Non si placa la protesta
contro il governo del primo ministro islamico Erdogan in Turchia. Duri scontri fra
manifestanti e polizia ad Ankara, Istanbul, Smirne. Ad Antiochia, un giovane è stato
ucciso. Amnesty International ha indicato che dal 29 maggio oltre duemila rivoltosi
sono stati feriti in diverse città del paese. Chi protesta? E contro chi? "Donne velate,
musulmani che si oppongono al capitalismo, ma anche tantissima gente comune che ha
sostenuto Erdogan e che si è pentita". Giuseppe Di Donna, dottorando in Diritto
comparato dei Paesi islamici, da due anni ad Istanbul dove collabora con l'Huffington
Post, ci racconta la genesi delle proteste: "Non è tanto una rivolta
dei laici contro gli islamici, quanto la protesta di una società civile assai composita
che non riesce a sopportare le derive autoritarie del governo". P. Alberto D'Ambrosio,
esperto di islam turco, vicario dei Domenicani di Turchia affronta la complessità
della questione: "Erdogan è di ispirazione conservatrice, i progetti adottati
dal suo partito vanno nella direzione di quanto ha sempre prospettato al paese. Quindi
una coerenza di fondo ci sarebbe nella sua politica. Il problema è che governando
un paese sì laico, ma di tradizione musulmana, certe decisioni possono essere lette
in maniera ambigua". Il riferimento è alle leggi in atto sulla riforma dell’educazione,
a quella per la proibizione parziale del consumo di alcool, fino alla modalità di
soppressione degli scontri ultimi. "Ricondurre tutto all’islam è una analisi parziale",
spiega il religioso. "Siamo di fronte sì a un partito conservatore che si ispira all’islam,
ma un partito che fa dell’ordine pubblico uno dei capisaldi dell'intera politica della
Turchia. L’ordine pubblico è posto come priorità, prima ancora della dignità del popolo
in quanto tale. E quindi il criterio di lettura 'islamico vs laico' non è completamente
valido. Del resto - continua D'Ambrosio - buona parte dell’elettorato del bacino musulmano
è sicuramente contraria alle prese di posizione dell’attuale governo. Insomma, siamo
di fronte ad una contestazione 'ad personam'. Bisognerà vedere fino a che punto i
manifestanti andranno avanti e quali sono gli obiettivi. Se per esempio si considera
la tradizione dell’islam ottomano, la popolazione dovrebbe andare avanti, sicura che
il primo ministro dovrà dimettersi presto". Ma possiamo parlare di primavera turca?
"Per la Turchia teoricamente non dovrebbe esserci bisogno di una primavera intesa
come liberazione da una tirannia. Ciò che sta accadendo non è assimilabile a quanto
abbiamo assistito nel mondo arabo. Io spero solo che questo momento sia un momento
fondamentale nella dialettica del paese. Bisogna sperare che non degeneri. Credo che
ci siano i presupposti per fare in modo che sia un momento di vera costruzione della
democrazia". (a cura di Antonella Palermo)