Il Libano rinvia le politiche. Mons. El Hachem: il conflitto in Siria durerà a lungo
Il parlamento libanese ha deciso di rinviare di 17 mesi le elezioni politiche, in
programma per il 16 giugno, a causa delle tensioni provocate dal conflitto in Siria
e per l'impossibilità di raggiungere un accordo su una nuova legge elettorale. E'
la prima volta che ciò avviene dai tempi della guerra civile, durata dal 1970 al 1990.
Rammarico è stato espresso dall’Ue, mentre anche oggi 16 razzi provenienti proprio
dalla Siria sono caduti sul territorio libanese nei pressi della frontiera, senza
provocare vittime. Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente il
vescovo emerito di Baaldek, mons. Munjed El Hachem, membro del Sinodo dei vescovi
maroniti, già nunzio apostolico dei Paesi del Golfo:
R. – Certamente,
è una decisione triste, perché quello che distingue il Libano da tutti i Paesi della
regione è la democrazia. Purtroppo, i deputati non si sono messi d’accordo su una
nuova legge elettorale, che è stata imposta dalla Siria quando ha governato il Libano
per trent’anni, perché praticamente dal 1975 fino al 1999 il Libano è stato governato
effettivamente dai siriani.
D. – Ma che cosa ha impedito, secondo lei, che
si arrivasse a un accordo? R. – Certamente, quello che sta accadendo in Siria:
se il regime di Assad cade, la parte che oggi in Libano sostiene il regime di Assad,
che rappresenta quasi la metà del Paese, perde. Se il regime di Assad vince, accadrebbe
invece il contrario. Dunque, c’è una parte dei libanesi che vuole aspettare l’esito
della situazione in Siria. Certo, ci sono degli avvenimenti in alcune zone del Libano,
soprattutto a Tripoli e anche lungo la frontiera nord del Libano: anche oggi, come
tutti i giorni, ci sono missili lanciati dal territorio siriano contro il territorio
libanese. Il Libano non è stato capace, concretamente e praticamente, di impedire
ai libanesi di combattere in Siria e far entrare armi.
D. – Ma com’è possibile
questo coinvolgimento del Libano?
R. – Prima di tutto, per una parte dei libanesi
stessi e dei siriani, il Libano è una creazione artificiale, non sarebbe dovuta esistere.
Il Libano - secondo loro - fa parte della Siria: per quelli che combattono in Siria
- Hezbollah o altri - il Libano fa parte del mondo arabo, del mondo islamico, della
nazione islamica. Mentre per l’altra parte, e soprattutto per i cristiani, il Libano
è un Paese indipendente, ha delle frontiere ben delimitate. Immaginiamo che solo da
due anni la Siria, dopo tante esitazioni e tanti rifiuti, ha finalmente accettato
che venissero stabilite relazioni diplomatiche tra Libano e Siria.
D. – C’è
paura che il Libano possa essere coinvolto nelle violenze della Siria più di quanto
lo è ora?
R. – Certamente. C’è una grande paura. Però, gli Stati Uniti e l’Europa,
così come anche la Russia e la Cina e altri, vogliono che il Libano rimanga fuori.
D. – Poi, c’è anche la questione dei profughi siriani...
R. – Si dice
che ogni giorni entrino 17 mila siriani in Libano. Un peso enorme. Immagini che in
Libano c’è più di un milione di siriani, al di là dei 300-400 mila operai siriani
che erano già in Libano e che lavoravano già in Libano. Su una popolazione di 3 milioni
e mezzo, un quarto sono profughi siriani: è gente che rischia di morire di fame, perché
non hanno niente. E’ una situazione drammatica da ogni punto di vista.
D. –
Quanto durerà, secondo lei, il conflitto in Siria?
R. – Durerà. Forse non 19
anni come è durata la guerra in terra libanese. Non 7 anni come è durata la successione
in Iraq. Ma certamente durerà, anche perché le grandi potenze non hanno voglia di
trovare una soluzione per quanto sta accadendo in Siria. Una cosa che si deve capire
è che nei Paesi del Medio Oriente e nei Paesi arabi non c’è una decisione autonoma
del Paese stesso o dei cittadini del Paese stesso: tutto quello che avviene in questi
Paesi è influenzato dalla situazione internazionale. La situazione in Siria non viene
decisa dai siriani, ma viene decisa e viene imposta in gran parte dalle potenze straniere
estere.