Settimana sclerosi multipla: oltre 3 milioni di malati nel mondo
Si è conclusa sabato scorso la Settimana nazionale dedicata alla sclerosi multipla.
Nel mondo si contano circa 3 milioni di persone con questa malattia e in Italia sono
circa 68 mila i malati. La sclerosi può comparire ad ogni età della vita, ma è diagnosticata
per lo più tra i 20 e i 40 anni. Eliana Astorri ha chiesto una definizione
di questa malattia al prof.Massimiliano Mirabella, direttore del Day
Hospital di Neurologia e dell’Unità Operativa Sclerosi multipla del Policlinico Universitario
“Agostino Gemelli” di Roma:
R. - La sclerosi
multipla è una malattia infiammatoria cronica del sistema nervoso centrale che produce
demielinizzazione e danno assonale, provocando caratteristiche lesioni multifocali
visibili sulla risonanza magnetica dell’encefalo e del midollo spinale e una varietà
di manifestazioni neurologiche.
D. – Quali sono i primi sintomi con cui si
manifesta questa malattia?
R. - Per definizione, la malattia può colpire ogni
parte dell’encefalo e del midollo spinale per cui è evidente che gli aspetti clinici
sono estremamente vari. Si va da una perdita transitoria della vista, come una neurite
ottica o uno sdoppiamento della vista, a disturbi motori, con debolezza, o anomalie
della sensibilità sia con perdita di sensibilità che con parestesie, disestesie, quindi
senso di formicolii, disturbi urinari. Più difficili da portare all’attenzione del
medico sono invece quei disturbi, che possono manifestarsi anche in età abbastanza
precoce di malattia, correlati a un’alterazione cognitiva o a un disturbo dell’umore.
Ma il quadro tipico dell’attacco acuto di sclerosi multipla difficilmente può essere
misconosciuto e richiede un approfondimento diagnostico completo che consente l’instaurazione
di un trattamento specifico per la malattia.
D. - Il momento della diagnosi
è uno choc per il paziente, come aiutarlo a superare questo momento?
R. – L’aspetto
della comunicazione della diagnosi di sclerosi multipla è un aspetto fondamentale.
Da un lato, infatti, va comunicata e spiegata la malattia senza minimizzare e senza
sottolineare soltanto la possibile benignità che purtroppo riguarda soltanto una percentuale
minore delle forme della malattia; dall’altro lato, quello che i pazienti spesso rimarcano
a noi clinici, anche a distanza di anni, è l’assenza di chiarezza nel messaggio che
di solito viene veicolato in maniera sbrigativa alla diagnosi. Il paziente ha necessità
sia di poter porre tutte le domande che meglio possono chiarire le cause della malattia
e soprattutto il percorso che si trova di fronte. Inoltre, ha la necessità di sapere
che un medico, ma meglio ancora un team multidisciplinare, lo prenderà in carico,
si farà carico di tutti gli aspetti correlati alla sua malattia, e che la sua vita
non finisce in quel giorno ma da quel giorno bisogna cominciare a prendersi carico
di un aspetto nuovo della vita. Questo è fondamentale.
D. - Sono importanti,
secondo lei, le settimane dedicate alle varie patologie, le giornate mondiali… Cosa
ne pensa?
R. – Io credo che ogni iniziativa a carattere divulgativo, che possa
aumentare la conoscenza di queste malattie, sia utile nel facilitare la raccolta,
il fund raising, che serve a fare ricerca e a migliorare l’assistenza per i
pazienti e le loro famiglie, perché aumenta la consapevolezza relativa a queste malattie
e soprattutto contribuisce a sfatare falsi miti che poi pesano nel nostro immaginario
individuale e collettivo e comportano anche grandi difficoltà nelle accettazioni di
questa malattia.