Turchia, violenze e morti di piazza. La testimonianza: no autoritarismo politico
In Turchia, nella notte ci sono stati nuovi duri scontri fra manifestanti e polizia
ad Ankara, Istanbul, Smirne e in altre città del Paese: ad Antiochia, vicino al confine
con la Siria, un giovane è stato ucciso da una pallottola alla testa. La protesta
è cominciata contro i lavori al parco Gezi, accanto a piazza Taksim dov’è in cantiere
un centro commerciale, ma poi si è diretta contro il governo. In assenza di Erdogan,
in visita ufficiale nel Maghreb, il vicepremier Arinc ha lanciato un appello alla
calma. Il presidente Gul ha ammesso che le proteste iniziali erano “giuste e legittime”
e si è scusato con i giovani “vittime di violenze”, mentre “manifestavano in difesa
dell'ambiente”. Amnesty International conta oltre 2000 manifestanti feriti in diverse
città, mentre secondo il governo tra i feriti ci sono 244 poliziotti e solo 64 manifestanti.
Fausta Speranza ha raggiunto telefonicamente a Istanbul Giuseppe di Donna,
in Turchia per motivi di studio:
R. – Ieri, per
piazza Taksim girava un comunicato con il quale si chiedeva che Gezi Park fosse lasciato
intatto, non fosse toccato, perché sostanzialmente è stato l’origine di questa protesta.
Ma si chiedevano anche le dimissioni del sindaco di Istanbul e dei rappresentanti
del governo, che avevano dato ordine alla polizia di reagire in questa maniera e si
chiedeva il rilascio incondizionato di tutti i manifestanti che sono stati fermati
e arrestati in questo frangente. Quindi, in questo momento, diciamo che l’intento
principale della protesta è arrivare al raggiungimento di questi obiettivi.
D.
– Quali sono le frasi che si sentono contro Erdogan?
R. – Si chiedono anzitutto
le dimissioni. Dappertutto, c’è questo urlo: dimissioni, dimissioni, dimissioni. E
poi questa non è una protesta contro l’islam, non è una protesta di laici contro islamici.
Si chiede al governo di abbandonare una politica considerata autoritaria. Si chiede
al governo di avvicinarsi alla gente e soprattutto si fa presente al governo che non
si può solamente contare sul fatto che siano state vinte le elezioni, perché aver
vinto le elezioni non significa poter calpestare anche fisicamente i manifestanti.
Si chiede l’abbandono di questa politica autoritaria, si grida contro l’autoritarismo
e, si sentono tantissimi slogan contro il fascismo. La deriva di Erdogan viene vista
come una deriva fascista. Questo è essenzialmente in nucleo degli slogan che si sentono.
D.
– Quindi, è più importante la parola democrazia che non la parola islamizzazione?
R.
– Sì, sì. Contro il fascismo, contro l’autoritarismo. Ieri, alcuni imam hanno aperto
le moschee, tra cui una moschea molto importante. Alcuni imam hanno aperto le moschee
dove hanno lasciato che alcuni medici allestissero ospedali e posso dire che, alla
fine degli scontri, i manifestanti hanno ripulito completamente le moschee e ci sono
stati anche baci e abbracci con gli imam, con i religiosi. Questo scontro tra islamici
e religiosi io non l’ho visto, non lo vedo e continuo a non vederlo. Parlo di quello
che ho visto con i miei occhi. Non parlo di analisi politiche. Parlo di quello che
ho visto perché sono stato presente da venerdì fino a domenica notte e ieri sono anche
tornato.
Dell'attuale situazione di instabilità in Turchia, Olivier Tosseri
ha ha parlato con il vescovo Louis Pelâtre, vicario apostolico di Istanbul:
R. - Moi, je
pense que la Turquie… Io penso che la Turchia non è “i Paesi arabi”, è molto differente.
Evidentemente però si teme che possa andare a finire in modo simile. Sì, certo, potrebbe
anche andare a finire così… Ma comunque non si tratta delle stesse rivendicazioni.
Per il momento in Turchia la democrazia funziona, il governo attuale è stato eletto
democraticamente. Si spera che il prossimo anno ci saranno elezioni democratiche,
come la volta precedente.
D. – Come reagiscono le comunità cristiane a questi
episodi?
R. – Les communautés chrétiennes sont très discrètes… Le comunità
cristiane sono molto discrete e si tengono nell’ombra. Come opinione non esistono
nel quadro politico del Paese. Ma soprattutto per noi - i cattolici latini - le nostre
chiese sono riempite da stranieri e da immigrati, che non prendono certo posizione
in merito a questi disordini.
D. – Teme una radicalizzazione di musulmani in
Turchia?
R. – Pour le moment, on ne le voit trop… Per il momento non tanto.
Questo governo attuale, questo partito, per poter raccogliere tutti ha voluto dare
delle garanzie ai musulmani tradizionali. Questo partito è molto frammentato e ci
sono certamente musulmani molto convinti, che vorrebbero veder trionfare le leggi
islamiche… Ma è anche l’unico partito che, per il momento, ha saputo governare e riunire
tanta gente. Ci sono persone di altri partiti tradizionali e che condividono completamente
queste ideologie, ma che sono passate a questo partito per avere voce in capitolo,
per raggiungere un equilibrio. In effetti, quindi, è un partito molto composito.
D.
– C’è un’alternativa a questo partito nella società?
R. – Pour le moment, il
n’y a pas d’alternatives… Per il momento, non ci sono alternative. E’ questo che
è inquietante perché, così come chiedono i manifestanti, se si facesse cadere il governo
– se si facesse cadere questo primo ministro che pure detiene il potere da più di
10 anni, e non è poco essere rimasto al governo per dieci annim e che finora ha dato
più o meno soddisfazione – non ci sono alternative. L’opposizione al momento è molto
debole. Il presidente della Repubblica è del suo partito e lui stesso richiama alla
calma. Sembra che il primo ministro abbia detto che non intende cedere… Ecco, attualmente
ci troviamo in un equilibrio di potere.
D. – E lei è favorevole allo status
quo?
R. – Il faudrait une amélioration. On pense tous que ces événements... E’
necessario un miglioramento della situazione. Tutti pensiamo che questi avvenimenti
possano essere un campanello d’allarme per chi guida il Paese. Io mi auguro che la
democrazia continui, anche da parte degli eletti dal popolo che sono al potere.