Papa Francesco a 50 anni dalla morte di Giovanni XXIII: ebbe l'intuizione profetica
di convocare il Concilio
“Custodite il suo spirito, imitate la sua santità eapprofondite lo studio
della sua vita”. E’ l’invito che Papa Francesco ha rivolto ai pellegrini della Diocesi
di Bergamo nel 50.mo anniversario dalla morte del loro amato conterraneo Giovanni
XXIII, natio di Sotto il Monte. Al termine della Messa celebrata in San Pietro dal
vescovo mons Francesco Beschi che ha invitato il Pontefice a visitare Bergamo, Papa
Francesco ha salutato affettuosamente i fedeli e nel suo discorso, ha ripercorso la
vita e le esperienze del Beato Angelo Roncalli alla luce della sua obbedienza evangelica.
Poco prima la breve sosta di preghiera davanti alla tomba del suo predecessore. Il
servizio di Gabriella Ceraso:
Erano quasi
le 20 di 50 anni fa, quando il Beato Giovanni XXIII lasciava questo mondo, dopo giorni
di grande commozione e una Piazza San Pietro diventata un Santuario a cielo aperto.
E’ Papa Francesco con queste parole a riportare alla mente dei fedeli riuniti nella
Basilica di San Pietro, il 3 giugno del 1963, e a indicare di Giovanni XXIII l’essenza,
racchiusa nelle due decisive parole del motto episcopale: Obbedienza e pace.
L’una, la sua disposizione interiore, l’altra, una caratteristica esteriore che ne
fecero, spiega Papa Francesco, “un pastore e un padre” per il mondo intero, capace
di arrivare al cuore “di persone così diverse, persino di molti non cristiani”:
"Angelo
Roncalli era un uomo capace di trasmettere pace; una pace naturale, serena, cordiale;
una pace che con la sua elezione al Pontificato si manifestò al mondo intero e ricevette
il nome della bontà".
"E' tanto bello trovare un prete buono" ha proseguito
il Papa parlando a braccio e ricordando quanto Sant'Ignazio di Loyola diceva riguardo
le qualità dei superiori dei Gesuiti:
"E diceva: deve avere questo, questo,
questo, questo … un elenco lungo di qualità. Ma alla fine dice questo: 'E se non ha
queste virtù, almeno che abbia molta bontà'. E’ l’essenziale. E’ un padre, un prete
con bontà".
Bontà e pace, dunque, tratti distintivi della personalità di
Angelo Roncalli, prosegue il Papa, che gli permisero nei tre decenni circa in cui
fu nunzio apostolico, di costruire ovunque solide amicizie:
"Proprio
in quegli ambienti egli si dimostrò un efficace tessitore di relazioni ed un valido
promotore di unità, dentro e fuori la comunità ecclesiale, aperto al dialogo con cristiani
di altre Chiese, con esponenti del mondo ebraico e musulmano e con molti altri uomini
di buona volontà".
Una pace, quella del Beato Giovanni XXIII, aggiunge
Papa Francesco, che nasceva da un animo pacificato frutto di un lungo lavoro su se
stesso, di una progressiva purificazione del cuore di cui resta traccia nel suo Giornale
dell’Anima:
"Lo vediamo, giorno per giorno, attento a riconoscere e
mortificare i desideri che provengono dal proprio egoismo, a discernere le ispirazioni
del Signore, lasciandosi guidare da saggi direttori spirituali e ispirare da maestri
come san Francesco di Sales e san Carlo Borromeo. Leggendo quegli scritti assistiamo
veramente al prendere forma di un’anima, sotto l’azione dello Spirito Santo che opera
nella sua Chiesa".
Fu però l’obbedienza, disposizione interiore di Giovanni
XXIII, ed eccoci alla seconda e decisiva parola, lo strumento per raggiungere la pace.
Obbedienza intesa anzitutto in modo concreto, sottolinea il Pontefice, come lo svolgere
nella Chiesa il servizio richiesto senza cercare nulla per sé; un “lasciarsi condurre
come un bambino”:
"Attraverso questa obbedienza, il sacerdote e vescovo
Roncalli ha però vissuto anche una fedeltà più profonda, che potremmo definire, come
lui avrebbe detto, abbandono alla divina Provvidenza. Egli ha costantemente riconosciuto,
nella fede, che attraverso quel percorso di vita apparentemente guidato da altri,
non condotto dai propri gusti o sulla base di una propria sensibilità spirituale,
Dio andava disegnando un suo progetto. Era un uomo di governo, era un conduttore.
Ma un conduttore condotto, dallo Spirito Santo. Per l’obbedienza".
E’ dunque
nell’abbandono quotidiano alla volontà di Dio, che Papa Francesco definisce “obbedienza
evangelica” che trova la radice la santità di Giovanni XXIII, la bontà e la pace che
ha diffuso nel mondo e questo serve a ciascuno e alla Chiesa di oggi :
"Se
sapremo lasciarci condurre dallo Spirito Santo, se sapremo mortificare il nostro egoismo
per fare spazio all’amore del Signore e alla sua volontà, allora troveremo la pace,
allora sapremo essere costruttori di pace e diffonderemo pace attorno a noi. A cinquant’anni
dalla sua morte, la guida sapiente e paterna di Papa Giovanni, il suo amore per la
tradizione della Chiesa e la consapevolezza del suo costante bisogno di aggiornamento,
l’intuizione profetica della convocazione del Concilio Vaticano II e l’offerta della
propria vita per la sua buona riuscita, restano come pietre miliari nella storia della
Chiesa del XX secolo e come un faro luminoso per il cammino che ci attende".
Quindi
l'ultimo accorato appello alla Diocesi di Bergamo, ancora una volta a braccio:
"Lasciatevi
guidare dallo Spirito Santo. Non abbiate paura dei rischi, come lui non ha avuto paura.
Docilità allo Spirito, amore alla Chiesa e avanti. Il Signore farà tutto".