2013-05-30 08:01:55

Pochi investimenti per la Somalia dopo la Conferenza di Nairobi


Le attese erano alte nei confronti della Conferenza sulla ricostruzione e gli investimenti in Somalia che si è svolta mercoledì a Nairobi. Ma i risultati, a parte le promesse dei donor, sono stati modesti, nonostante la propaganda del governo di Mogadiscio che, godendo del sostegno internazionale, crede nel riscatto dopo decenni di guerra civile. Il servizio di Giulio Albanese:RealAudioMP3

Le questioni sul tappeto sono molte: anzitutto vi è l’emergenza umanitaria che esige un maggiore sforzo sia da parte dei donor internazionali, come anche attraverso le organizzazioni non governative (Ong). Ma perché gli aiuti siano viabili occorre garantire una sicurezza che al momento, in molte zone del Paese, è un puro miraggio. Inoltre, servono investimenti stranieri per realizzare infrastrutture, considerando che la guerra ha fatto “tabula rasa” di tutto. Due sono gli attori che vorrebbero dalla Somalia un ritorno economico, controllando soprattutto il commercio, avendo peraltro speso denari per le operazioni militari. Sono il Kenya e l’Etiopia. Ma in Somalia c’è anche petrolio, gas e uranio. Fonti energetiche a cui Stati Uniti, Russia e Cina guardano con bramosia. Un business di tutto rispetto, possibile però solo se scoppierà davvero la pace.

Sull’emergenza umanitaria nel Paese, ancora irrisolta, Davide Maggiore ha intervistato il segretario generale della Ong Intersos, Marco Rotelli:RealAudioMP3

R. – E’ una situazione ancora gravissima. La Somalia è appena uscita da una grave carestia che non faceva altro che accavallarsi a 20 anni di conflitto e di anarchia. La situazione è molto grave, soprattutto per le fasce più giovani: 250 mila bambini in Somalia oggi sono affetti da malnutrizione acuta e quindi hanno bisogno di aiuti urgenti. E’ una situazione che è difficile in quasi tutto il territorio del centro-sud. E’ chiaro che l’accesso ai villaggi è in via di miglioramento, ma è ancora molto complicato: quind,i l’urgenza è proprio di raggiungere quei villaggi che per un po’ di tempo non sono stati assistiti in maniera adeguata, proprio per blocchi dovuti alle condizioni di sicurezza.

D. – Fondamentali sono anche le risorse finanziarie: in questo senso, l’ultima Conferenza di Londra ha visto degli stanziamenti importanti. Possono essere un inizio per cominciare queste operazioni?

R. – Noi crediamo che direzionare parte dell’aiuto pubblico agli aiuti umanitari in Somalia, in questo momento, sia assolutamente indispensabile. E’ una forma che garantisce le organizzazioni umanitarie in quella loro funzione di supporto immediato e urgente alla società somala. E’ altrettanto importante – non dobbiamo dimenticarlo – creare, attraverso anche finanziamenti adeguati, quelle condizioni strutturali per il costituendo governo così da rafforzarlo e soprattutto consentirgli di diventare più capillare nell’esercizio delle proprie funzioni. Non concentriamoci quindi su Mogadiscio, ma cerchiamo di avere una capacità di controllo delle aeree periferiche, altrimenti perderemmo molto presto la partita.

D. – Un’altra questione molto importante è quella dei rifugiati e degli sfollati interni: sono ancora un grande numero. Quanto questo può incidere sulle capacità della società civile somala di svolgere un ruolo nella ricostruzione necessaria del Paese?

R. – Il flusso è in entrambe le direzioni. Per alcune persone che continuano ad uscire, ci sono altrettante persone che decidono di rientrare dallo stato di rifugiato, dai Paesi ospitanti, verso il territorio somalo. E’ un Paese che ancora conta quasi tre milioni tra rifugiati e sfollati interni. Quindi, una massa enorme di persone, rapportata alla popolazione totale del Paese, che non è nei loro villaggi di origine. Questo determina instabilità costante per il Paese. E’ importante capire anche una cosa: il famoso "boom" economico di ricostruzione – della capitale in particolare – sta provocando degli sfollamenti delle persone che erano arrivate da altre città, da altri villaggi della Somalia per cercare rifugio a Mogadiscio e che, per lasciare in qualche maniera spazio a questo boom economico, devono essere cacciate. Un’attenzione particolare all’ordine con il quale i processi di ricostruzione vengono portati avanti in un contesto così disordinato come la Somalia è fondamentale per non creare ancora più sofferenze in chi – da anni – ha dovuto abbandonare, per forza e non per scelta, il proprio luogo di origine.







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