Biennale Venezia: inaugurazione del Padiglione vaticano sul tema della Genesi
Oggi pomeriggio l'inaugurazione del Padiglione della Santa Sede alla 55.ma Biennale
d'arte internazionale di Venezia. Grande interesse per l'avvenimento visto che è la
prima volta che le istituzioni vaticane partecipano con delle proprie opere a quella
che è considerata una delle maggiori esposizioni d'arte del mondo. Micol Forti,
direttrice della sezione d'arte contemporanea dei Musei Vaticani, fa parte del comitato
scientifico che ha curato il padiglione della Santa Sede. Fabio Colagrande
l'ha raggiunta telefonicamente a Venezia:
R. - I preparativi
sono stati estremamente impegnativi ma vanno molto bene e già da questi primi giorni
di “vernice” abbiamo dei riscontri assolutamente eccellenti. Siamo molto contenti.
D.
– C’è molta attesa, ovviamente, per l’apertura della Biennale ma in particolare per
l’inaugurazione di questo Padiglione. In questo senso sentite che c’è un’aspettativa
anche nei vostri confronti?
R. - C’è un’aspettativa estremamente forte, anche
delle forti perplessità perché questa presenza è stata vista da molti con un certo
dubbio per quello che possono essere i risultati ed anche l’identità con cui la Santa
Sede entra in una istituzione così storicizzata come la Biennale di Venezia. Quindi,
abbiamo gli occhi molto puntati su di noi.
D. – Perplessità alle quali voi
risponderete con un padiglione fatto da tre sezioni, il filo conduttore però è la
Genesi. Come è avvenuta questa scelta?
R. – La scelta di lavorare, ragionare,
riflettere e rielaborare intorno ai primi 11 capitoli della Genesi è stata del card.
Gianfranco Ravasi. È stata una intuizione assolutamente fondamentale per offrire una
“colonna vertebrale” a questa iniziativa e a questo Padiglione. All’interno dei primi
11 capitoli abbiamo poi selezionato tre argomenti: quello della creazione, quello
della decreazione – ispirandoci al momento del giudizio universale – e quello della
ricreazione, cioè all’apertura verso una nuova umanità, una nuova vita, un nuovo viaggio,
una nuova speranza.
D. – Come studiosa di arte contemporanea, questa risposta
che si dà anche alle perplessità, ai dubbi, sulla possibilità di dialogo tra la fede
e questo genere di arte è una risposta soddisfacente, una risposta interessante?
R.
- Mi sembra una risposta estremamente moderna – se posso usare questo termine – le
indicazioni del card. Ravasi sono state in questo senso molto chiare. È una risposta
di apertura. L’elemento importante è ricordare a tutti che la Chiesa è stata un luogo
di incontro, di scambio, di continua anche contaminazione e dialogo tra culture differenti,
tra civiltà differenti. Questa è un’occasione - all’interno di un luogo che presenta
moltissimi Paesi, presenta tutti i continenti, presenta molte civiltà, oltre che molte
fedi – per essere presenti con opere che offrono e si offrono alla riflessione; non
vogliono affermare ma vogliono comunicare ed aprire un dialogo.
D. – Quindi
davvero, come diceva il card. Ravasi, è un tentativo di ricostruire il dialogo interrotto
tra arte e fede dopo il divorzio non consensuale del secolo scorso…
R. – Esattamente,
sarà una strada lunga – come probabilmente lo è sempre stata, se guardiamo ovviamente
alla storia del passato – ma è una sfida che la nostra cultura contemporanea deve
assolutamente affrontare con coraggio e con lucidità.