Pakistan. Cresce la preoccupazione dei cristiani per la legge sulla blasfemia
Quale futuro per i cristiani del Pakistan? Dopo le recenti elezioni che hanno portato
al potere il partito Pakistan Muslim League-Nawaz e fatto diventare nuovo premier
Nawaz Sharif, molti cristiani – la maggior parte dei quali risiede nel Punjab – è
scettica. In una conferenza tenutasi a Lahore, un gruppo di leader politici cristiani
ha detto che i fedeli sono preoccupati per il loro futuro. Fra i nodi problematici
principali, hanno spiegato, c’è sicuramente, quello della legge di blasfemia, spesso
usata per colpire le minoranze cristiane. Nadeem Anthony, avvocato cristiano, dichiara
a Fides: “La maggior parte dei cristiani non nutre grandi speranze nel futuro governo
di Sharif, a causa del suo approccio religioso conservatore e dei legami con i gruppi
fondamentalisti. Sharif è stato anche a favore della legge sulla blasfemia, che è
una delle principali cause di problemi dei cristiani in Pakistan”, ricorda. Finché
la legge sulla blasfemia non sarà revocata o modificata – rileva - i cristiani soffriranno
come in passato. Ad aggravare la situazione giunge anche la pubblicazione di un nuovo
rapporto sul grave attacco anticristiano a Gojra in cui furono bruciati vivi 8 cristiani
nel 2009, tra cui due bambini. Il testo, pervenuto anche all’agenzia Fides, indica
tra i responsabili della strage alcuni esponenti del Pakistan Muslim League-Nawaz,
all’epoca appena eletto al governo della provincia del Punjab in cui avvenne l’eccidio.
L’attacco del 31 luglio fu interpretato come una “punizione di massa” con centinaia
di case cristiane date alle fiamme per accuse infondate di blasfemia, nell’indifferenza
più totale delle forze dell’ordine. Per le famiglie cristiane non ci fu scampo contro
la folla inferocita di circa settemila persone che sferrò l’attacco e anche se negli
anni successivi il governo del Punjab si occupò di ricostruire le case, ben 50 di
quelle famiglie decisero di lasciare definitivamente il Paese. Un altro grave capitolo
legato alla vicenda è quello dell’impunità: per l’episodio solo 17 persone sono state
accusate di omicidio e 113 sospettati di aver preso parte al massacro, ma tutte vennero
rilasciate dopo pochi mesi: “I testimoni sono stati sistematicamente intimiditi e
ridotti al silenzio”, ha detto il direttore esecutivo della Commissione Giustizia
e Pace della Conferenza episcopale pakistana, Peter Jacob. (R.B.)