Siria: nuovo rinvio per Ginevra 2. Cresce il timore per le armi chimiche
E in Siria dunque proseguono le violenze. Ieri la conquista da parte dell’esercito
di Assad della regione di Qusayr: sarebbero centinaia le vittime. Una svolta che ora
spiana la strada verso Homs, dove i ribelli ancora controllano diversi quartieri.
A livello diplomatico, intanto, nuovo rinvio per la conferenza di pace Ginevra 2,
che forse si terrà in luglio. Il servizio di Marina Calculli:
La disfatta
dei ribelli a Qusayr, punto di congiuntura strategico tra Siria e Libano porta già
le sue conseguenze. I ribelli hanno promesso di vendicarsi contro Hezbollah che ha
combattuto a viso scoperto accanto al regime di Asad. E non a caso nella serata di
ieri dieci granate si sono abbattute in Libano a Baalbek, proprio uno dei bastioni
del partito di Dio, dove già poche sere fa i ribelli erano penetrati dalla Siria e
avevano combattuto con le milizie di Hezbollah. A Qusayr i morti si contano a centinaia
e nel frattempo le forze governative hanno ripreso il controllo della strada che collega
Aleppo e il suo aereoporto internazionale. La diplomazia internazionale intanto si
muove verso il Ginevra 2, la conferenza di pace organizzata d Mosca e Washington.
Ieri i rappresentanti di Stati Uniti, Russia e ONU si sono riuniti per accelerare
i preparativi. Lakhdar Brahimi però ha detto che la conferenza si terrà forse a Luglio
e non nel mese corrente. Intanto Parigi e Londra alzano la posta, sostenendo di avere
prove certe sull’uso di armi chimiche da parte del regime di Assad. Per il presidente
francese François Hollande la comunità internazionale deve adesso intervenire.
Forte
quindi l’invito del presidente francese Hollande alla comunità internazionale. Ieri
gli Stati Uniti hanno chiesto a Parigi di condividere le informazioni sull’uso delle
armi chimiche in Siria. Speranze per una soluzione politica sono comunque riposte
nella Conferenza di Ginevra. Ma questo summit potrà imprimere una svolta nel conflitto
siriano? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Matteo Pizzigallo, ordinario
di Relazioni internazionali all’Università Federico II di Napoli:
R. – Noi
dobbiamo sperare vivamente che la conferenza di Ginevra possa dare almeno un inizio
di risposta o individuare, se non altro, una road map da seguire. La questione
siriana è un’equazione a troppe incognite che dimostra la fragilità, le contraddizioni
e l’incapacità del sistema internazionale di garantire il rispetto della legge, il
rispetto dei diritti. Quindi, all’interno della questione siriana giocano più incognite:
in primo luogo, il fatto che la Siria possa contare su un aperto appoggio, in sede
di Nazioni Unite, della Russia. La soluzione di forza militare sul campo non porta
per ora ad alcun tipo di risultato, se non dolore e sofferenza e massacri e vittime
da parte dell’inerme popolazione civile. Si tratta di un conflitto evidentemente asimmetrico,
nel senso che da una parte c’è una forza che è quella degli schieramenti fedeli al
regime di Assad e, dall’altra, abbiamo una nebulosa di forze indipendentiste, tra
di loro in parte divise, all’interno delle quali nessuna è in grado di assumere l’egemonia
e la guida. A questo punto, la comunità internazionale, a mio avviso, deve assolutamente
praticare la via diplomatica.
D. – La Russia ha annunciato che non invierà
missili in Siria, ma intanto Putin sembra sminuire la portata della conferenza di
Ginevra, perché secondo lei?
R. – Intorno alla questione siriana, la Russia
gioca un interesse e ha un’esigenza di gran lunga superiore a quella che lo stesso
Putin voglia mettere in conto. Ed è la prospettiva sullo sfondo di questo. Qualora
si assistesse a un crollo – ripeto, un crollo "non assistito" del regime di Assad
– innanzitutto si altererebbero completamente gli equilibri geo-strategici della regione.
La Russia può definitivamente abbandonare qualsiasi tipo di possibilità di avere un
affaccio nel Mediterraneo e comunque essere interessata agli equilibri dell’area.
Converrebbe ricordare che i russi hanno già fornito ai siriani un sistema di difesa
antimissilistica “Bastion” in difesa delle coste siriane da eventuali attacchi esterni
condotti dal mare.
D. – L’Onu ha denunciato l’uso di armi chimiche nel conflitto.
Sulla stessa linea Francia e Gran Bretagna, mentre i più prudenti sono stati gli Stati
Uniti. Come spiegare questa differenza di posizioni e cosa c’è dietro questo atteggiamento
più attendista degli Stati Uniti?
R. – C’è una linea di politica internazionale
complessiva che porta a considerare, con la massima attenzione e con la massima prudenza,
l’idea di aprire in maniera drammatica un altro fronte. L’equazione siriana ha troppe
incognite e noi dobbiamo cercare a uno a uno di risolvere il problema. La comunità
internazionale deve premere in tutte le sedi opportune affinché venga esperito il
tentativo di un negoziato e di una conferenza internazionale.