2013-06-10 13:59:46

Sentimo-nos felizes quando nos elogiam - Presidente de Cabo Verde, acerca da credibilidade do país...


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No seu esforço por dar a conhecer um pouco mais a África aos italianos, a emissão semanal "Afrofonia" não quis deixar de aproveitar algumas passagens da ampla entrevista que o Presidente da República de Cabo Verde, Jorge Carlos Fonseca, concedeu à Radio Vaticano por ocasião da sua visita ao Vaticano, onde foi recebido em audiência, no passado dia 3 pelo Papa Francisco; entrevista em que aborda várias questões: desde a Concordata que é assinada neste dia 10 de Junho na Cidade da Praia entre a Santa Sé e Estado cabo-verdiano, aos 50 anos da OUA/UA e a sua Diáspora, à credibilidade internacional de que goza Cabo Verde. Ouça a emissão em italiano, vai gostar...


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Leia a entrevista em italiano

Sr. Presidente quali sono le linee principali del Concordato che sarà firmato tra la Santa Sede e lo Stato di Capo Verde?

“Ho avuto un’incontro con il Segretario di Stato, il Cardinal Bertone, in cui era presente anche il Segretario Mamberti e abbiamo parlato di questo accordo – il Concordato.
Il Concordato, in fondo, è uno accordo tra Capo Verde e la Santa Sede e definisce lo statuto giuridico della Chiesa cattolica a Capo Verde.
C’era un Concordato degli anni 40 del secolo scorso, firmata con lo Stato portoghese. Questo accordo è ora attualizzato, per il fatto che siamo oggi uno Stato indipendente, uno Stato di Diritto ed una Democrazia. Se potessidefinire in poche parole le linee principali di questo accordo direi che contempla, per esempio, l’efficacia civile delle sentenze ecclesiastiche sul matrimonio, si riferisce anche al cosiddetto matrimonio “rato non consumato”, prevede regole chiare sull’introduzione dell’insegnamento della religione e della morale cattoliche nelle scuole, insomma tutto ciò che riguarda le relazioni tra la Santa Sede e Capo Verde dal punto di vista delle azioni quotidiani della Chiesa nelle isole.
Come le dicevo noi siamo uno Stato indipendente, di Diritto basato sulla Costituzione della Repubblica e quindi tutte le questione del Concordato devono collocarsi nell’ambito del rispetto dei valori della Costituzione di Capo Verde. Uno esempio: siamo cattolici, ma la questione dell’insegnamento della religione deve iscriversi, diciamo, nell’ambito dei valori e del diritto costituzionale vigenti a Capo Verde e ci deve essere l’accettazione della persona: non si può imporre l’insegnamento a chi non lo vuole. E’ solo un piccolo esempio per dare l’idea che trattandosi di uno accordo internazionale, nel nostro sistema giuridico, salvo alcuni casi, si situa nell’ambito della nostra Costituzione della Repubblica.

Dicevamo che Capo Verde è un Paese di tradizione cattolica. Ma negli ultimi anni c’è la presenza di altre religioni, prima estranee, diciamo cosi, a Capo Verde, come ad esempio, l’islam...


“Si, è un fenomeno nuovo a Capo Verde. Noi tradizionalmente siamo un Paese in stragrande maggioranza cattolica che convive con altre religioni cristiane (i Nazzareni, gli Avventisti del 7° giorno...) ma essendo un Paese aperto – anzi, storicamente c’è stato sempre lo scambio di culture, di valori... questo ha formattato la società capoverdiana, ed è positivo. Essendo un Paese e essendo membro della Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale, il che prevede la libera circolazione di persone, Capo Verde è oggi un Paese di immigrazione. Prima eravamo un Paese tradizionalmente di emigrazione, oggi invece ci sono decine di miliaie di africani (della Guinea-Bissau, Senegal, Mali, Sierra Leone, Nigeria, Niger...) che cercano una vita migliore a Capo Verde e buona parte di questi immigranti professano la religione islamica.
Naturalmente che trattandosi di uno Stato laico e costituzionale che garantisce la libertà religiosa e di culto, a Capo Verde non c’è proibizione di nessuna religione. Ma essendo, chiaramente, di matrice cristiana, questo non può non essere rilevante da vari punti di vista e lo Stato di Capo Verde deve essere attento a fenomeni che, a volte, a pretesto della religione, possono portare alcuni problemi dal punto di vista della coesione sociale, della tranquillità pubblica e che possano causare qualche problema alla stessa stabilità della nostra Democrazia.
Ma rimanga chiaro che questo non ha a che vedere con l’accettazione nel Paese di tutte le religione e della loro pratica; ha a che fare con fenomeni che spesso sono sviluppate, portate, col pretesto della pratica e della divulgazione religiosa.”

Allora non c’è nessuna preoccupazione né da parte delle istituzione né da parte della popolazione come ci è sembrato di capire che già ci sia, a volte?


“È chiaro che la prospettiva dei cittadini, dei responsabili religiosi, non sono esattamente gli stessi dei responsabili politici. Il Presidente della Repubblica, il Governo, il Parlamento, i Tribunali, debbono essere attenti ai fenomeni politici, sociali, religiosi e culturali, ma dobbiamo lasciarci guidare dai principi, dalle regole della nostra Costituzione e dalle opzioni di vita che abbiamo fatto da molti anni. Cioè, i responsabili politici devono esser attenti all’evoluzione dei fenomeni e quindi ogni volta che si riveli necessario qualche regolamento, qualche intervento, non possono astenersi dal farlo in difesa, diciamo, delle istituzioni dello Stato, della Repubblica e delle Istituzioni democratiche”

Sr. Presidente, il suo incontro con Papa Francesco, le recenti visite sia di lei che del Primo Ministro di Capo Verde al Presidente Obama sembrano dimostrare che Capo Verde si trova tra i Paesi africani che meritano fiducia a livello internazionale. Qual è il vostro segreto?


“Nois rimaniamo sempre soddisfati quando qualcuno, come ha lei ha fatto adesso, ci fa degli elogi. La nostra autostima esce rinforzata ogni qual volta un’istituzione economica internazionale, qualche istituto di ricerca, ci colloca in una posizione positiva quanto al rispetto della libertà di stampa, della democrazia, dello sviluppo umano...
Forse non abbiamo nessun segreto. Ma il fatto di essere un Paese piccolo, di poche risorse naturali, un Paese che è nato e si è forgiato in mezzo ad un mare di difficoltà (siccità, natura ingrata...) forse questo è uno stimolo e rinforza la perseveranza, la determinazione, l’audacia dei capoverdiani. Questo da un lato. D’altro lato, invece, in passato i nostri musicisti, scrittori e poeti parlavano dell’emmigrazione come un dramma, ma oggi, con un po’ di razionalità, vediamo che il fatto di essere stato storicamente un Paese di emigrazione è stato positivo per Capo Verde: ha forgiato, attraverso l’articolazione di diverse culture e valori, il nostro modo di essere: un popolo umanamente meticcio, un Paese aperto, amante della libertà, un Paese quasi obbligato a studiare, ad apprendere con facilità... Quando vediamo che i capoverdiani imparano facilmente le lingue straniere, le nuove tecnologie..., tutto ciò ha a che fare con la nostra storia e spiega anche il fatto che abbiamo costruito una democrazia, che non è perfetta, ma in termini relativi credo che è una buona esperienza in Africa, e questo fa si che pur essendo un Paese piccolo siamo considerati credibili, un Paese che merita rispetto dal punto di vista internazionale”

L’OUA, oggi UA, ha appena commemorato i suoi 50 anni di vita. Che bilancio fa di questi 50 anni?

“Ho fatto questo bilancio ad Addis-Abeba, dove sono stato nell’ultimo vertice dell’UA. Ciò che diciamo è che nonostante le critiche e polemiche che tutti in qualche modo alimentiamo circa il percorso dell’OUA, la verità è che il suo programma fondamentale è stato realizzato. Aveva come ideale la conquista delle indipendenze dei paesi africani e questo è stato fatto. Anche noi, a Capo Verde, possiamo dire che siamo frutto dell’appoggio dell’OUA, la quale ha sostenuto, appoggiato, solidarizzato con la nostra lotta per l’indipendenza. E quando dico Capo Verde, voglio dire anche Mozambico, Angola, Sao Tomé e Principe e tanti altri Paesi. Questo è stato l’obbiettivo principale dell’OUA: sostenere la lotta dei popoli dell’Africa all’emancipazione e all'indipendenza. Questo è il risultato concreto e valoroso che ha portato.”

Ma in una conferenza a Capo Verde ha detto che l’Africa, l’UA è in un circolo vizioso. Vuole spiegare cosa voleva dire esattamente e come uscire da questo circolo vizioso?

“Questo è il dilemma di oggi. La decolonizzazione è fatta, essenzialmente! Siamo oggi Stati indipendenti. La sfida ora è costruire l’unità nella diversità, creare le condizioni affinché l’Africa possa essere un partner, in uguaglianza, con altri continenti. Cioè l’Africa ha tutte le condizioni (materie prime, ricchezza umana, popolazione...) e non è per caso che a questo vertici dell’Unione Africana hanno partecipato il Presidente della Commissione Europea, Barroso, la Presidente del Brasile, Dilma Russef, il Segretario di Stato americano, il Segretario Generale dell’ONU; e non è per caso che il Presidente Obama ha in programma di fare una visita a diversi Paesi africani. Tutto ciò vuol dire che l’Africa è oggi vista con nuovi occhi, non è soltanto l’Africa dei conflitti, delle mortalità, della malaria... E’ un continente appetibile, con grandi opportunità di affari, di investimenti, di sviluppo.
Ma dobbiamo risolvere i conflitti che ancora esistono nel continente. Basta pensare nella Guinea-Bissau, nel Mali, nella Somalia, nella Repubblica Centroafricana, nel Sudan, nel Eritrea... quindi l’UA deve trovare meccanismi efficaci para sanare i conflitti, perché senza stabilità e senza pace non ci sono progetti di sviluppo che siano efficaci a corto termine. La stabilità e la pace sono presupposti fondamentali per lo sviluppo.
D’altro lato ci sono le sfide della democrazia globale nel continente africano ed è qui che c’è il circolo vizioso. C’è sempre qualcuno che dice: la democrazia non si adatta ai valori culturali africani; senza stabilità non si può avere democrazia, senza democrazia non ci può essere stabilità... Quindi questo circolo vizioso deve essere rotto da qualche parte, cioè, secondo me, democrazia, stabilità, sviluppo non sono lotte separate, stagne, devono camminare pari passo, allo stesso tempo”.

Nel suo intervento ad Adis-Abeba ha insistito sull’implementazione del piano strategico dell’UA 2014-2017. In cosa consiste questo piano?


“Il piano è già stato approvato. E’ un piano molto ambizioso che riguarda settori come infrastrutture, trasporti aerei, marittimi e un programma estremamente ambizioso. Noi, soprattutto come Paese insulare abbiamo insistito e manifestato soddisfazione per il fatto che, forse per la prima volta, il piano dell’UA abbia previsto investimenti per risolvere i problemi specifici dei piccoli Stati insulari che hanno delle vulnerabilità proprie – noi, Seichelle, Mauritius, Comore, Sao Tome e Principe – pensiamo per es. nei trasporti marittimi. Cioè, nel continente quando si pensa nei trasporti, si pensa soprattutto nelle ferrovie, nelle autostrade e si dimenticano dei trasporti marittimi che sono fondamentali per l’integrazione e per il commercio inter-africano. Questo per noi, isole, è fondamentale. Visto che Capo Verde vuole sviluppare la sua economia anche attraverso la cosiddetta economia marittima, è fondamentale avere porti, trasporti marittimi efficaci che garantiscano il contatto con tra Capo Verde e le altre parti dell’Africa.”

Sr. Presidente, sappiamo che l’UA che è formata di 5 regioni continentali, considera la grande diaspora africana di ieri e di oggi la sua sesta regione. E dopo importanti incontri svolti negli anni scorsi nei diversi continenti (con la leadership del Sudafrica) nel tentativo di rendere questa diaspora proficua allo sviluppo dell’Africa, non abbiamo saputo più nulla. Si è parlato di questo nell’ultimo vertice dell’UA di fine maggio?


“Si è parlato. Era uno dei punti nell’agenda del vertice dei Capi di Stato ed è stato presentato un rapporto da parte del Presidente sudafricano Zuma. Il rapporto è stato approvato. In Africa si prende sempre più coscienza dell’importanza della diaspora per l’integrazione, lo sviluppo e di legame tra i nostri Paesi e altri continenti. Un altro fatto importante in questo contesto è che uno degli intervenienti di onore nel vertice dei Capi di Stato è stato il Primo Ministro della Giamaica e un’alto dirigente politico dell’Haiti; questo è un segno della preoccupazione e la coscienza che si ha in Africa del legame dell’Africa con altri continente dove le radici africane sono e continuano ad essere presenti”.

In sintesi, possiamo allora dire che si sta lavorando su questo, ma non c’è ancora nulla di concreto?!


“C’è un rapporto, si prevede un’insieme di azioni che sono stati approvati in questo vertici dopo essere stati presentati dal Presidente Zuma del Sudafrica”.








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