Siria, De Mistura: sì al negoziato, no a una soluzione militare
Non cessa la violenza in Siria. Combattimenti tra oppositori del regime e soldati
sono in corso in varie parti del Paese. L’Onu ha confermato scontri anche al valico
di Quneitra tra Israele e Damasco. E mentre l'Austria fa sapere che ritirerà i propri
caschi blu dalla missione Onu in Golan, secondo fonti locali, il presidente Bashar
al-Assad terrà presto un discorso alla nazione in cui si congratulerà con il suo esercito
per la conquista della città di Qusayr, dopo 17 giorni di scontri con i ribelli. Sul
fronte diplomatico, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, chiede di non strumentalizzare
la questione dell’utilizzo delle armi chimiche al fine di giustificare un intervento
armato internazionale. Il politico russo ha poi confermato che sarà il ministro degli
Esteri siriano, Walid Muallem, a rappresentare Damasco alla Conferenza internazionale
sulla crisi, in programma il mese prossimo, la cosiddetta ''Ginevra 2''. Sulla situazione
in Siria, Antonella Palermo ha raccolto il commento di Staffan De Mistura,
diplomatico e sottosegretario agli Esteri del governo italiano:
R. – La situazione
in Siria è una vera tragedia. In un momento in cui ci siamo detti "mai più Sebrenica",
"mai più Vukovar", "mai più Rwanda", ci troviamo a vedere una comunità internazionale
divisa, che non è in condizioni di trovare una formula per chiudere la crisi. Io sono,
però, moderatamente – perché bisogna essere cauti – ottimista sulla proposta russa-americana,
sostenuta dall’inviato dell’Onu, Brahimi, che guarda alla Conferenza a Ginevra. Queste
conferenze a volte possono deludere, possono durare a lungo, ma è positivo il fatto
che soprattutto Stati Uniti e Russia la sostengano – loro che sono bene o male le
due forti controparti. L’Europa, come abbiamo visto, purtroppo ha dimostrato ancora
una volta di essere divisa. Una Conferenza che speriamo produca effetti se non altro
sul fronte degli aiuti umanitari, perché qui abbiamo un’enorme quantità di persone
che sono toccate dagli effetti secondari di questa guerra. E’ chiaro che qui una soluzione
militare non c’è. E la prova è che ci sono avanzate e ritirate continue. Bisogna lavorare
sulla soluzione politica.