2013-06-07 14:50:54

Congresso mondiale di Chicago: nuove prospettive di cura per i tumori della testa e del collo


Oltre 30mila gli esperti che hanno partecipato nei giorni scorsi al 49.mo Congresso Mondiale di Oncologia Clinica, svoltosi a Chicago. Tra gli 8mila studi presentati, di particolare interesse quelli riguardanti i tumori della testa e del collo. Occhi puntati sugli anticorpi monoclonali, che rappresentano un tipo di terapia mirata che agisce interferendo con quelle particolari molecole che sono necessarie alla crescita del tumore e alla sua proliferazione. La scheda del nostro inviato a Chicago, Salvatore Sabatino:

I TUMORI DEGLI ULTIMI - Vengono definiti i tumori degli “ultimi”; quelli che colpiscono soprattutto i senza fissa dimora, persone che abusano di alcol e fumo, o quelle che per un motivo o un altro hanno condotte di vita poco salutari. Sono le neoplasie della testa e del collo, che possono insorgere nelle cellule epiteliali di qualsiasi tessuto o organo del distretto cervico-facciale, escludendo gli occhi, il cervello, le orecchie, la tiroide o l’esofago. Più del 90% dei tumori della testa e del collo hanno origine nelle cellule squamose piatte che rivestono la superficie dell’area compresa tra la testa e il collo, come la bocca, il naso e la gola. Nell’ultimo decennio, si è verificato in tutto il mondo un aumento significativo dell’incidenza di questo tipo di tumore, soprattutto fra le donne. Sono tutt’altro che rari, visto che rappresentano solo in Italia la quinta neoplasia più diffusa.

TRATTAMENTI E NUOVE FRONTIERE – I trattamenti dipendono dallo stadio e dalla localizzazione della patologia e dallo stato generale di salute del paziente. Spesso i pazienti ricevono una combinazione di modalità differenti di trattamenti che includono: la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia. L’ultima frontiera della cura, però, risiede nelle terapie mirate. Trattamenti innovativi, che mirano ai geni difettosi o alle proteine che sono presenti in eccesso nelle cellule di un tumore della testa e del collo, contribuendo alla crescita del tumore e al suo sviluppo.

GLI ANTICORPI MONOCLONALI – Gli anticorpi monoclonali rappresentano un tipo di terapia mirata che agisce interferendo con quelle particolari molecole che sono necessarie alla crescita del tumore e alla sua proliferazione. Possono essere più efficaci e più tollerabili degli altri trattamenti, poiché attaccano specificamente le cellule tumorali, ma non le cellule sane. Il Cetuximab è uno degli anticorpi monoclonali: colpisce specificamente il recettore del fattore di crescita epidermico e che quindi inibisce la proliferazione cellulare, la sopravvivenza, la mobilità, la diffusione e crescita dei vasi sanguigni che alimentano il tumore. E’ la sola terapia mirata ad aver mostrato un’attività antitumorale e ad essere stata approvata dalle autorità sanitarie per il trattamento dei tumori della testa e del collo localmente avanzati e recidivanti/ metastatici.

Di tutto questo si è parlato al Congresso mondiale di Oncologia Clinica, svoltosi nei giorni scorsi a Chicago. All'evento ha partecipato anche il prof. Marco Merlano, medico oncologo dell’Ospedale di Cuneo. Salvatore Sabatino gli ha chiesto perché dei tumori della testa e del collo si parla così poco:RealAudioMP3

R. - È una cosa antipatica da dire, ma in realtà i pazienti che soffrono dei tumori della testa e del collo, sono pazienti di una fascia socio culturale piuttosto bassa, persone che si sanno difendere poco, che fanno poco rumore. Prima, durante la mia relazione, facevo l’esempio dei linfomi: sono quattro volte in meno rispetto ai tumori della testa e del collo, ma colpiscono principalmente fasce benestanti e culturalmente avanzate. Di questi, se ne parla molto di più! La realtà è solo questa.

D. - Vogliamo specificare, quando si parla di tumori testa - collo non stiamo parlando di tumori al cervello …

R. - Questo è bene specificarlo perché è un errore tipico. Si parla di tumori della faringe, naso – faringe, orofaringe, ipofaringe, della laringe, della gola e del cavo orale. A questi, si aggiungono anche le cavità che abbiamo intorno al naso – i seni paranasali – che però sono molto rari.

D. - Lei dice che questi sono tumori che colpiscono fasce piuttosto basse perché – ovviamente - devono avere una propensione per esempio all’acol, al fumo, hanno condotte di vita un po’ particolari …

R. - Scarsa igiene della bocca, della persona in generale.

D. – Sono i tumori degli ultimi…

R. - Esatto. E purtroppo degli ultimi si parla sempre piuttosto poco.

D. - Invece c’è molta più consapevolezza nei confronti di questi tumori, ad esempio, in Asia. Abbiamo sentito dei professori che arrivavano da Singapore piuttosto che dal Giappone, dove questo è un problema molto presente e coinvolge molte più persone. Perché?

R. - Perché lì c’è un problema virale che è endemico in quelle aree. Si parla non tanto di tutti tumori della testa e del collo, ma dei tumori del rinofaringe perché è un bersaglio tipico dell’ Epstein-Barr Virus, un fattore eziopategenetico di questo tumore. In alcune zone si arriva a un 20 percento di tumori di questo tipo, quindi è chiaramente un problema sociale molto maggiore; come incidenza, siamo quasi nell’ottica dei tumori della mammella.

D. - Quindi molto più frequenti in questo caso … E per quanto riguarda le cure, ci sono delle novità?

R. - Sulle cure sarebbe bello poter dire di sì. In realtà le novità ci sono, ma sono sempre piccoli passi, ai quali le persone in genere sono poco interessate.

D. - Come accade sempre nella scienza…

R. - Esatto. La speranza di avere la penicillina che sconfigge la polmonite non esiste nei tumori. Ci sono, però, piccoli passi importanti, perché effettivamente si conosce molto di più della malattia e quindi si aprono le possibilità per trovare le terapie specifiche molto più aggressive di quelle che abbiamo adesso.

D. - Ci possono essere delle terapie mirate, così come avviene in altri casi per altri tumori?

R. - Sì. Questo è l’obbiettivo dell’oncologia di questo secolo, non dico di questo millennio, perché spero di batterlo un po’ prima!

D. - Voi insistete sempre sulla multidisciplinarietà, che è essenziale soprattutto sul preservare anche l’aspetto fisico, perché per quanto riguarda questi tumori – ovviamente - nel momento in cui ci si sottopone ad un intervento chirurgico vanno un po’ a cambiare i connotati delle persone, perché fondamentalmente riguardano il volto…

R. - Esatto. Ovviamente la mimica è uno dei sistemi di relazione che abbiamo. Se sulla mimica abbiamo una bella cicatrice non è che siamo proprio felici! Da questo punto di vista, indubbiamente, hanno un impatto sociale e psicologico importante. Multidisciplinarietà è perché in realtà non abbiamo una terapia unica efficace, perché altrimenti non parleremo di multidisciplinarietà! Però quello che sappiamo è che se ogni terapia fa uno, mettendo un oncologo medico, un radioterapista, un chirurgo, non fa più tre, ma fa cinque!


Sempre in prima linea nella cura dei tumori testa-collo anche il prof. Mario Airoldi, medico oncologo dell’Ospedale “Le Molinette” di Torino, che a Chicago ha presentato un interessante lavoro sui pazienti affetti da queste forme tumorali, puntando sull’importanza della qualità della vita. Ascoltiamolo al microfono di Salvatore Sabatino:RealAudioMP3

R. - Si parla degli aspetti della qualità di vita nel paziente guarito dal tumore, ma che purtroppo porta con sé una serie di effetti collaterali delle terapie - sia chirurgiche che radianti, che chemioterapiche - che purtroppo invalidano il soggetto per tutta la vita.

D. - Quali sono questi effetti?

R. - Gli effetti collaterali più importanti sono quasi sempre delle difficoltà alla deglutizione; difficoltà alla fonazione, a farsi comprendere con la propria voce; difficoltà - delle volte - di immagine corporea, legata alle cicatrici degli interventi o all’indurimento dei tessuti del collo e del volto, che fanno sì che l’espressione del soggetto non è più quella di prima.

D. - Fino a qualche anno fa si parlava di sopravvivenza, adesso si parla anche di qualità della vita: quindi evidentemente qualcosa sta cambiando…

R. - Sì. E’ la sensibilità nostra che è cambiata, perché ovviamente laddove il primo risultato che ci premeva ottenere era la sopravvivenza, ci siamo accorti che poi la qualità di vita di questi pazienti era, molte volte, compromessa dai trattamenti stessi. Quindi c’è tutto un lavorio di raffinamento delle terapie, al fine di ridurre il più possibile le tossicità dei trattamenti stessi.

D. - Anche perché non bisogna mai dimenticare che per quanto riguarda i tumori testa-collo viene coinvolto praticamente il volto e quindi è importantissimo anche per la qualità della vita…

R. - Purtroppo in questo distretto non solo c’è la nostra immagine per l’esterno, ma c’è anche il problema della deglutizione, della fonazione, della respirazione: il tutto concentrato in pochi centimetri. Per cui alterare una struttura anatomica di 2-3 centimetri può rivelarsi un problema enorme per il paziente. Ad esempio se io danneggio la base della lingua anche di pochi centimetri, ho un danno alla deglutizione permanente e quindi per il paziente un danno veramente importante.

D. - Per questo tipo di tumori, ovviamente, l’atto chirurgico è importantissimo e credo che sia particolarmente importante e sensibile proprio per quello che stava dicendo lei…

R. - Sì, il trattamento chirurgico è uno dei trattamenti. Noi ci stiamo impegnando, in maniera multidisciplinare con i chirurghi stessi, al fine di ridurre l’atto chirurgico il più possibile o, in alcuni casi, addirittura evitarlo. Quindi c’è tutto un filone di ricerca che si occupa dei trattamenti non chirurgici di questi tumori proprio per evitare i danni anatomici che il chirurgo inesorabilmente fa. Questo tipo di ricerca sta andando avanti con buoni risultati. Per cui noi pensiamo e speriamo che, nei prossimi anni, si abbia un ulteriore riduzione dell’atto chirurgico in questi pazienti.

D. - Il fatto che voi siate qui a presentare il vostro lavoro anche ad altri colleghi provenienti un po’ da tutto il mondo, quanto è importante per creare una sinergia? Dopotutto i tumori si sconfiggono davvero tutti insieme, no?

R. - Sì, innanzitutto creano una sinergia con altri specialisti che noi fino adesso abbiamo poco coinvolto in questa patologia: soprattutto quindi i riabilitatori, gli psiconcologi, coloro che si occupano degli aspetti relativamente negletti fino ad oggi, cioè quelli della qualità di vita, di quelli che sono gli effetti invalidanti delle terapie. E’ chiaro che noi stiamo lavorando anche per migliorare i risultati clinici delle terapie attuali: questo, peraltro, è un impegno che ci porterà avanti negli anni. Nel frattempo dobbiamo assolutamente ridurre i danni che noi facciamo.







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