Proteste in Turchia: attesa per il rientro in patria del premier Erdogan
Settimo giorno di proteste antigovernative in Turchia. Nella notte centinaia di manifestanti
si sono scontrati con gli agenti non solo ad Istanbul ed Ankara ma anche a Smirne.
Il vicepremier Arinc, ha chiesto scusa a nome dell’esecutivo a quanti hanno subito
violenze da parte della polizia e ha assicurato che nessuno vuole imporre un pensiero
unico ispirato all’Islam. Intanto torna oggi in patria il premier Erdogan. Il servizio
è di Salvatore Sabatino:
Ancora scontri,
ancora tensioni. In Turchia è stata la settima notte di manifestazioni. Ad Ankara,
come a Istanbul, a Smirne come ad Antiochia. Nessun segno di cedimento del fronte
del no; quello schierato contro il premier Erdogan, che oggi torna in patria dopo
3 giorni di trasferta in Nord Africa. Tre giorni in cui il presidente Gul ha cercato
di calmare le acque imponendo l'avvio di un dialogo con i manifestanti; ha anche fatto
sapere che potrebbe non firmare la controversa nuova legge sull'alcol, se riterrà
che comporti elementi in contrasto con la costituzione. La legge, fortemente voluta
dal premier Erdogan, introduce un serio giro di vite sul consumo delle bevande alcoliche
nel Paese. E' considerata una delle cause della protesta di massa. Intanto è salito
a 3 il numero dei morti. I medici hanno confermato ieri il decesso di un ragazzo di
Ankara dichiarato in stato di 'morte cerebrale' lunedi. Secondo l'associazione medici
turchi i manifestanti feriti in una settimana sono stati 4.177, 43 in condizioni gravi.
Il bilancio ufficiale del governo, invece, è di poco più di 300 feriti, per lo più
poliziotti. Ieri alla contestazione contro il governo islamico hanno aderito anche
i sindacati di sinistra.
Sulla situazione di tensione in Turchia, e sulle caratteristiche
politiche ed economiche delle manifestazioni, Cecilia Seppia ha raccolto l’opinione
di Alberto Rosselli, analista esperto dell’area:
R. – Le motivazioni
in qualche modo che hanno portato migliaia e migliaia di giovani a protestare contro
il governo non sono solo esclusivamente di tipo politico e istituzionale, ma anche
economico. Anche perché i giovani turchi stentano a trovare lavoro e occupazione,
se non nelle grandi città. Diciamo, quindi, che c’è una forte richiesta di modernizzazione
da parte dei giovani a livello istituzionale, costituzionale, del Paese, ma è anche
una richiesta di modernizzazione del mondo del lavoro.
D. – Oggi, c’è anche
lo sciopero generale, durerà 48 ore, proclamato dal sindacato dei lavoratori del pubblico
impiego e questo potrebbe aggiungere tensione a un clima già infiammato…
R.
– Certamente. Settori del pubblico impiego – ma non solo, anche del privato – si trovano
in difficoltà a dispetto di quelle che sono le cifre che apparentemente potrebbero
far pensare a una Turchia in grande crescita economica. Non credo che sospenderanno
questo sciopero.
D. – Un altro punto che bisogna sottolineare è che l'opposizione
che sta riempiendo le piazze di Istanbul, di Ankara, in realtà è formata da diversi
settori della popolazione, quindi è molto eterogenea, però sembra fortemente compatta…
R.
– Sì. C’è la trasversalità e questo lo ha dimostrato anche una fotografia, abbastanza
emblematica, che è uscita oggi su Internet, dei tifosi delle tre maggiori squadre
di Istanbul che manifestano insieme contro Erdogan, al di là dei loro attriti di tipo
sportivo. Questo sta a dimostrare che c’è una condivisione di interessi da parte della
popolazione. Stiamo parlando di ragazzi che sono scesi in piazza che sono studenti,
che sono precari, collegati col mondo occidentale attraverso Twitter, attraverso Internet,
ma non hanno un collegamento diretto col mondo occidentale nel quale si rispecchiano
in qualche modo.
D. – Il vicepremier continua a dire che in una democrazia
tutto questo è possibile, quindi è possibile che ci siano manifestazioni. Di fatto,
però, il pugno duro delle forze dell’ordine comincia a farsi sentire: parliamo di
migliaia di feriti, parliamo di oltre 1700 arresti, tra l’altro anche con accuse blande
come per esempio quella di aver usato Twitter per divulgare messaggi non veri. Quindi,
insomma, l’impronta della polizia si comincia a far sentire in maniera determinante?
R.
– Non è la prima volta che manifestazioni di piazza in Turchia vengano in qualche
modo gestite con un pugno di ferro e in realtà, al di là delle dichiarazioni del vicepremier,
al di là delle dichiarazioni del presidente, al di là delle dichiarazioni del primo
ministro, la polizia turca non va tanto per il sottile. Ma questo fa parte anche della
tradizione “reprimenda” della Turchia e dei governi turchi. Ricordiamoci che la Turchia
è un Paese che ha avuto molti colpi di Stato, ha avuto in passato altre manifestazioni
di questo tipo, di natura diversa, che sono state represse anche con violenza ben
maggiore. Anzi, fino a questo punto mi sembra che, in qualche modo, il governo turco
cerchi di tenere la mano leggera: cosa non facile, perché i militari quando hanno
da sedare manifestazioni lo fanno non proprio col guanto di velluto, ma questo anche
perché la Turchia è un Paese sotto osservazione internazionale.