La Chiesa plaude ai nuovi negoziati tra Nord e Sud Corea
La disponibilità a riaprire l’area industriale congiunta di Kaesong è un passo avanti
che potrà dare il via a un processo di disgelo e riavvicinamento fra Nord e Sud Corea.
E’ l’auspicio della Chiesa coreana, alla notizia che Corea del Nord e del Sud hanno
ufficialmente, deciso di riprendere negoziati ufficiali per riavviare le attività
produttive nel parco industriale di Kaesong, al confine fra le due Coree, chiuso lo
scorso aprile. I mesi di forti tensioni fra Nord e Sud Corea hanno infatti avuto ripercussioni
negative sul piano economico in entrambi i paesi. In una nota inviata a Fides dall’ufficio
australiano della Fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre”,
il sacerdote coreano padre Lee Eun-Hyung, segretario generale della “Commissione per
la Riconciliazione del popolo coreano”, in seno alla Conferenza Episcopale della Corea,
spiega: “In questa situazione di tensione la carestia tra la popolazione della Corea
del Nord è destinata a peggiorare, e anche in Corea del Sud l'economia sta vivendo
svantaggi. La via d'uscita giusta è il dialogo e gli accordi, la collaborazione e
lo scambio”. La Commissione porta avanti dal 1999 un costante sforzo di comunione
e collaborazione con il Nord. Nei tre viaggi compiuti oltre “cortina di bambù” (l’ultimo
nel 2011) p. Lee ha parlato con i rappresentanti della “Catholic Association Joseon”,
unica associazione di fedeli cattolici ufficialmente riconosciuta dalle autorità nordcoreane.
Grazie a questa associazione, racconta “siamo stati in grado di fornire aiuti umanitari
alla Corea del Nord, come cibo e carbone per il riscaldamento”. I fedeli cristiani
in Corea del Nord restano in una situazione di grande sofferenza: non si sa quanti
siano, né se vi siano sacerdoti. L’unica chiesa riconosciuta si trova a Pyongyang
e probabilmente molti altre edifici ecclesiali sono stati distrutti o riutilizzati
per scopi diversi. Secondo le autorità nordcoreane vi sono 3.000 cattolici nel paese,
ma è noto che nel 1945 ce n’erano circa 50mila. “Abbiamo il sospetto che, dopo il
lungo periodo di persecuzione, ci siano ancora circa 10.000 persone che professano
nel loro cuore la fede cattolica e la praticano in segreto”, dice p. Lee. “Alcuni
rifugiati scappati dal Nord raccontano di donne anziane che, sedute in cerchio, contano
i fagioli mentre mormorano qualcosa a bassa voce. Forse stanno pregando il Rosario”,
conclude.