Turchia. L’esecutivo si scusa per le violenze. Ancora proteste antigovernative a Istanbul
e Ankara
Sesto giorno oggi di proteste antigovernative in Turchia. Il vicepremier Arinc, guardando
ai fatti di Gezi Park, ha chiesto scusa a nome dell’esecutivo "con quanti hanno subito
violenze”. Presidio anche questa notte ad Istanbul. Gas lacrimogeni e sgomberi della
polizia nella capitale ed Istambul. Massimiliano Menichetti:00:01:05:71
Quinta
notte di presidi a piazza Taksim a Istanbul dove sono nate le proteste contro l’abbattimento
di 600 alberi per dare il via alla costruzione di un cento commerciale e di una moschea.
Contestazioni mutate in antigovernative, dilagate in tutto il Paese e represse duramente
dalla polizia. Ieri vicepremier Bulent Arinc ha chiesto scusa a nome dell’esecutivo
per il pugno duro usato contro i manifestanti: "non abbiamo il diritto e non possiamo
permetterci di ignorare la gente” ha detto precisando che “le democrazie non possono
esistere senza l'opposizione". Anche ieri però la polizia ha usato gas lacrimogeni
e idranti per disperdere centinaia di manifestanti a Istanbul e ad Ankara che tentavano
di dirigersi verso gli uffici del premier Recep Tayyip Erdogan che in questi giorni
è impegnato in un tour politico-diplomatico in nord africa. Erdogan continua a dirsi
ottimista sul ristabilimento della situazione nel Paese. Intanto è stato confermato
il terzo decesso per i sommovimenti dei giorni scorsi, centinaia i feriti e gli arresti,
in atto lo sciopero di 48 ore proclamato dal sindacato dei lavoratori del pubblico
impiego Kesk, sigla di sinistra con 240 mila iscritti. In questo scenario il vicepremier
Arinc ha ammesso che le proteste contro il governo sono "legittime e giuste" ma ha
lanciato un appello a far cessare le manifestazioni. "Ci aspettiamo che tutti i sindacati,
i partiti politici e chiunque ami e abbia a cuore la Turchia – ha detto – interrompa
le proteste". Poi ha assicurato che l'esecutivo non vuole imporre un pensiero unico
ispirato all'Islam.
Ma cosa chiedono soprattutto i manifestanti al governo
e, in particolare, al premier Erdogan? Ascoltiamo, al microfono di Fausta Speranza,
Giuseppe di Donna, in Turchia per motivi di studio:
“Dappertutto,
c’è questo urlo: dimissioni, dimissioni, dimissioni. E poi questa non è una protesta
contro l’islam, non è una protesta di laici contro islamici. Si chiede al governo
di avvicinarsi alla gente e soprattutto si fa presente al governo che non si può solamente
contare sul fatto che siano state vinte le elezioni, perché aver vinto le elezioni
non significa poter calpestare anche fisicamente i manifestanti”.
Il vice
premier Arinc ha ammesso che le proteste contro il governo sono "legittime e giuste"
ma ha lanciato un appello a far cessare le manifestazioni. "Ci aspettiamo – ha detto
- che tutti i sindacati, i partiti politici e chiunque ami e abbia a cuore la Turchia
interrompa le proteste”.
Dell'attuale situazione di instabilità in Turchia
e del paragone con le Primavere arabe, Olivier Tosseriha parlato con
il vescovo Louis Pelâtre, vicario apostolico di Istanbul:
R. - Moi, je
pense que la Turquie… Io penso che la Turchia non sia “i Paesi arabi”, è molto
differente. Evidentemente però si teme che possa andare a finire in modo simile. Sì,
certo, potrebbe anche andare a finire così… Ma comunque non si tratta delle stesse
rivendicazioni. Per il momento in Turchia la democrazia funziona, il governo attuale
è stato eletto democraticamente. Si spera che il prossimo anno ci saranno elezioni
democratiche, come la volta precedente.
D. – Come reagiscono le comunità cristiane
a questi episodi? R. – Les communautés chrétiennes sont très discrètes… Le comunità
cristiane sono molto discrete e si tengono nell’ombra. Come opinione non esistono
nel quadro politico del Paese. Ma soprattutto per noi - i cattolici latini - le nostre
chiese sono riempite da stranieri e da immigrati, che non prendono certo posizione
in merito a questi disordini.
D. – Teme una radicalizzazione di musulmani in
Turchia?
R. – Pour le moment, on ne le voit trop… Per il momento non tanto.
Questo governo attuale, questo partito, per poter raccogliere tutti ha voluto dare
delle garanzie ai musulmani tradizionali. Questo partito è molto frammentato e ci
sono certamente musulmani molto convinti, che vorrebbero veder trionfare le leggi
islamiche… Ma è anche l’unico partito che, per il momento, ha saputo governare e riunire
tanta gente. Ci sono persone di altri partiti tradizionali e che condividono completamente
queste ideologie, ma che sono passate a questo partito per avere voce in capitolo,
per raggiungere un equilibrio. In effetti, quindi, è un partito molto composito.
D.
– C’è un’alternativa a questo partito nella società?
R. – Pour le moment, il
n’y a pas d’alternatives… Per il momento, non ci sono alternative. E’ questo che
è inquietante perché, così come chiedono i manifestanti, se si facesse cadere il governo
– se si facesse cadere questo primo ministro che pure detiene il potere da più di
10 anni, e non è poco essere rimasto al governo per dieci annim e che finora ha dato
più o meno soddisfazione – non ci sono alternative. L’opposizione al momento è molto
debole. Il presidente della Repubblica è del suo partito e lui stesso richiama alla
calma. Sembra che il primo ministro abbia detto che non intende cedere… Ecco, attualmente
ci troviamo in un equilibrio di potere.
D. – E lei è favorevole allo status
quo?
R. – Il faudrait une amélioration. On pense tous que ces événements... E’
necessario un miglioramento della situazione. Tutti pensiamo che questi avvenimenti
possano essere un campanello d’allarme per chi guida il Paese. Io mi auguro che la
democrazia continui, anche da parte degli eletti dal popolo che sono al potere.