Si aggravano le violenze in Turchia: 1 morto. La preoccupazione degli Usa
In Turchia continuano gli scontri tra manifestanti anti-governativi e forze di polizia,
tutt'ora in corso a Istanbul. A Smirne la notte scorsa sono stati attaccati gli uffici
del partito islamico Akp del premier Erdogan, mentre si registra la prima vittima:
un giovane di venti anni. Si parla di 700 arresti ieri a Ankara e di 170 feriti, alcuni
dei quali in modo grave. Le manifestazioni contro Erdogan sono partite dopo l'annuncio
del governo di voler tagliare gli alberi del Gezi Park di Istanbul per far posto ad
un centro commerciale. Servizio di Francesca Sabatinelli:
Sono ancora
ore di violenza in Turchia, dove si è ufficialmente registrata la prima vittima: un
ventenne, investito da un taxi che si è scagliato contro la folla che occupava una
superstrada a Istanbul. Un altro giovane è invece in stato di morte cerebrale dopo
essere stato colpito da un proiettile. La polizia, nella capitale Ankara, ha di nuovo
caricato con violenza migliaia di manifestanti, lanciando gas lacrimogeni per disperderli.
In molti continuano a denunciare la brutalità dell’azione delle forze dell’ordine,
timori sono stati espressi dalla comunità internazionale, il segretario di stato americano
Kerry ha condannato l’uso eccessivo della forza, sollecitato un’indagine a tutto campo
e invocato il diritto alla libertà di espressione. La rivolta contro il governo di
Erdogan, che nel frattempo è partito per una visita ufficiale in Marocco, prosegue
da venerdì. Il premier ha accusato elementi estremisti di aver organizzato i disordini,
spiegando che non si tratterebbe di una primavera turca. Mentre il presidente Gul
ha invitato alla calma assicurando che il messaggio delle proteste è stato ricevuto.
Democrazia non è solo elezioni, ha poi aggiunto Gul ribadendo il diritto a manifestare
il dissenso purché in modo pacifico.
Ma qual è la natura di queste proteste
in Turchia, si tratta di un movimento paragonabile alle primavere arabe? DavideMaggiore lo ha chiesto a FabioGrassi,
ricercatore in Storia dell’Europa Orientale presso l’Università “La Sapienza” di Roma:
R. - Non a breve
termine: non è che abitualmente le proteste, per quanto imponenti, facciano cadere
i governi. Certamente possono produrre - come mi sembra stia avvenendo - un certo
ripensamento, una modifica di atteggiamento.
D. - Qual è la natura di queste
proteste? Si tratta di un movimento paragonabile alle primavere arabe che hanno attraversato
altri Paesi della regione?
R. - Non vedo una grande somiglianza con questi
movimenti. Nel caso delle primavere arabe c’era una profonda spinta di insofferenza,
di ribellione contro regimi elitari e spesso militari. Qui il segno è contrario: è
una ribellione, è un segnale di forte insofferenza da parte della Turchia laica contro
un governo, in cui la spinta verso certe forme di tradizionalismo si è fatta piuttosto
forte. Ora la protesta è contro la riorganizzazione di una delle piazze più importanti
di Istanbul, centro nevralgico della Istanbul più europea. Ma, pochi giorni fa, c’era
stata una dichiarazione molto dura di Erdogan contro il consumo di alcolici…
D.
- Quindi quali sono le forze in gioco in questo confronto che, adesso, ha raggiunto
le piazze?
R. - Da una parte, il governo e il suo grande seguito popolare che,
nell’Anatolia profonda, permane ampio, e - dall’altra - un'opposizione in cui confluiscono
il vecchio gruppo sociale fortemente ancorato al kemalismo e uno strato di Turchia
laica che - a suo tempo - aveva criticato l’autoritarismo kemalista.
D. - E’
possibile che quanto sta accedendo ora abbia delle ripercussioni a livello elettorale?
E’ ipotizzabile un arretramento del partito di Erdogan?
R. - Una piccola flessione
del partito di Erdogan è possibile, una sostanziale modifica dei rapporti di forza
non mi sembra molto probabile.