Immigrazione: "L'Europa faciliti i ricongiungimenti familiari"
"Avrei voluto portare
subito i miei figli con me in Italia, ma per tre anni ho vissuto da clandestina in
attesa di una sanatoria. E poi per altri tre anni ho dovuto sbrigare tutte le pratiche
per farli espatriare. Non dite perciò che i nostri figli sono 'orfani'. Come me, tante
altre madri giunte in Italia dai paesi dell'Est vorrebbero ricongiungersi subito con
la propria famiglia, ma c'è una vera e propria barriera burocratica e legislativa
che ce lo impedisce". Lilia Bicec ha studiato da giornalista nel
suo Paese, la Moldavia, ma è venuta a lavorare come colf e badante in Italia nel 2000,
per mantenere la sua famiglia. Nel libro "Miei cari figli vi scrivo",
appena pubblicato da Einaudi, ha raccolto le lettere che ha scritto ai suoi
due figli dal giorno della partenza per colmare il vuoto della loro assenza. Lilia
è poi riuscita, dopo sei anni, a portarli con sé a Brescia, dove vive ed è presidente
dell'associazione italo-moldava Moldbrixia. Un tragico incidente gli ha poi sottratto
Stasi, il figlio maggiore. Nelle sue lettere c'è l'amore per i suoi genitori, ex-deportati
in Siberia, e per la sua patria. Le sofferenze e le umiliazioni che subisce una donna
immigrata, il dolore per la lontananza dai figli, ma anche la gioia di poter finalmente
vivere con loro in Italia, dove l'oratorio parrocchiale diventa il primo luogo di
integrazione. "Mio figlio diceva che casa sua era qui in Italia" ci racconta. "La
Commissione europea che sottolinea il dramma di quelli che chiamano gli 'orfani bianchi'
dovrebbe facilitare i ricongiungimenti familiari, perché la famiglia e il nucleo di
tutte le società, e solo sulle famiglie unite si può costruire un futuro". (A cura
di Fabio Colagrande)