Nel Centro antiviolenza di Casal di Principe per dare un lavoro e un futuro alle donne
Dopo le violenze subite, una nuova vita, attraverso un percorso lavorativo come quello
di fare dolci e marmellate. E’ questo l’obiettivo realizzato dalle cooperative Eva
e Dedalus che operano nel Centro antiviolenza a Casal di Principe, in provincia di
Caserta. Hanno immesso sul mercato marmellate con l’etichetta “Le ghiottonerie di
casa Lorena”, prodotte dalle donne che hanno partecipato al progetto. Elena de
Filippo, presidente della cooperativa Dedalus, spiega al microfono di Maria
Cristina Montagnaro di che cosa si tratta.
R. – La cosa
più legata al territorio è stata quella del catering: quindi fare dei percorsi di
formazione in questo senso e trasformazione di prodotti locali, come la produzione
di marmellate. “Le ghiottonerie di casa Lorena” nascono da un lavoro di rete vero,
con gli enti del territorio, con gli enti locali, con le imprese, con fondazioni private,
che ci hanno sostenuto e permesso di ristrutturare il bene.
R. – Quante donne
sono coinvolte in questo progetto?
R. – Mediamente ci sono sei donne in accoglienza,
che collaborano, più quattro che sono uscite dal percorso, ma continuano a collaborare
con casa Lorena. Dopo i percorsi di affrancamento dalla violenza ci vuole anche una
vera e propria emancipazione e l’emancipazione passa attraverso l’inserimento lavorativo.
E se è difficile oggi per una giovane donna inserirsi nel mondo del lavoro, ovviamente
lo è ancora di più per una donna, anche ultraquarantenne, che non ha mai lavorato
o ha smesso di lavorare per la famiglia, che si deve reinserire nel mondo del lavoro.
Questo è ancora più complicato.
D. – Il vostro centro antiviolenza si trova
a Casal di Principe...
R. – A Casal di Principe.
D. – Una zona difficile,
in provincia di Caserta. In che situazione vi trovate ad operare?
R. – Questi
beni, tutto sommato, hanno creato delle reti di grande solidarietà e anche di ottimo
rapporto con il territorio. Non abbiamo particolari problemi. E’ difficile il contesto
complessivo, quindi non solo quello di Casal di Principe, ma tutto il contesto nel
quale viviamo. Un po’ per tutti è difficile l’inserimento lavorativo e ovviamente
anche per queste donne, in particolare.
D. – Quali sono, secondo lei, gli strumenti
validi che si possono attuare per tutelare le donne contro atti di violenza e minacce?
R.
– Indubbiamente delle grosse campagne di sensibilizzazione, d’informazione, un grosso
lavoro nelle scuole - bisogna partire fondamentalmente da lì - e poi una capillare
rete di servizi sul territorio. I servizi sono ancora troppo pochi: i servizi di ascolto
e quelli che attraverso le professionalità e gli operatori devono leggere i primi
segnali della violenza, prima che questa violenza diventi più forte.
D. – E’
di pochi giorni fa il via libera della Camera alla ratifica della Convenzione di Istanbul
sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne. E’ un buon
passo in avanti, secondo lei?
R. – Assolutamente sì, era necessario e speriamo
che da lì possano effettivamente essercene altri e diventare operativi sul territorio.
Era comunque fondamentale la presa di coscienza, il ribadire che questo è un tema
sul quale tutti quanti devono muoversi, devono lavorare, devono attivarsi.