquista delle indipendenze dei paesi africani
e questo è stato fatto. Anche noi, a Capo Verde, possiamo dire che siamo frutto dell’appoggio
dell’OUA, la quale ha sostenuto, appoggiato, solidarizzato con la nostra lotta per
l’indipendenza. E quando dico Capo Verde, voglio dire anche Mozambico, Angola, Sao
Tomé e Principe e tanti altri Paesi. Questo è stato l’obbiettivo principale dell’OUA:
sostenere la lotta dei popoli dell’Africa all’emancipazione e all'indipendenza. Questo
è il risultato concreto e valoroso che ha portato.”
Ma in una conferenza
a Capo Verde ha detto che l’Africa, l’UA è in un circolo vizioso. Vuole spiegare cosa
voleva dire esattamente e come uscire da questo circolo vizioso?
“Questo
è il dilemma di oggi. La decolonizzazione è fatta, essenzialmente! Siamo oggi Stati
indipendenti. La sfida ora è costruire l’unità nella diversità, creare le condizioni
affinché l’Africa possa essere un partner, in uguaglianza, con altri continenti. Cioè
l’Africa ha tutte le condizioni (materie prime, ricchezza umana, popolazione...) e
non è per caso che a questo vertici dell’Unione Africana hanno partecipato il Presidente
della Commissione Europea, Barroso, la Presidente del Brasile, Dilma Russef, il Segretario
di Stato americano, il Segretario Generale dell’ONU; e non è per caso che il Presidente
Obama ha in programma di fare una visita a diversi Paesi africani. Tutto ciò vuol
dire che l’Africa è oggi vista con nuovi occhi, non è soltanto l’Africa dei conflitti,
delle mortalità, della malaria... E’ un continente appetibile, con grandi opportunità
di affari, di investimenti, di sviluppo. Ma dobbiamo risolvere i conflitti che
ancora esistono nel continente. Basta pensare nella Guinea-Bissau, nel Mali, nella
Somalia, nella Repubblica Centroafricana, nel Sudan, nel Eritrea... quindi l’UA deve
trovare meccanismi efficaci para sanare i conflitti, perché senza stabilità e senza
pace non ci sono progetti di sviluppo che siano efficaci a corto termine. La stabilità
e la pace sono presupposti fondamentali per lo sviluppo. D’altro lato ci sono
le sfide della democrazia globale nel continente africano ed è qui che c’è il circolo
vizioso. C’è sempre qualcuno che dice: la democrazia non si adatta ai valori culturali
africani; senza stabilità non si può avere democrazia, senza democrazia non ci può
essere stabilità... Quindi questo circolo vizioso deve essere rotto da qualche parte,
cioè, secondo me, democrazia, stabilità, sviluppo non sono lotte separate, stagne,
devono camminare pari passo, allo stesso tempo”.
Nel suo intervento ad
Adis-Abeba ha insistito sull’implementazione del piano strategico dell’UA 2014-2017.
In cosa consiste questo piano?
“Il piano è già stato approvato.
E’ un piano molto ambizioso che riguarda settori come infrastrutture, trasporti aerei,
marittimi e un programma estremamente ambizioso. Noi, soprattutto come Paese insulare
abbiamo insistito e manifestato soddisfazione per il fatto che, forse per la prima
volta, il piano dell’UA abbia previsto investimenti per risolvere i problemi specifici
dei piccoli Stati insulari che hanno delle vulnerabilità proprie – noi, Seichelle,
Mauritius, Comore, Sao Tome e Principe – pensiamo per es. nei trasporti marittimi.
Cioè, nel continente quando si pensa nei trasporti, si pensa soprattutto nelle ferrovie,
nelle autostrade e si dimenticano dei trasporti marittimi che sono fondamentali per
l’integrazione e per il commercio inter-africano. Questo per noi, isole, è fondamentale.
Visto che Capo Verde vuole sviluppare la sua economia anche attraverso la cosiddetta
economia marittima, è fondamentale avere porti, trasporti marittimi efficaci che garantiscano
il contatto con tra Capo Verde e le altre parti dell’Africa.”
Sr. Presidente,
sappiamo che l’UA che è formata di 5 regioni continentali, considera la grande diaspora
africana di ieri e di oggi la sua sesta regione. E dopo importanti incontri svolti
negli anni scorsi nei diversi continenti (con la leadership del Sudafrica) nel tentativo
di rendere questa diaspora proficua allo sviluppo dell’Africa, non abbiamo saputo
più nulla. Si è parlato di questo nell’ultimo vertice dell’UA di fine maggio?
“Si
è parlato. Era uno dei punti nell’agenda del vertice dei Capi di Stato ed è stato
presentato un rapporto da parte del Presidente sudafricano Zuma. Il rapporto è stato
approvato. In Africa si prende sempre più coscienza dell’importanza della diaspora
per l’integrazione, lo sviluppo e di legame tra i nostri Paesi e altri continenti.
Un altro fatto importante in questo contesto è che uno degli intervenienti di onore
nel vertice dei Capi di Stato è stato il Primo Ministro della Giamaica e un’alto dirigente
politico dell’Haiti; questo è un segno della preoccupazione e la coscienza che si
ha in Africa del legame dell’Africa con altri continente dove le radici africane sono
e continuano ad essere presenti”.
In sintesi, possiamo allora dire che
si sta lavorando su questo, ma non c’è ancora nulla di concreto?!
“C’è
un rapporto, si prevede un’insieme di azioni che sono stati approvati in questo vertici
dopo essere stati presentati dal Presidente Zuma del Sudafrica”.